I siti porno hanno altri tre mesi per adeguarsi all’obbligo di verifica dell’età
Almeno quelli con sede all'estero, cioè la stragrande maggioranza: lo ha chiarito l'Agcom, dopo che ieri non era cambiato niente

Mercoledì l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha chiarito che i siti porno che non hanno sede giuridica in Italia, e cioè la grande maggioranza, hanno altri tre mesi di tempo per adeguarsi all’obbligo di verificare la maggiore età degli utenti, entrato in vigore ieri. In una nota, l’Agcom ha spiegato perché nonostante l’obbligo fosse stato annunciato per ieri, mercoledì 12 novembre, e nonostante sia effettivamente già in vigore, i principali siti porno non hanno ancora introdotto nessun sistema per verificare l’età.
Non è cambiato niente, infatti, nell’accesso a Pornhub o YouPorn: questi e gli altri siti inclusi nella lista di Agcom con sede all’estero dovranno adottare uno dei sistemi di verifica dell’età conformi alle indicazioni entro il primo febbraio 2026, una tempistica decisa «tenuto conto dei rilievi della Commissione europea e sulla scorta dell’esperienza di altri Paesi». Solo quelli con sede in Italia dovevano farlo entro mercoledì (cioè sei mesi dopo la pubblicazione del provvedimento con cui a maggio era stato annunciato l’obbligo), ha detto l’Agcom.
Queste tempistiche erano in realtà state specificate già nella delibera che era stata pubblicata assieme alla lista dei siti coinvolti, ma la principale interpretazione tra esperti e avvocati che si occupano di questioni digitali – e quella di cui aveva erroneamente dato conto anche il Post – era che in realtà l’obbligo sarebbe valso da subito per tutti. Anche i diretti interessati comunque erano confusi: nella giornata di mercoledì un portavoce di xHamster, uno dei principali siti porno interessati, aveva spiegato al Post che il sito non aveva ancora introdotto la verifica dell’età perché stava cercando di determinare se avesse effettivamente altri tre mesi di tempo per adeguarsi alla legislazione.
La lista dei siti porno interessati dall’obbligo di verificare l’età era stata pubblicata lo scorso 31 ottobre a sorpresa. I gestori delle principali piattaforme lo avevano scoperto dai giornali, nonostante si sapesse da tempo che un obbligo simile sarebbe stato introdotto. Hanno avuto meno di due settimane per capire come e se adeguarsi alle nuove regole. Per i siti porno inclusi nella lista, posticipare quanto più possibile il momento in cui saranno costretti a verificare l’età degli utenti è fondamentale, perché tutte le volte che leggi simili sono entrate in vigore all’estero i siti che hanno rispettato la legge hanno notato una perdita notevole di utenti, e quindi di introiti.
Questi sistemi infatti sono piuttosto macchinosi e invasivi, e scoraggiano molte persone dall’accedere ai siti porno in questione. Sono sistemi che assicurano il cosiddetto “doppio anonimato”, cioè impediscono sia al sito porno di conoscere l’identità dell’utente, sia al sito che ne certifica l’età di sapere a quale sito vuole accedere. Ma comunque nella maggior parte dei casi prevedono di utilizzare la webcam, per scattarsi un selfie o per mostrare la propria carta d’identità. Per i siti porno sono anche servizi costosi da utilizzare: si parla di una cifra tra 1 e 3 centesimi di euro per ogni singola verifica, che deve essere ripetuta a ogni accesso.
Nonostante non sia ancora attivo l’obbligo, il sito americano Bang.com ha comunque annunciato di sospendere il servizio in Italia, spiegando di avere bisogno di più tempo per implementare un sistema di verifica dell’età che si adegui appieno ai requisiti della legge italiana. OnlyFans ha cominciato a richiedere la verifica dell’età alle persone al momento del login, sottolineando che è comunque impossibile accedere ai contenuti pornografici sul sito senza essersi prima iscritti.
A inizio novembre Pornhub, il sito porno più frequentato al mondo, aveva raccontato per esempio che da quando nel Regno Unito è entrato in vigore l’obbligo di verifica dell’età, a luglio, il numero di utenti britannici che si collegano alla piattaforma è sceso del 77 per cento. L’esperto di cybersicurezza Aras Nazarovas ha spiegato che questo non vuol dire che un così grande numero di persone abbia smesso di visitare siti porno in generale: vuol dire che in buona parte si sono spostate verso siti minori e meno sicuri che non rispettano le leggi britanniche, oppure che hanno cominciato a usare servizi di VPN, che tra le altre cose permettono di collegarsi a internet fingendo di trovarsi in un altro paese.
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