Le molte falle nella sicurezza del Louvre
Telecamere inadeguate, software obsoleti e password deboli: cose note anche prima dell'ultimo furto di gioielli

In questi giorni sono state pubblicate le conclusioni dell’indagine preliminare dell’ispettorato del ministero della Cultura francese sulla clamorosa rapina al Museo del Louvre di Parigi di domenica 19 ottobre. Il rapporto riconosce che ci sono state «falle nella sicurezza» e una ventennale «sottovalutazione dei rischi strutturali legati al furto di opere d’arte e di intrusioni» nel museo. In Francia si è parlato molto di questi problemi, in parte perché erano risaputi e in parte per come hanno contribuito alla facilità con cui è stato commesso il furto, per cui sono state incriminate quattro persone.
Uno dei temi più discussi è stata l’inadeguatezza del sistema di video-sorveglianza del museo. Il capo della polizia di Parigi, Patrice Faure, ha detto durante un’audizione al Senato che ampie parti del sistema sono ancora analogiche e quindi producono immagini di bassa qualità, che sono più laboriose da analizzare e lente da trasmettere in tempo reale. Era già previsto un progetto per ammodernarlo, con 60 chilometri di nuovi cavi, che però non sarà completato prima del 2030.
Secondo una relazione della Corte dei conti francese, che avrebbe dovuto essere pubblicata a novembre ma i cui contenuti sono stati anticipati dai media dopo il furto, molte stanze del museo erano prive di telecamere. Nell’ala della Galleria Apollo in cui sono stati rubati i gioielli, mancavano in un terzo delle stanze (in altre parti del museo la proporzione è anche più alta). Secondo la relazione, il sistema era obsoleto anche perché le telecamere non erano state posizionate secondo un piano complessivo ma alla spicciolata, man mano che le singole stanze venivano rinnovate.

Turisti e visitatori fuori dal Louvre, a Parigi, il 27 ottobre (Edward Berthelot/Getty Images)
Anche questo spiega, in parte, perché i ladri hanno potuto agire pressoché indisturbati. Faure ha detto anche che la prima segnalazione alla polizia era arrivata da un ciclista che si trovava per strada, insospettitosi quando ha visto una persona con un gilet catarifrangente su un montacarichi addossato alla facciata del museo. In precedenza il ministro dell’Interno, Laurent Nuñez, aveva detto che non c’erano abbastanza agenti per tenere monitorati tutti i feed (i video) delle telecamere.
Sempre Faure ha detto che la licenza per le telecamere di sicurezza del Louvre era scaduta a luglio, senza essere rinnovata. Era un passaggio formale e burocratico, ma è stato considerato emblematico della negligenza e dei problemi di sicurezza, alcuni dei quali erano già noti, quantomeno alle autorità. In questi giorni il quotidiano Libération ne ha ricostruiti diversi, legati soprattutto alla sicurezza informatica e alla tecnologia.
Sulla base di relazioni interne dell’Agenzia nazionale per la cybersicurezza e del ministero dell’Interno stilate tra il 2014 e il 2017, Libération ha scritto che il Louvre utilizzava sistemi operativi obsoleti come Windows 2000 e Windows XP: la loro mancata sostituzione nel tempo avrebbe impedito di aggiornare i programmi per gestire la video-sorveglianza, i server e gli ingressi nel museo. Libération ha scritto che il problema ha riguardato almeno otto software utilizzati per la sicurezza del museo.

Una guardia di sicurezza all’interno del museo, il 30 ottobre (AP Photo/Emma Da Silva)
Gli esperti del governo, inoltre, avevano riscontrato vulnerabilità nelle password, troppo semplici. Per esempio quella per i server di video-sorveglianza era «LOUVRE», e quella di un software di sicurezza era il nome dell’azienda che lo sviluppava. Già nel 2014 l’Agenzia nazionale per la cybersicurezza raccomandò di usare password più complesse: Libération ha chiesto una replica al museo, che per ora non ha risposto. Non sappiamo quindi se le password siano state cambiate.
L’inadeguatezza tecnologica si è sommata alla carenza di personale, e anche questa era cosa nota. Lo scorso giugno il museo era rimasto chiuso per ore a causa di uno sciopero dei dipendenti che denunciavano proprio la mancanza di lavoratori e lavoratrici della sicurezza. Al momento del furto, nell’ala della Galleria Apollo c’erano solo quattro addetti. Secondo i sindacati, negli ultimi 15 anni sono stati eliminati 200 posti di lavoro su un organico totale di circa 2mila persone.
Pur ammettendo l’esistenza delle «falle» la ministra della Cultura, Rachida Dati, ha sostenuto che i protocolli abbiano funzionato. Dopo la relazione dell’ispettorato il suo ministero ha annunciato una serie di provvedimenti, tra i quali una più capillare sorveglianza delle aree esterne e la creazione di una nuova struttura della polizia, che risponderà direttamente alla presidenza della Repubblica, incaricata di individuare i problemi di sicurezza del Louvre per suggerire soluzioni.
«Il museo non era progettato per ricevere dai 10 ai 12 milioni di visitatori all’anno. Siamo obbligati ad adattarlo alle nuove forme di criminalità», ha detto la ministra. Tra i possibili miglioramenti, il capo della polizia Faure ha citato i sistemi d’intelligenza artificiale per rintracciare le anomalie e i movimenti sospetti, comunque senza impiegare il riconoscimento facciale.
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