Cosa cambia ora che l’obesità è una malattia per legge
L'Italia è stata il primo paese a dichiararla tale, ma ci sono dubbi sui fondi stanziati e i tempi saranno comunque lunghi

A inizio ottobre in Italia è stata approvata una legge, la prima nel suo genere, che riconosce l’obesità come una malattia cronica. La notizia è stata molto ripresa e commentata sui giornali, anche all’estero, ma a distanza di meno di due mesi sono sempre più evidenti i limiti legati alla sua applicazione.
La legge non può infatti contare su molti fondi e soprattutto non potrà essere pienamente applicata fino a quando non saranno definiti i Livelli essenziali di assistenza (LEA), cioè le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale deve garantire a tutti. Nel testo della legge non sono definite le prestazioni da garantire e quindi ancora non si sa quali saranno comprese, tra gli interventi chirurgici per la riduzione delle dimensioni dello stomaco, le attività di medicina territoriale e la somministrazione dei farmaci di nuova generazione come l’Ozempic.
I lavori per una proposta di legge per dichiarare l’obesità una «malattia cronica, progressiva e recidivante» erano iniziati tre anni fa su iniziativa del deputato di Forza Italia, Roberto Pella, presidente dell’intergruppo parlamentare “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili”. Dopo vari passaggi parlamentari, la legge è appunto stata approvata a inizio ottobre, facendo notizia per essere la prima al mondo a dare una formale definizione dell’obesità come malattia in un ordinamento.
Ora però il problema più grande segnalato in questi mesi da diversi esperti riguarda l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e la loro gestione. Prevedere per legge che le prestazioni sanitarie contro l’obesità entrino nei LEA non significa infatti che questo avvenga automaticamente e in tempi rapidi. Il percorso amministrativo per farlo è lungo e spesso accidentato, soprattutto per il confronto legato alle risorse economiche. Introdurre una nuova malattia cronica implica costi che devono essere gestiti per molto tempo per ogni paziente e per questo ci sono dubbi sulle risorse finora previste per farlo.
Al discorso sui LEA si lega quello sui farmaci: negli ultimi anni contro l’obesità si sono infatti dimostrati molto efficaci i nuovi farmaci sopracitati, che costano però centinaia di euro al mese per paziente. L’ente che in Italia decide se un farmaco è rimborsabile dal Servizio sanitario nazionale è l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), il cui presidente Roberto Nisticò ha già detto che per ora non si prevede di renderli rimborsabili per tutte le persone obese. L’intenzione è di definire fasce prioritarie con categorie a rischio sulle quali tarare i criteri per i rimborsi.
Come per gli altri farmaci, l’AIFA deve muoversi cercando un equilibrio tra l’efficacia clinica e la sostenibilità economica. Se decidesse di rimborsare i farmaci antiobesità alla maggior parte delle persone, il costo per il Servizio sanitario nazionale diventerebbe insostenibile. Le associazioni dei pazienti chiedono comunque che non sia sottovalutato l’aspetto della rimborsabilità per le persone a rischio, con altri problemi di salute, e anche per questo l’AIFA sta lavorando per definire le priorità. È un lavoro che richiede tempo e che avrà inevitabilmente un impatto sul trasformare nella pratica gli assunti della legge.
Oltre al riconoscimento della malattia e al ricorso ai LEA, la nuova legge istituisce un programma nazionale per la prevenzione e la cura dell’obesità, l’istituzione di un osservatorio nazionale su questi temi e attività di sensibilizzazione per ridurre lo stigma associato all’obesità e a una comunicazione che in passato era stata talvolta colpevolizzante verso le persone obese. La legge prevede un fondo nazionale per le attività di cura e prevenzione, ma gli stanziamenti annuali saranno inferiori al milione di euro per i primi anni: secondo molti osservatori insufficienti.
Il processo prima di arrivare a cambiamenti concreti insomma è ancora lungo. Il ministero della Salute dovrà ora provvedere con un decreto ad aggiornare i LEA, definendo tecnicamente prestazioni e criteri. Il ministero dell’Economia dovrà poi verificare che i costi siano effettivamente coperti e che ci sia un finanziamento stabile negli anni. Si passerà poi per un organismo tecnico che valuterà la proposta e la sostenibilità economica per le Regioni. Il processo proseguirà con un confronto nella Conferenza Stato-Regioni poi con la pubblicazione del decreto definitivo. In un altro provvedimento verranno invece indicate le tariffe a livello nazionale su cui si baseranno le Regioni per rimborsare le strutture sanitarie nei loro territori.
L’obesità è indicata da tempo come una delle malattie croniche più in aumento, con forti rischi per chi ne è affetto e alti costi per i sistemi sanitari. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dal 1990 la quantità di persone adulte obese nel mondo è più che raddoppiata, mentre tra le persone adolescenti è quadruplicata. L’OMS stima che tra i 2,5 miliardi di persone sovrappeso, almeno 890 milioni siano obese con un alto rischio di problemi di salute, soprattutto cardiovascolari, e una minore aspettativa di vita.
Nella maggior parte dei casi l’obesità è causata da un’eccessiva assunzione di alimenti rispetto alle proprie necessità, da predisposizioni familiari e da fattori ambientali. È difficile da trattare e anche tra chi riesce a perdere peso e a cambiare le proprie abitudini di vita ci sono casi di recidive, che portano le persone a tornare alla condizione iniziale. Le difficoltà si traducono in grandi costi sociali, dovuti in buona parte alle spese di sanità pubblica per provare a gestire il problema.



