Che fine ha fatto il DOGE
Ossia il dipartimento per la riduzione della spesa pubblica guidato da Elon Musk: in breve, una non bella

Il 20 febbraio del 2025 Elon Musk era sul palco di un’importante conferenza internazionale di politici di destra, e aveva tra le mani una motosega. Disse che era «una motosega per la burocrazia», cioè un simbolo del modo deciso e aggressivo con cui intendeva portare avanti il suo incarico a capo del dipartimento per l’Efficienza del governo (DOGE nell’acronimo inglese), l’ente per la riduzione della spesa pubblica creato dalla seconda amministrazione di Donald Trump. Meno di un anno dopo Musk non ricopre più incarichi istituzionali, e il DOGE è stato smantellato senza aver raggiunto gli obiettivi che si era posto.
Trump aveva annunciato la creazione del DOGE poco dopo aver vinto le elezioni presidenziali del 2024 e aveva detto che a guidarlo sarebbe stato appunto Musk, l’imprenditore miliardario a capo di varie aziende (tra cui X, SpaceX e Tesla), che era stato un generoso finanziatore della campagna elettorale dei Repubblicani. Il capo operativo sarebbe stato Steve Davis, un manager che ha lavorato a lungo con Musk a SpaceX, e che il New York Times ha descritto come il vero capo del dipartimento.
Sin dall’inizio aveva avuto una forma istituzionale ambigua: l’approvazione di un nuovo dipartimento dovrebbe passare dal Congresso, ma nel caso del DOGE non è mai avvenuto. Non è mai stato chiaro quante persone ci lavorassero né con quali incarichi: molti dipendenti erano manager o ex manager vicini a Musk, che avevano lavorato per le sue aziende o comunque arrivavano dal settore privato. Lo stesso ruolo di Musk nell’amministrazione era volutamente ibrido: era stato assunto come “impiegato speciale del governo”, una posizione esterna che gli ha permesso di evitare i controlli finanziari nonostante fosse evidente la sua grande influenza dentro alla Casa Bianca (Davis aveva lo stesso inquadramento).

Elon Musk alla Casa Bianca mostra una maglietta con la scritta “DOGE”, il 9 marzo del 2025 (AP Photo/Jose Luis Magana)
Anche il modo in cui il DOGE ha operato è stato molto criticato. Una delle iniziative più problematiche fu quando il dipartimento inviò a migliaia di dipendenti pubblici una mail chiedendo di condividere in cinque punti le loro attività della settimana precedente, e minacciando di licenziamento chi non l’avesse fatto: in alcuni casi si trattava di condividere informazioni riservate e pericolose, e alcune agenzie si erano rifiutate, aprendo uno scontro interno all’amministrazione.
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Con la promessa iniziale di ridurre la spesa pubblica per 2mila miliardi di dollari (poi ridotti a mille miliardi, una cifra comunque enorme) in pochi mesi il dipartimento ha licenziato o spinto alle dimissioni decine di migliaia di dipendenti pubblici, smantellando di fatto alcune agenzie federali.
Con le sue operazioni il dipartimento sostiene di aver permesso al governo di risparmiare 214 miliardi di dollari, una cifra difficile da verificare ma ritenuta dubbia, per vari motivi: le attività del DOGE sono sempre state ben poco trasparenti, e spesso sono state rendicontate in modo fuorviante o incompleto. In molti casi le stime dei media o di altre organizzazioni indipendenti le hanno valutate come eccessive.
Secondo un’analisi di CBS, per esempio, in alcuni casi il dipartimento ha aumentato le stime sui risparmi legati ai licenziamenti dei dipendenti pubblici fino al 97 per cento; Politico aveva fatto una verifica simile sul risparmio millantato per la risoluzione di alcuni contratti governativi, arrivando alla conclusione che anche in quel caso fosse molto esagerato. Inoltre in questi mesi il DOGE si è concentrato su agenzie secondarie in termini di spesa pubblica, dando priorità alla rilevanza ideologica: il caso più emblematico è quello di USAID, l’agenzia che gestiva i programmi di cooperazione internazionale in moltissimi paesi, e che è stata quasi del tutto smantellata a fronte di un risparmio incerto per il governo.

Una manifestazione contro le misure del DOGE, 5 febbraio 2025 (AP Photo/J. Scott Applewhite)
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A fine maggio Musk aveva lasciato il suo ruolo a capo del DOGE: era una decisione attesa perché prevista dal suo ruolo di consulente esterno, che può avere una durata massima di 130 giorni l’anno, ma inizialmente sembrava che l’amministrazione avrebbe cercato un modo per farlo restare. Poco dopo Musk aveva litigato platealmente con Trump, allontanandosi definitivamente da lui, almeno pubblicamente (è tornato alla Casa Bianca per la prima volta da questa estate pochi giorni fa, a una cena con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman). Dopo le dimissioni di Musk, il futuro del DOGE e dei suoi dipendenti è diventato incerto.
Politico ha ricostruito quelle settimane caotiche grazie a interviste, documenti interni e screenshot delle chat Signal degli ex dipendenti: molti di loro si sono dimessi, spaventati di aver perso la copertura politica garantita da Musk; altri si sono spostati in altri dipartimenti e hanno cambiato attività. Per esempio Joe Gebbia, co-fondatore della società di affitti a breve termine Airbnb poi andato a lavorare per il DOGE, ha trovato lavoro al National Design Studio, un ente istituito da Trump ad agosto che si occupa di ridisegnare alcuni siti governativi.
Se nei mesi in cui era stato operativo le attività del DOGE erano state ampiamente pubblicizzate dall’amministrazione, al contrario quello che è successo dopo che Musk lo ha lasciato non è stato comunicato quasi per niente. La fine delle attività del DOGE non è mai stata annunciata in modo ufficiale, anche se sul sito l’ultimo aggiornamento risale ad agosto e da tempo Trump ne parla al passato. A inizio novembre, infine, il direttore dell’agenzia governativa che si occupa di gestire i dipendenti pubblici, Scott Kupor, aveva detto a Reuters che il dipartimento «non esiste» più. Ufficialmente l’ordine esecutivo con cui Trump aveva istituito il DOGE diceva che sarebbe durato fino a luglio del 2026.
Secondo diversi giornali statunitensi, le riduzioni alla spesa pubblica per cui era stato pensato il DOGE stanno proseguendo in modo più discreto, attraverso l’ufficio che si occupa del bilancio federale: durante la seconda settimana dello shutdown, per esempio, il suo direttore Russell Vought ha ordinato il licenziamento di 4mila dipendenti federali.
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