Gli Stati Uniti hanno scoperto gli anime

Dopo decenni in cui non avevano funzionato, con la pandemia e le piattaforme il successo di film e serie giapponesi di animazione ora ha pochi eguali

Una scena di Demon Slayer
Una scena di Demon Slayer
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Il 50 per cento degli abbonati a Netflix nel mondo guarda anime, cioè film o serie d’animazione giapponesi. Il numero di abbonati che li guardano è triplicato negli ultimi cinque anni. Più in generale sempre su Netflix i contenuti giapponesi, quindi non solo l’animazione ma anche film e serie con attori in carne e ossa tratti da anime, sono i secondi più guardati al mondo tra quelli non in inglese. Questo ha portato la piattaforma a dichiarare apertamente di essere «costruita per il futuro degli anime». Sono numeri che riguardano tutto il mondo ma in gran parte influenzati dagli Stati Uniti, che da soli costituiscono un terzo del totale degli abbonati.

I dati di Netflix sono solo un esempio di come sia cambiata la penetrazione degli anime negli Stati Uniti: dopo anni in cui non erano riusciti a suscitare grande interesse, ora per la prima volta sono un successo, e anche al cinema.

Il caso più clamoroso è stato quello di Demon Slayer – Infinity Castle, film che nel primo weekend di uscita nei cinema statunitensi ha incassato 70 milioni di dollari, una cifra tra le più alte della stagione, e ha chiuso con 134 milioni. Quindi è stato un successo da subito e ha continuato ad andare bene, come un film americano di dimensioni medio-grandi. Per fare un paragone, è quasi il doppio di quanto ha incassato A Complete Unknown, il film con Timothée Chalamet su Bob Dylan. Solo che non è un film medio-grande e non è americano: è un anime tratto da una delle serie giapponesi più popolari, e negli Stati Uniti è raro che produzioni non americane incassino.

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Pochi mesi dopo è successa quasi la stessa cosa con un altro film tratto da una serie anime di successo, Chainsaw Man, che ha incassato 40 milioni di dollari fino a ora, una cifra molto inferiore ma comunque impensabile anni fa (e il doppio di quanto ha incassato il film biografico Springsteen: Deliver Me from Nowhere).

Il successo di questi film è stato mondiale, Italia compresa, ma è interessante come gli Stati Uniti in particolare si siano avvicinati all’animazione giapponese da almeno una decina d’anni. Per circa trent’anni per gli anime l’unica maniera di penetrare il mercato statunitense era stata la distribuzione in VHS e DVD di produzioni adattate e doppiate. L’arrivo delle piattaforme è stato il primo fattore a determinare il nuovo successo; il secondo è stata la pandemia, che ha dato il tempo a un pubblico ampio di approfittare di quella maggiore disponibilità e di scoprire gli anime.

Oggi tutte le principali piattaforme di streaming statunitensi acquistano e distribuiscono anime che, già nel 2023, costituivano il 6 per cento dei loro contenuti, generando 5,5 miliardi di dollari di introiti (sempre per le piattaforme). Netflix, proprio in virtù di una presenza molto forte in tanti paesi diversi, ha anche provato ad allargare questo interesse per l’animazione giapponese producendo il film d’animazione KPop Demon Hunters, che pur non essendo un anime (perché co-prodotto con la Corea del Sud e ambientato in Corea del Sud), è comunque diventato molto rapidamente il film più visto di sempre sulla piattaforma, anche tra i non animati. E si può dire che sia comunque una conseguenza della fascinazione attuale per gli anime.

Contemporaneamente, sempre più spesso piattaforme come Prime Video acquistano e quindi indirettamente commissionano serie animate americane come Invincible, destinate a un pubblico più adulto. Sono produzioni che mutuano molte delle loro caratteristiche dagli anime, come le trame molto intricate, una maggiore intensità emotiva delle storie, l’esposizione della violenza e una maniera più diretta e approfondita di trattare sentimenti e sessualità.

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Tuttavia la società che ha avuto il ruolo più importante in questo cambiamento è stata Sony, gruppo giapponese che possiede uno dei grandi studi di produzione e distribuzione americani, la Columbia. È stata tra le prime a ripensare l’animazione americana perché somigliasse a quella giapponese e nel 2021 comprò dalla Warner la piattaforma di streaming Crunchyroll, che è dedicata solo agli anime, esiste dagli anni Duemila, e oggi è diffusa in più di 200 paesi del mondo, inclusa l’Italia (ma non il Giappone o la Cina). Da quell’acquisizione Crunchyroll è cresciuta più che in precedenza, complice anche il lockdown, e oggi è la piattaforma con il più vasto catalogo di anime.

Ma anche prima di quell’acquisizione, nel 2018 Sony aveva creato la serie di film animati che fanno capo a Spider-Man: Un nuovo universo, molto diversi dallo stile animato americano e più vicini alla grafica e alla stilizzazione degli anime, trovando subito successo e approvazione. Poi ha sfruttato la possibilità di avere rapporti diretti con le case giapponesi per promuovere la produzione di anime da distribuire al cinema nel mondo e negli Stati Uniti. C’è infatti Sony dietro il successo in sala di Demon Slayer e Chainsaw Man, due film direttamente collegati alle omonime serie televisive disponibili su Crunchyroll e che ne hanno sfruttato il successo. A dicembre poi, sempre Sony distribuirà anche Jujutsu Kaisen: Execution, film ugualmente legato a una sua serie tv. Questi sono per Sony l’equivalente dei grandi film Disney, anche se non li produce direttamente ma li commissiona attraverso Crunchyroll.

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Secondo Rahul Purini, il presidente di Crunchyroll, dopo gli Stati Uniti l’altro grande mercato in cui la penetrazione degli anime è sempre più forte è il Medio Oriente. In Arabia Saudita è in costruzione il primo parco a tema del mondo dedicato a Dragon Ball Z, probabilmente il manga e poi anime più noto del mondo, e studi sauditi si stanno interessando all’acquisto di diritti di adattamento di manga per fare serie e film, sempre con la collaborazione di Crunchyroll.