Le squadre brasiliane di calcio ormai non hanno rivali in Sudamerica
Due di loro stanotte si affronteranno nella finale di Copa Libertadores, per la quinta volta nelle ultime sei edizioni
di Valerio Moggia

Sabato 29 novembre si giocherà a Lima, in Perù, la finale di Copa Libertadores, la principale competizione sudamericana di calcio per club (il corrispettivo della Champions League europea). Per la quinta volta nelle ultime sei edizioni si affronteranno due squadre brasiliane: il Flamengo, già vincitore nel 2019 e nel 2022, e il Palmeiras, vincitore nel 2020 e nel 2021. Flamengo e Palmeiras sono anche prima e seconda nel campionato brasiliano, a due giornate dalla fine.
Il dominio delle squadre brasiliane sul calcio sudamericano è diventato netto negli ultimi anni: prima era più che altro un duopolio con quelle argentine, con qualche raro terzo incomodo (i colombiani dell’Atlético Nacional nel 2017, gli ecuadoriani della Liga Deportiva Universitaria nel 2008). Nel 2018 la Libertadores fu vinta dal River Plate in uno storico e discusso derby di Buenos Aires contro il Boca Juniors. Fu la venticinquesima coppa vinta da squadre argentine, ma da allora nessun club del paese ci è più riuscito, e dopo la finale di sabato il Brasile avrà vinto la sua ventiseiesima coppa, superando quindi le squadre argentine.
Questa definizione delle gerarchie si deve sia alla grande crescita economica delle squadre brasiliane, sia alla profonda flessione di quelle argentine (una situazione opposta rispetto a quella delle nazionali, peraltro). A causa della crisi economica e sociale in Argentina, anche i club sono in grosse difficoltà; le recenti riforme del campionato, che tra le altre cose hanno introdotto una nuova e cervellotica formula, per il momento non hanno cambiato le cose.
È sempre più difficile per le squadre argentine trattenere i propri migliori talenti, che spesso si trasferiscono in Europa molto giovani. Ne è un ottimo esempio l’attaccante Franco Mastantuono, ceduto dal River Plate al Real Madrid per 45 milioni di euro poco prima di compiere 18 anni e trasferitosi in Spagna una volta maggiorenne. Anche le società brasiliane faticano a tenere i migliori giovani, ma in compenso riescono ad acquistare giocatori di livello alto da altre squadre del continente oppure dall’Europa.
Tra le due finaliste di quest’anno, per esempio, nel Flamengo giocano tre giocatori con un recente passato nella Serie A italiana (Danilo, Alex Sandro ed Emerson Royal), oltre all’ex nazionale italiano Jorginho e all’ex nazionale spagnolo Saúl Ñíguez. La scorsa estate il Flamengo ha speso 22 milioni di euro per l’attaccante 25enne Samuel Lino dell’Atlético Madrid, mentre il Palmeiras ne ha spesi 22,5 per Ramón Sosa e Andreas Pereira, che giocavano in Premier League con il Nottingham Forest e il Fulham.

L’ex centrocampista della Nazionale italiana Jorginho esulta con Samuel Lino e Giorgian de Arrascaeta dopo aver segnato in campionato contro il Palmeiras (Wagner Meier/Getty Images)
Questa tendenza non riguarda solo i calciatori, ma anche gli allenatori. Da qualche anno i club brasiliani sono abbastanza ricchi da poter ingaggiare allenatori europei: dal 2020 l’allenatore del Palmeiras è il portoghese Abel Ferreira, mentre il Flamengo, oggi allenato dal brasiliano Filipe Luís, nelle ultime sei stagioni ha avuto tre allenatori portoghesi e uno spagnolo. Il Botafogo, campione in carica della Copa Libertadores, è attualmente allenato da Davide Ancelotti, figlio dell’allenatore del Brasile Carlo Ancelotti.
A livello economico, i club brasiliani sono decisamente i più ricchi del Sudamerica, e alcuni di essi sono tra i più ricchi al mondo. I dati raccolti da Deloitte indicano che il Flamengo è stato, nel 2024, il 30° club al mondo per guadagni, con una cifra superiore ai 170 milioni di euro: sono numeri da squadre europee di medio-alto livello, e fuori scala rispetto al resto del Sudamerica.
Alla base ci sono un cambio di approccio manageriale e il ricorso a strategie di marketing e sponsorizzazione ispirate a quelle delle società europee, oltre che al mercato dei diritti televisivi. Nel marzo del 2024 il gruppo mediatico Globo ha firmato un accordo per la trasmissione del campionato brasiliano fino al 2029 per una cifra complessiva di oltre 1 miliardo di euro. In più lo scorso agosto il Flamengo ha firmato una partnership con l’azienda di scommesse Betano del valore di quasi 50 milioni di euro all’anno, che ne fanno una delle sponsorizzazioni più ricche al mondo.
Nel 2021 intanto una riforma voluta dal governo Bolsonaro ha aperto all’ingresso di investitori privati nelle squadre brasiliane (non senza contestazioni), che fino a quel momento erano considerate associazioni non profit. Oggi diverse squadre brasiliane sono state trasformate in società a scopo di lucro, e alcune sono anche state acquistate da fondi stranieri: il Botafogo è di proprietà della statunitense Eagle Football Holdings, mentre il Bahia fa parte del City Football Group.
L’europeizzazione delle squadre brasiliane riguarda anche gli staff e le dirigenze. Sempre più spesso si fa infatti ricorso a personale europeo, soprattutto portoghese: il direttore sportivo del Flamengo è il portoghese José Boto, che ha lavorato con Benfica, Shakhtar Donetsk e PAOK Salonicco, mentre lo stesso ruolo al Vasco da Gama è svolto dal connazionale Admar Lopes, che ha lavorato nel Bordeaux.

Davide Ancelotti in panchina con il Botafogo (Wagner Meier/Getty Images)
In tutto questo, comunque, club come Flamengo, Palmeiras e Botafogo sono casi abbastanza eccezionali. In particolare il primo sta diventando una potenza economica, anche grazie anche ai 50 milioni di tifosi nel mondo.
Se queste squadre dominano la Copa Libertadores, le loro connazionali non riescono a fare altrettanto con la Copa Sudamericana, la seconda competizione continentale per club (l’equivalente dell’Europa League). L’ultima vittoria brasiliana è dell’Athletico Paranaense nel 2021, mentre nelle successive quattro edizioni le squadre brasiliane sono sempre state sconfitte nell’ultima partita: lo scorso 22 novembre l’Atlético Mineiro ha perso ai calci di rigore contro gli argentini del Lanús. Ciò vuol dire che le squadre medio-forti brasiliane non sono così migliori delle medio-forti argentine o degli altri paesi sudamericani, insomma.
Non si può inoltre ignorare la questione dei crescenti debiti. Nel 2023 i club del campionato brasiliano registravano un bilancio complessivamente in positivo per 180 milioni di euro, mentre l’anno scorso hanno dichiarato debiti per circa 160 milioni di euro. Solo 6 squadre su 20 hanno chiuso l’annata in attivo (tra cui il Palmeiras), mentre tra quelle in difficoltà ci sono alcuni club storici come il San Paolo (46 milioni di euro di debiti), il Corinthians (29 milioni) e il Cruzeiro (27 milioni).
Una delle situazioni più preoccupanti è quella del Santos, il club in cui giocò Pelé, che a gennaio ha riportato in Brasile Neymar dall’Arabia Saudita ma che al momento è a rischio retrocessione. Secondo le stime dei media ha circa 150 milioni di euro di debiti, e la dirigenza starebbe valutando di cedere il 90 per cento delle quote a un fondo privato: sarebbero interessati all’acquisto la statunitense BlueCo (che possiede già il Chelsea), il fondo sovrano qatariota QSI (che controlla il Paris Saint-Germain) e quello saudita PIF (che possiede invece il Newcastle).

Neymar contrastato da Flaco López durante una partita tra Santos e Palmeiras (William Oliveira/Eurasia Sport Images/Getty Images)
La finale di Copa Libertadores tra Palmeiras e Flamengo si giocherà sabato alle 22 (ora italiana) e in Italia sarà trasmessa in streaming gratuito su Como TV.



