Cos’ha di speciale lo slalom speciale
Lo chiamiamo così solo in Italia, ma in effetti ha le sue peculiarità; e non ci sono altre specialità capaci di fermare il Festival di Sanremo

Lo slalom speciale è una delle quattro specialità dello sci alpino. Rispetto alle altre tre (discesa libera, supergigante e slalom gigante) è la più lenta e tecnica. Non ha la velocità massima e i salti della discesa libera, senz’altro la più estrema, ma è affascinante e avvincente. Una volta, con la complicità di Alberto Tomba, fece fermare il Festival di Sanremo; e poi è una specialità speciale perché si può fare anche di notte, ed è, a suo modo, un po’ una danza. Va però detto subito, per smorzare eventuali entusiasmi legati al nome, che lo chiamiamo speciale solo in Italia, e solo per distinguerlo dallo slalom gigante.
Lo slalom gigante (anche noto come “gigante” e basta) e lo slalom speciale (anche noto come “slalom” e basta) sono le uniche due specialità che si disputano su due manche, due prove i cui tempi si sommano per ottenere il risultato finale. Solo lo slalom speciale, però, prevede la presenza di pali anziché di porte. Nelle altre tre specialità, gigante compreso, si deve infatti passare all’interno di porte, più o meno ravvicinate a seconda della specialità; nello slalom bisogna passare all’esterno dei pali.
I pali sono tubi di plastica piuttosto rigidi. Nello slalom vengono abbattuti con tibia, avambraccio e altre parti del corpo su cui sono applicate protezioni apposite. Con un movimento sincronizzato di piedi e braccia, i pali vengono colpiti per permettere al corpo di scendere sulla pista compiendo il più breve tragitto possibile. Ciò che permette ai pali di piegarsi fino a toccare terra è lo snodo che li tiene fissati alla pista.
I pali sono sempre e solo rossi e blu: a uno rosso ne segue sempre uno blu (e viceversa). Ed è per regolamento che devono essere per forza rossi e blu. Per questo ogni tanto si parla dello slalom come di una specialità ripetitiva, in cui chi scia deve solo pensare prima al rosso e poi al blu, con il solo obiettivo di accorciare il tragitto e passare il meno esternamente possibile rispetto ai pali, per fare meno strada fino al traguardo.

Lucas Pinheiro Braathen – molti Lucas Pinheiro Braathen – in una rappresentazione di vari momenti di un suo slalom, nel gennaio del 2025 a Kitzbuehel, Austria (Christian Bruna/Getty Images)
L’alta frequenza di pali rende lo slalom la specialità dello sci alpino in cui si cambia più spesso direzione, cosa che lo rende a sua volta una disciplina molto faticosa. Come correre i 400 metri (la durata è più o meno simile a quella di una manche di slalom speciale), però facendo zig zag tra decine di birilli. Nello slalom serve quindi avere grande stabilità sugli sci, una notevole forza nelle gambe e una peculiare capacità di anticipare ciò che sta per arrivare: non basta reagire a quel che succede, bisogna sapere cosa sta per succedere (che palo sta per arrivare) e prepararsi.
I pali non sono disposti a caso, e nemmeno sempre allo stesso modo. Non sono come una pista di Formula 1, che è sempre uguale anno dopo anno. In ogni manche di ogni gara gli allenatori di una certa nazionale presente in gara provvedono infatti di volta in volta alla tracciatura (come è nota in gergo la disposizione, precisa al centimetro, dei pali sulla pista). E si fa di tutto per favorire i propri atleti: se a tracciare sono gli allenatori della Norvegia (paese da cui pare provenga il termine “slalom”), è facile che questi studino un percorso adatto alle caratteristiche dei propri sciatori migliori, come Henrik Kristoffersen o Atle Lie McGrath.
Anche per questo è molto importante la ricognizione sul percorso. Prima di ogni manche gli sciatori studiano la disposizione dei pali, scivolano lungo la pista soffermandosi su ogni curva, per programmare e immaginare i movimenti da fare in gara. A volte, prima che partano, gli atleti sono inquadrati mentre “ripassano” mentalmente il percorso. Chiudono gli occhi e immaginano di essere sul tracciato.

Alberto Tomba nel 1996 (Jerome Prevost/TempSport/Corbis/VCG via Getty Images)
Oltre a essere molto fisico e mentale, lo slalom speciale è per molti versi la più estetica tra le discipline dello sci, talvolta presentata come una danza all’ingiù (e forse non a caso, al brasiliano Lucas Pinheiro Braathen vengono molto bene sia lo slalom che la samba). In effetti, come in una danza, il ritmo è fondamentale. Basta partire male, o sbagliare una porta, per perdere il ritmo gara e compromettere il tempo della manche.
Lo slalom speciale è così peculiare che ci sono atleti che gareggiano solo in quello, mentre è più frequente che chi fa altre discipline ne pratichi più d’una.

Mikaela Shiffrin nel 2013 (Alexander Hassenstein/Getty Images)
Uno degli errori più frequenti in cui incappa chi fa slalom è l’inforcata. Capita quando, stringendo troppo la curva, uno dei due sci finisce all’interno del palo, cosa che comporta la squalifica. A volte – e questo la dice lunga su quanto possa essere misterioso lo slalom – capita che nessuno, nemmeno il diretto interessato, si accorga subito di aver fatto un’inforcata.
Nello slalom l’errore è dietro l’angolo, letteralmente. Basta chiudere troppo un cambio di direzione, mettere lo sci qualche centimetro più in là, e si finisce per inforcare.

Hanna Aronsson Elfman nel 2023 (Jonas Ericsson/Agence Zoom/Getty Images)
Oltre all’alta possibilità di errore, a rendere vivaci le gare di slalom sono le due manche. Nella prima partono diverse decine di atleti; nella seconda solo i migliori o le migliori 30. Solo che partono in ordine invertito: prima il 30esimo, poi il 29esimo e così via, fino al primo. I primi a partire nella seconda manche hanno quindi una neve migliore e una pista meno segnata rispetto agli ultimi a partire, che però conservano – nel tempo finale, ottenuto sommando quello delle due manche – il vantaggio accumulato nella prima manche. È successo anche che il 30esimo della prima manche finisse per vincere: nel 2024 a Chamonix, in Francia, ci riuscì lo svizzero Daniel Yule.
Lo slalom è speciale anche per le piste su cui si svolgono le gare. Per le sue caratteristiche bastano pendii brevi (alcune centinaia di metri, mentre nella discesa libera si parla di almeno un paio di chilometri) che però devono essere molto ripidi. A volte lo slalom si fa su piste apposite (è il caso del “Canalone Miramonti” a Madonna di Campiglio, in provincia di Trento, sul quale dal 1984 non si tiene altra gara se non lo slalom), altre volte su porzioni finali di piste più lunghe, come succederà in occasione delle Olimpiadi di Milano Cortina con la “Stelvio” di Bormio, in provincia di Sondrio.
Per questi motivi le piste di slalom – su cui peraltro gli slalomisti vanno relativamente piano – sono più facili da illuminare, e quindi a volte ci si fanno anche gare in notturna, cosa che invece non si fa nelle altre discipline dello sci alpino. E sono più facili da innevare, anche in assenza di nevicate significative. Lo slalom è quindi la specialità con più gare in Coppa del Mondo, perché rinvii o annullamenti non sono così frequenti.
In Italia lo slalom speciale (che come detto si chiama così per essere più facile da identificare) è particolarmente amato anche perché, insieme con il gigante, è stato la disciplina di Gustav Thöni e Alberto Tomba, i due sciatori italiani più noti al grande pubblico.
Fu peraltro proprio una gara di slalom di Alberto Tomba a interrompere il Festival di Sanremo del 1988. Tomba era terzo dopo la prima manche dello slalom che assegnava l’oro alle Olimpiadi di Calgary, in Canada. Alla fine riuscì a ottenere il secondo oro consecutivo, dopo quello conquistato pochi giorni prima nello slalom gigante.
In questa stagione, così come ormai accade da qualche anno, né al maschile né al femminile la Nazionale sembra andare particolarmente bene in slalom. L’ultimo sciatore italiano ad aver vinto in slalom in Coppa del Mondo è stato Manfred Mölgg nel 2017, l’ultima sciatrice Chiara Costazza nel 2007.
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