Il piano per l’Ucraina è stato riscritto, ma è ancora da discutere
Ora gli ucraini sono molto più favorevoli, e questo significa che alla Russia potrebbe non andare bene

Dopo alcuni giorni di negoziati piuttosto frenetici, lunedì Stati Uniti e Ucraina hanno fatto grosse modifiche al piano per porre fine alla guerra che era stato presentato la scorsa settimana su input della Russia. Il piano precedente era in 28 punti, ed era così spiccatamente favorevole alla Russia che avrebbe significato una resa per l’Ucraina. Quello rinegoziato è stato ridotto a 19 punti, e molti suoi elementi sono stati ripensati per essere accettabili anche per l’Ucraina.
La questione adesso è capire se alla Russia potrà andar bene questo piano rivisto, in cui alcune delle sue richieste massimaliste sono state eliminate. Molti elementi del piano sono comunque ancora in discussione, e i negoziati stanno proseguendo.
La nuova bozza rivista di piano – il cui testo completo è ancora riservato – è stata redatta a Ginevra, in Svizzera, dai delegati di Stati Uniti e Ucraina. Come ha detto il vice ministro degli Esteri ucraino Sergiy Kyslytsya, «è rimasto molto poco della versione originale», cioè quella a 28 punti favorevole alla Russia. Secondo indiscrezioni giornalistiche il piano ha alzato da 600mila a 800mila il numero di soldati che l’esercito ucraino potrà mantenere in caso di tregua. È un numero più adeguato alla difesa del paese: l’Ucraina non dice ufficialmente quanti soldati sta impiegando nella guerra, ma il presidente Volodymyr Zelensky disse a gennaio che in quel momento erano 880mila. Sembra inoltre che il nuovo accordo abbia adottato un linguaggio più possibilista sull’ingresso dell’Ucraina nella NATO.
Rimangono però ancora molti punti da discutere, che sono stati volutamente lasciati in sospeso per futuri negoziati diretti tra Zelensky e il presidente statunitense Donald Trump. In particolare la questione territoriale: il piano originario prevedeva che l’Ucraina cedesse alla Russia anche i territori del Donbas che la Russia non ha conquistato, e che costituiscono l’11 per cento della regione. Per l’Ucraina è inaccettabile l’idea di dover cedere di propria volontà territori strenuamente difesi, che peraltro ospitano alcune città fortificate di grande importanza difensiva: lasciare quei territori ai russi significherebbe perdere un’importante linea di difesa in caso di attacchi futuri.
Un’altra questione ancora aperta riguarda le cosiddette “garanzie di sicurezza”, cioè quali misure saranno adottate per fare in modo che l’Ucraina non subisca nuove aggressioni in futuro. Non è ancora chiaro però se e quando Trump e Zelensky si incontreranno per parlarne. Al momento non è previsto un incontro tra i due.
Nel frattempo stanno continuando i negoziati. Da lunedì sono in corso ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, incontri tra il segretario dell’esercito statunitense Dan Driscoll e alcuni delegati russi e ucraini. Il segretario è la persona dentro all’esercito che si occupa delle questioni non militari, come il bilancio, il personale e l’organizzazione. Driscoll però è una figura più importante, perché è un amico personale e un ex compagno di università del vicepresidente J.D. Vance, e di recente ha assunto sempre più influenza nella diplomazia statunitense.

Il segretario dell’esercito degli Stati Uniti Dan Driscoll, giugno 2025 (AP Photo/Karl DeBlaker)
Non è del tutto chiaro se i negoziati portati avanti da Driscoll siano in competizione con quelli di Ginevra, organizzati dal segretario di Stato Marco Rubio, o siano complementari e da intendersi gli uni come la continuazione degli altri. I due hanno visioni differenti della situazione: prima di entrare nell’amministrazione Trump, Rubio era molto vicino alla causa ucraina (in seguito ha mitigato questa posizione, probabilmente per non avere problemi con Trump); Driscoll è invece vicino a Vance, che dentro all’amministrazione è probabilmente il maggiore critico dell’Ucraina, ed è particolarmente favorevole alla Russia.
È probabile che a questo punto i negoziati vadano avanti ancora a lungo: Trump sperava di poter trovare un accordo più o meno definitivo entro giovedì, il giorno del Ringraziamento negli Stati Uniti, ma ormai è praticamente certo che non succederà.



