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  • Lunedì 24 novembre 2025

Campari vuole liberarsi di un po’ di marchi

Dopo decenni di grandi acquisizioni è arrivata a possederne 72, ma ora vuole concentrarsi sulla manciata più redditizia

Una bottiglia di Campari e una di Averna sul bancone di un bar, 15 aprile 2014. (ANSA/Franco Silvi)
Una bottiglia di Campari e una di Averna sul bancone di un bar, 15 aprile 2014. (ANSA/Franco Silvi)
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In un articolo pubblicato domenica che cita «indiscrezioni», il Corriere della Sera ha scritto che Campari, società italiana tra le più importanti e conosciute al mondo nel settore delle bevande, vuole vendere tre dei marchi che controlla: quelli degli amari Averna, Braulio e Zedda Piras, tra i più bevuti in Italia. Campari non ha confermato né smentito la notizia, che però è stata ripresa da vari media, tra cui il Sole 24 Ore, che ha segnalato l’aumento in borsa del valore delle sue azioni.

Sarebbe un’operazione coerente con le intenzioni annunciate dal nuovo amministratore delegato, Simon Hunt, di vendere alcune società minori controllate dal gruppo, per concentrarsi su quelle più redditizie e legate al mercato degli aperitivi, in particolare Aperol e Campari, dopo che la strategia aziendale era stata a lungo opposta. Averna e Braulio erano infatti state acquisite dal gruppo Campari nel 2014, Zedda Piras nel 2002, come parte di un’espansione durata fino alla fine dell’anno scorso e che aveva portato Campari a ingigantirsi e a controllare molte aziende diverse. Da quando però si è insediato Hunt, nel dicembre del 2024, la strategia è un’altra.

Già a giugno Campari aveva venduto per 100 milioni di euro i marchi Cinzano e Frattina al Gruppo Caffo 1915, che possiede anche altri marchi di alcolici molto famosi come il Vecchio Amaro del Capo. Ma i 72 marchi che era arrivata a controllare Campari erano troppi, ha detto Hunt, secondo cui 30 di questi, rappresentando solo il 9 per cento dei ricavi dell’azienda, potrebbero essere ceduti in futuro.

Lo scorso ottobre l’azienda aveva anche venduto Tannico, la piattaforma di e-commerce dove comprare il vino che Campari aveva acquistato nel 2020 insieme a Moët Hennessy del gruppo LVMH, nel tentativo di sfruttare il canale della distribuzione digitale durante e dopo la pandemia da Covid. Uno degli ultimi marchi acquisiti era poi stato Courvoisier, uno dei produttori di cognac più conosciuti al mondo, comprato per un miliardo e 220 milioni di dollari tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024.

I marchi più importanti del gruppo sono però da tempo Campari e Aperol, che sono riconosciuti a livello internazionale anche grazie a enormi campagne di marketing e alla grande visibilità che ottengono con la presenza costante in eventi in tutto il mondo. I marchi negli anni hanno stretto partnership molto importanti e solide, come quella con la Mostra del Cinema di Venezia – con la quale è all’ottavo anno di collaborazione –, con il Festival di Cannes e con il festival musicale statunitense del Coachella, così come tantissime collaborazioni con influencer e content creator. Oltre agli eventi esistono poi locali dedicati ai singoli marchi, come la Terrazza Aperol a Milano e quella a Venezia.

Nata nel 1860 a Novara e poi cresciuta a Milano, la Campari diventò nella prima metà del Novecento una delle aziende italiane più riconoscibili grazie ai prodotti Campari Soda e bitter. Fu a partire dagli anni Novanta che l’azienda si espanse con una intensa politica di acquisizioni e di accordi di distribuzione, quotandosi in borsa nel 2001 e arrivando a controllare vari stabilimenti produttivi all’estero, specialmente in Nord e Sud America.

«Campari va resa più focalizzata e veloce. Negli anni ci siamo allargati troppo, ora voglio riportare disciplina, selezione, chiarezza su dove allochiamo il capitale» aveva detto qualche giorno fa Hunt a Milano Finanza, aggiungendo di voler concentrare le risorse sui «cinque marchi globali che hanno più potenziale». Oltre ad Aperol e Campari, si riferisce alla tequila Espolon, al whisky Wild Turkey e al cognac Courvoisier. Altri tra i marchi di Campari che rappresentano la percentuale più significativa delle vendite complessive sono SKYY Vodka, Grand Marnier, Rhum des Antilles, il whisky Glen Grant, e altre bevande rivolte all’aperitivo come Cynar, Crodino e Sarti Rosa.

Secondo i dati forniti da Campari Group, relativi ai primi 9 mesi del 2025, il fatturato complessivo dell’azienda è stato di due miliardi e 281 milioni di euro. Le due grandi aree in cui si concentrano le vendite complessive sono Europa e Nord e Sud America. L’azienda inoltre prevede che per il resto dell’anno le vendite cresceranno ancora moderatamente, e sostiene che l’impatto dei dazi è stato meno negativo di quanto temuto.

Anche i tre marchi che Campari potrebbe vendere hanno una lunga tradizione in Italia: l’Averna è nata a Caltanissetta verso la metà dell’Ottocento, quando una famiglia decise di commercializzare un preparato liquoroso alle erbe prodotto dai monaci di un’abbazia della zona. L’amaro Braulio è originario di Bormio, in Valtellina, e il mirto Zedda Piras deve il nome ad un viticoltore sardo, che alla fine dell’Ottocento fondò una distilleria.

Non è ancora chiaro chi potrebbe comprare i tre marchi, anche se il Corriere ipotizza che potrebbero essere interessate sia grandi aziende produttrici di amari come il gruppo Montenegro, Illva Saronno o Lucano 1894, sia NewPrinces, un gruppo italiano di marchi agroalimentari che due mesi fa ha comprato lo storico polo produttivo della distilleria Cinzano, in provincia di Cuneo.