Com’è che Trump ha graziato un noto condannato per narcotraffico
L’ex presidente dell’Honduras stava scontando 45 anni di carcere perché coinvolto nel traffico di enormi quantità di cocaina negli Stati Uniti

Martedì Donald Trump ha concesso la grazia a Juan Orlando Hernández, ex presidente dell’Honduras condannato negli Stati Uniti a 45 anni di carcere con accuse di traffico di cocaina. È stata una decisione sorprendente, soprattutto perché in contraddizione con l’atteggiamento molto aggressivo di Trump verso il narcotraffico. Da mesi sta promuovendo azioni militari e bombardamenti contro barche di presunti narcotrafficanti nel mar dei Caraibi, ma allo stesso tempo ha liberato Hernández, che era in carcere negli Stati Uniti per aver contribuito a portare oltre 400 tonnellate di cocaina nel paese ed è stato ritenuto dai giudici statunitensi al centro di «una delle più grandi e violente cospirazioni al mondo per favorire il traffico di droga».
La grazia è il risultato di una lunga opera di influenza da parte di collaboratori di Trump a cui Hernández è legato da vari interessi, principalmente economici. Nemmeno le tempistiche sono state casuali, ma rientravano nel tentativo di Trump di influenzare le elezioni presidenziali in Honduras del 30 novembre: Trump ha annunciato la grazia appena due giorni prima, e ha sostenuto il candidato conservatore del partito di Hernández (non sono ancora stati annunciati i risultati).

Juan Orlando Hernández nel palazzo presidenziale nel 2021 (AP Photo/Elmer Martinez)
L’Honduras ha circa 10 milioni di abitanti ed è il paese più povero e corrotto dell’America Centrale, con tassi di omicidi fra i più alti al mondo, effetto dell’enorme potere di gruppi criminali che si occupano prevalentemente di gestire il traffico di droga dal Messico verso gli Stati Uniti. Hernández, conosciuto anche con le sue iniziali JOH, ha 57 anni ed è un esponente del Partito Nazionale. È stato molto influente nella politica dell’Honduras degli ultimi 15 anni e presidente per due mandati, fra il 2014 e il 2022.
Intanto, gli Stati Uniti stavano indagando sul coinvolgimento di Hernández nel traffico internazionale di droga. Nel 2022 la presidente Xiomara Castro (di sinistra) lo estradò negli Stati Uniti, e nel processo che seguì la procura dimostrò che i legami di Hernández con i gruppi criminali erano cominciati già nel 2009, quando lui era deputato. A differenza di molti politici honduregni, Hernández non arriva da una famiglia dell’alta borghesia ma è figlio di coltivatori di caffè: la sua ascesa è stata veloce, favorita proprio dal sostegno di gruppi di narcotrafficanti.

L’estradizione verso gli Stati Uniti, nel 2022 (AP Photo/Elmer Martinez)
Nel processo emerse che Hernández usava la polizia e l’esercito per favorire i gruppi a lui vicini e bloccare quelli rivali, che i proventi del narcotraffico furono utilizzati per finanziare le sue campagne elettorali, e che un membro di un gruppo criminale fu ucciso in carcere perché considerato pericoloso per lui. Testimoni appartenenti a vari gruppi criminali ammisero di avere offerto grandi somme di denaro per corrompere e ottenere favori da Hernández: pagò una tangente da un milione di dollari anche il noto narcotrafficante messicano Joaquín “El Chapo” Guzmán.
Hernández si è sempre dichiarato innocente e vittima di una cospirazione motivata politicamente.

Un momento del processo nel disegno processuale del 20 febbraio 2024 (Elizabeth Williams via AP)
Prima del processo, Hernández aveva avuto ottimi rapporti con varie amministrazioni statunitensi: Barack Obama lo aveva definito uno degli «eccellenti partner» degli Stati Uniti, e Trump aveva riconosciuto la sua vittoria nelle contestate elezioni presidenziali honduregne del 2017 e poi lo aveva lodato proprio per l’impegno e l’efficacia nel contrasto al narcotraffico. Prima della chiusura delle indagini, l’amministrazione di Joe Biden lo considerava un alleato nel limitare i flussi migratori.
Hernández aveva costruito legami forti negli Stati Uniti soprattutto durante il primo mandato di Trump (2017-2021). Si era avvicinato alla destra statunitense proponendosi come un alleato per bloccare i migranti, e si era introdotto negli ambienti della finanza e dell’imprenditoria. Questo gli permise di lanciare il progetto delle zone di libero commercio (ZEDE), delle specie di città futuristiche che sarebbero dovute sorgere sulla costa dell’Honduras. In quelle aree i finanziatori statunitensi avrebbero potuto contare su tasse minori o nulle, ma anche su leggi sul lavoro meno rigide e garanzie legali, da definire insieme agli investitori.
Alcune di queste zone sono state parzialmente costruite, presentate come una versione caraibica di Hong Kong e finanziate da imprenditori tecnologici vicini a Trump, come Peter Thiel e Marc Andreessen. Dopo la fine del secondo mandato di Hernández però i progetti furono bloccati e le ZEDE furono dichiarate anticostituzionali: gli investitori statunitensi hanno presentato una causa da 11 miliardi di dollari, quasi un terzo del PIL dell’Honduras.

Una protesta fuori dal tribunale di New York nel giugno del 2024 (AP Photo/John Minchillo)
Negli Stati Uniti uno dei più convinti sostenitori delle ZEDE è Roger Stone, lobbista e attivista di destra sin dagli anni Settanta, e consigliere di Trump di lungo corso. Stone è stato anche uno dei più attivi nel sostenere la grazia per Hernández. Lui e il deputato Matt Gaetz, esponente dell’ala più estremista del Partito Repubblicano, hanno portato la questione all’attenzione di Trump e descritto la condanna come il risultato di un complotto fra la sinistra statunitense e il nuovo governo honduregno, definito «comunista».
Hernández ha chiesto formalmente a Trump di graziarlo con una lettera in cui ha messo in risalto le presunte somiglianze fra la sua situazione e quella del presidente statunitense. A suo dire entrambi sarebbero vittime del «deep state» (lo “stato profondo”, un’entità oscura di burocrati e funzionari che cospirano contro qualcuno o qualcosa), di un «complotto legale» e di una «persecuzione politica». Trump ha accolto l’istanza, senza fornire spiegazioni o prove del presunto complotto contro Hernández.
Non è chiaro al momento se Hernández intenda ritornare in Honduras: quando fu estradato la notizia era stata accolta positivamente da gran parte della popolazione e c’erano stati anche festeggiamenti per le strade. Tre anni dopo, grazie anche a una pressante ed efficace campagna del suo partito per sostenerne l’innocenza, l’opinione pubblica è molto divisa fra chi lo considera una delle principali cause dei molti problemi del paese e chi è meno critico e sostiene che la sicurezza sia diminuita dopo il cambio di governo.



