L’unico ministro disposto a togliersi più soldi di quelli richiesti
È Alessandro Giuli, che aveva ridotto i fondi per il cinema con la scusa della legge di bilancio, e ora ci ha ripensato per le molte polemiche

In questi tre anni in carica il governo di Giorgia Meloni è stato molto attento ai conti e prudente nel fare la legge di bilancio, il provvedimento con cui si decide come spendere i soldi dello Stato per l’anno successivo. Questo ha reso un po’ ingrato il compito del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ogni anno deve puntualmente chiedere ai suoi colleghi di ridurre le spese e rinunciare ad alcuni fondi per il proprio ministero, con trattative lunghe e complicate: comprensibilmente, è difficile che i ministri accettino di buon grado di avere meno soldi a disposizione.
C’è però un ministro che quest’anno ha fatto ben poche storie, e anzi ha indicato prontamente a Giorgetti dove si poteva tagliare: è il ministro della Cultura Alessandro Giuli, che inizialmente aveva deciso di poter rinunciare senza problemi a più di mezzo miliardo di fondi per il cinema nei prossimi due anni. Poi la decisione è stata un po’ rivista e la riduzione è diventata meno drastica, ma ha comunque innescato molte polemiche principalmente per due motivi: Giuli ha da tempo rapporti un po’ burrascosi con il settore, e una recente riforma dei finanziamenti pubblici aveva già costretto le imprese che fanno film e serie tv a diminuire molto la loro produzione.
Negli ambienti parlamentari era già nota da tempo l’intenzione di Giuli di proporre riduzioni al fondo per il cinema, un insieme di finanziamenti pubblici molto importante per il settore che vale 696 milioni di euro all’anno. Al momento la legge di bilancio prevede una riduzione di 150 milioni nel 2026 e di 200 milioni nel 2027. Alcuni giorni fa però Repubblica ha pubblicato il contenuto di una mail del 17 ottobre in cui in sostanza il ministero della Cultura proponeva a quello dell’Economia di ridurre ancora di più l’importo per il fondo del cinema: di 240 milioni nel 2026 e di 300 nel 2027.
Stando sempre a Repubblica, sarebbero stati poi i funzionari del ministero dell’Economia a invitare gli uffici di Giuli a rivedere l’entità della riduzione. Giuli non ha risposto ufficialmente, anche se fonti del ministero della Cultura citate dall’ANSA hanno sostenuto che la ricostruzione di Repubblica sia tendenziosa e manipolatoria. Giuli però non l’ha smentita parlando con il Foglio, e ha detto che i tagli previsti nella legge di bilancio «sono stati concordati per salvare il cuore del dicastero, e cioè i beni culturali».
In sostanza Giuli, di fronte alla richiesta del ministero dell’Economia e della Ragioneria generale dello Stato di trovare il modo di diminuire i contributi erogati dal suo ministero, ha preferito tagliare i fondi al cinema per preservare quelli per i beni culturali. «Il ministero vive innanzitutto di beni culturali. E cioè di tutela, consolidamento e messa in sicurezza», ha detto Giuli al Foglio, aggiungendo di essere in «totale sintonia» con Giorgetti. «Risolveremo tutto», ha assicurato. Finora non ci è riuscito: ci aveva provato la scorsa settimana con un decreto che spostava 100 milioni di euro per rimetterli sul cinema, ma la Ragioniera dello Stato Daria Perrotta, che vigila sulla sostenibilità economica dei provvedimenti, lo ha bocciato. Un altro articolo di Repubblica mercoledì raccontava dell’incontro di Giuli con Giorgetti e Perrotta per provare a chiedere un’eccezione, senza successo.
La notizia di questa mail ha suscitato molte polemiche: Matteo Orfini, deputato del Partito Democratico e componente della commissione cultura della Camera, ha accusato il ministero della Cultura di voler «demolire una filiera industriale del paese perché non gradita al governo», e Gaetano Amato del Movimento 5 Stelle ha chiesto a Giuli di riferire in parlamento sulla mail pubblicata da Repubblica.
Il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo (in breve: il fondo per il cinema) è uno strumento del ministero della Cultura, il principale finanziatore del cinema italiano, e prevede per il settore incentivi fiscali e contributi di vario genere. È stato istituito nel 2017: la gran parte delle risorse serve a finanziare il tax credit, uno sgravio fiscale concesso dallo Stato che nei mesi scorsi è stato oggetto di un’altra grossa polemica, tanto che a luglio il ministero aveva revocato 66 milioni di euro precedentemente concessi a diverse produzioni cinematografiche.
Il tax credit è una misura di incentivo alla spesa che esiste da decenni: fu attivata in Italia negli anni Duemila ma potenziata significativamente dal ministro Dario Franceschini con la legge sul cinema del 2016. Negli anni ha portato evidenti benefici alla produzione cinematografica, attirando molte produzioni internazionali; con la pandemia però sono iniziati vari problemi che il ministero della Cultura aveva cercato di risolvere rendendo più facile l’accesso al tax credit, cosa che aveva generato alcuni abusi. La destra, prima all’opposizione e poi al governo, ha spesso usato questi problemi per attaccare l’intero settore cinematografico, che in generale ritiene appannaggio di un’egemonia culturale di sinistra, e l’idea dei fondi pubblici.
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Le associazioni di categoria dei produttori, che rappresentano la grande maggioranza delle industrie del settore in Italia, stanno molto criticando le riduzioni al fondo previste nella legge di bilancio. Alessandro Usai, presidente di ANICA (l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali) aveva detto che rischiano di innescare «una crisi di produzione e occupazionale senza precedenti». Il presidente di CNA Cinema e Audiovisivo Gianluca Curti aveva parlato di circa 70mila posti di lavoro a rischio.
Sulla necessità di limitare queste riduzioni era peraltro già intervenuta in modo piuttosto bizzarro anche la sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni, della Lega, che ha la delega per il cinema. In un’intervista al Corriere della Sera di fine ottobre aveva detto che la riduzione delle risorse per il fondo andava «recuperata». Borgonzoni aveva poi negato che sul tema ci fossero attriti con Giuli, sostenendo che avessero lavorato insieme per contenere le riduzioni previste nella legge di bilancio e che i tagli li avesse imposti Giorgetti. Quest’ultimo però – a detta peraltro di Borgonzoni stessa – non aveva dato indicazioni specifiche su quali capitoli di spesa ridurre, ma aveva solo detto quanto complessivamente il ministero della Cultura doveva tagliare.

Borgonzoni e Giuli alla prima del film La Grazia di Paolo Sorrentino, alla Mostra del Cinema di Venezia, 27 agosto 2025 (Alec Michael via ZUMA Press)
Per Borgonzoni c’era comunque margine per far tornare il fondo a circa 700 milioni di euro, e su questo aveva detto di aspettarsi che anche le opposizioni le avrebbero «dato una mano» durante la discussione delle legge di bilancio.
La settimana scorsa Giuli ha poi detto di avere firmato un decreto interministeriale che permetteva di recuperare più di 100 milioni di euro al cinema, tamponando almeno in parte quelli che ha definito «necessari e consistenti tagli» previsti nella legge di bilancio. Nel comunicato si spiega che i soldi recuperati per rifinanziare il fondo del cinema erano risorse rimaste «inutilizzate dal 2022». Orfini, del PD, aveva però subito detto che il piano di Giuli era recuperare quei cento milioni da risorse già stanziate per altro, in particolare per i cosiddetti contributi automatici, cosa poi denunciata anche dalle associazioni di categoria.
I contributi automatici sono fondi pubblici di cui le imprese del settore audiovisivo che si occupano di sviluppo, produzione e distribuzione di film e serie, anche su internet, possono fare richiesta, a determinati requisiti. Lo scorso marzo era stato pubblicato il decreto con le assegnazioni dei contributi per il 2021, pari a 40 milioni di euro in totale. L’idea del ministero della Cultura era quindi fondamentalmente spostare per il 2026 i soldi dei contributi automatici – che le imprese aspettano di riscuotere da anni – al fondo per il cinema, e poi rimpinguare in qualche modo i contributi automatici più avanti.
Il ministro dell’Economia Giorgetti non ha però ancora firmato il decreto di Giuli (passaggio necessario per rendere effettiva la modifica), quindi per ora i cento milioni di euro annunciati dal ministro della Cultura non ci sono. Secondo l’Ansa i ministeri della Cultura e dell’Economia si stanno confrontando per trovare una soluzione.
Lunedì c’è stato un incontro tra Giuli, Borgonzoni, il direttore generale cinema e audiovisivo Giorgio Carlo Brugnoni e le associazioni di categoria. Queste ultime hanno detto che il ministero ha assicurato loro di essere al lavoro per recuperare le risorse del fondo per il cinema.
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