Il maresciallo che si è preso il Pakistan, senza armi
Una riforma costituzionale ha ampliato i già enormi poteri di Asim Munir: conta più del primo ministro, e quasi come un dittatore

Il parlamento del Pakistan ha approvato la scorsa settimana un emendamento costituzionale che mette sotto il controllo del maresciallo Asim Munir tutte le forze armate: l’esercito (di cui era già a capo), l’aviazione e la marina. Munir controllerà anche le testate nucleari del paese e avrà un’immunità legale a vita. La riforma costituzionale amplia notevolmente i suoi già estesi poteri e consolida quello che era già diventato piuttosto evidente nell’ultimo anno: Munir è l’uomo più influente del Pakistan, anche più del primo ministro Shehbaz Sharif.
Secondo i critici la riforma renderà possibile una sorta di dittatura militare nel paese, che con 250 milioni di abitanti è il quinto più popoloso al mondo. In Pakistan l’esercito ha sempre avuto un’influenza eccezionale sulle questioni politiche, economiche e sociali. Tra le altre cose controlla buona parte della propaganda, ha avuto un ruolo nella scelta di tutti i primi ministri e per quasi metà della storia del paese (nato nel 1947 dalla partizione delle ex colonie britanniche indiane) i generali hanno governato direttamente, tramite colpi di stato militari.
Negli ultimi mesi Munir ha concentrato su di sé molti poteri, sfruttando da un lato una crescente popolarità ottenuta dopo la crisi con l’India dello scorso maggio, e dall’altro il sostegno del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Un cartellone a Rawalpindi che celebra il generale Asim Munir e l’operazione Bunyan Marsoos, come è stata chiamata la recente guerra con l’India, il 14 maggio 2025 (PPI via ZUMA Press Wire)
La riforma costituzionale entrerà in vigore a fine mese. Tra le altre cose prevede la creazione di una nuova Corte Costituzionale, i cui membri saranno nominati dal governo e che avrà giurisdizione non solo sulle questioni costituzionali, ma anche su quelle della difesa, della sicurezza e dei poteri militari. Sono questioni di cui finora si è occupata la Corte Suprema, un organismo più indipendente che la riforma svuota di molti poteri.
Negli ultimi anni alcune decisioni di governo, militari e magistratura (in larga parte controllata dal potere esecutivo) sono state bloccate dalla Corte Suprema: è successo per esempio con alcune condanne per l’ex primo ministro Imran Khan, attualmente in prigione e sottoposto a decine di processi per accuse che i suoi sostenitori ritengono politicamente motivate. Con la riforma la divisione dei poteri in Pakistan sarà ancora più sbilanciata, con una concentrazione quasi totale nelle mani di chi detiene quello esecutivo.
Munir ottiene anche un nuovo mandato di cinque anni, rinviando (o cancellando) la pensione prevista per il 2027: resterà in carica fino al 2030, quindi supervisionando anche le prossime elezioni del 2029. Non potrà essere destituito dalla sua carica se non con un voto dei due terzi del parlamento. L’immunità gli garantisce tutela legale ed è estesa anche al presidente Asif Ali Zardari, che ha un ruolo pressoché cerimoniale ma che è accusato di corruzione.
Munir completa così un consolidamento del proprio potere molto cresciuto nell’ultimo anno. È diventato capo dell’esercito nel 2022 e lo scorso maggio è stato nominato maresciallo di campo, o feldmaresciallo, il grado militare più alto, superiore a quello di generale. È il secondo feldmaresciallo nella storia del Pakistan, dopo l’ex dittatore Ayub Khan, autore di un colpo di stato nel 1958 e rimasto al potere fino al 1969.
Khan si attribuì da solo quel rango, Munir l’ha ottenuto dopo l’ondata di nazionalismo ed entusiasmo seguita alla crisi di maggio con l’India, relativa alla regione contesa del Kashmir: per circa una settimana ci furono scontri e bombardamenti tra i due paesi, terminati dopo un cessate il fuoco.
– Leggi anche: Nel Kashmir senza turisti restano solo i militari

Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e Asim Munir alla Casa Bianca, a settembre (AP Photo/Alex Brandon)
A differenza dell’India, in quei giorni il Pakistan elogiò il ruolo di Trump nel favorire il cessate il fuoco e lo propose per il premio Nobel per la Pace, garantendosi un certo favore da parte del presidente statunitense. Le relazioni tra i due paesi sono ulteriormente migliorate con la promessa da parte del Pakistan di investire nel campo delle criptovalute e di garantire agli Stati Uniti l’accesso ai metalli rari del paese. Munir è stato ricevuto due volte da Trump alla Casa Bianca, e in un’occasione è stato chiamato dal presidente «il mio maresciallo di campo preferito». Da mesi partecipa agli incontri internazionali insieme al primo ministro Sharif, e viene ricevuto come una specie di capo di stato: è successo per esempio in Arabia Saudita e in Cina.
È diventato sempre più visibile sui media, e il suo ruolo è stato istituzionalizzato anche in ambito economico: Munir da circa due anni coordina un Consiglio speciale degli investimenti che aveva il compito di affrontare la profonda crisi economica del paese. Nel 2025 gli indicatori economici sono positivi: il Pakistan chiuderà il bilancio statale con un surplus (ma il debito complessivo resta notevole) e ha ridotto l’inflazione al 3,6 per cento (era al 38 per cento nel 2023). Il PIL crescerà del 3 per cento circa.

Shehbaz Sharif e Asim Munir in Arabia Saudita col principe ereditario Mohammed bin Salman e il ministro della Difesa Khalid bin Salman, il 17 settembre 2025 (Press Information Department via AP)
A differenza di altri ufficiali di alto grado dell’esercito pachistano, Munir non proviene da una famiglia di militari: il padre era un preside di una scuola e imam della moschea della città di Rawalpindi. Ha studiato in scuole islamiche e con l’esercito pachistano è stato a lungo in Arabia Saudita. Fu anche capo dei servizi segreti pachistani (ISI), ma fu licenziato dopo pochi mesi per volontà dell’allora primo ministro Imran Khan (secondo alcune ricostruzioni, perché stava indagando su presunti atti di corruzione di Khan).
La situazione del Pakistan resta complessa. Imran Khan ha ancora un forte seguito popolare, i suoi sostenitori denunciano arresti politicamente motivati, le proteste sono frequenti e spesso represse con violenza. Nella provincia sud-occidentale del Belucistan gli indipendentisti sono molto attivi, con frequenti attentati e attacchi alle forze di sicurezza pachistane o a convogli civili. Ci sono poi due fronti aperti con paesi confinanti: quello in Kashmir con l’India, e i più recenti scontri con l’Afghanistan.



