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  • Venerdì 31 ottobre 2025

Cosa non va nel progetto del ponte sullo Stretto, secondo la Corte dei conti

Ci sono problemi molto concreti: aumenti di costi ingiustificati, deroghe ai vincoli ambientali e documenti incompleti

Il presidente della Corte dei conti Guido Carlino durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario il 14 Febbraio 2025 a Roma (ANSA/Giuseppe Lami)
Il presidente della Corte dei conti Guido Carlino durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario il 14 Febbraio 2025 a Roma (ANSA/Giuseppe Lami)
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Dopo che la Corte dei conti non ha approvato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, e dopo le molte polemiche politiche che ne sono nate, restano da capire i motivi della decisione: la Corte ora ha 30 giorni per pubblicarli, ma è probabile che non si discostino molto dai problemi che aveva già individuato e fatto notare negli ultimi mesi. Sono problemi molto concreti, che hanno a che fare con aspetti tecnici, e per questo hanno una certa rilevanza anche se la valutazione della Corte non è vincolante per il governo.

La Corte dei conti è l’organo che controlla i conti dello Stato e sul progetto del ponte ha svolto quello che tecnicamente si chiama “controllo preventivo di legittimità”, una procedura che serve a stabilire se un atto del governo sia conforme alla legge, in particolare dal punto di vista contabile. Alla fine del controllo la Corte può dare un “visto di legittimità” all’atto e ammetterlo per la registrazione in Gazzetta Ufficiale, così che diventi efficace, oppure può non dare il visto.

Nel caso del ponte sullo Stretto, l’atto su cui si è espressa la Corte è la delibera con cui lo scorso agosto il Cipess (l’organo di governo che approva gli investimenti pubblici e decide la destinazione dei fondi statali) aveva approvato il progetto del ponte e i finanziamenti che sarebbero serviti per realizzarlo. Secondo Repubblica la delibera è stata definita «insufficiente e in alcuni casi errata» dalla magistrata della Corte dei conti Carmela Mirabella, durante la riunione che ha preceduto la decisione.

Già a settembre la Corte aveva sollevato diversi dubbi sui documenti ricevuti, tanto che aveva rinviato il procedimento di controllo per chiedere alcuni chiarimenti al governo, al ministero delle Infrastrutture e al Dipe (la segreteria del Cipess). In un documento di sei pagine, la Corte esprimeva le sue perplessità, a partire dalle deroghe ai vincoli ambientali.

La commissione di valutazione di impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, infatti, aveva espresso un parere positivo sul progetto nel complesso, ma aveva segnalato che il ponte avrebbe potuto avere ricadute ambientali negative su alcune zone. Per questo la commissione aveva approvato il progetto con una deroga che poneva alcune condizioni. Tra queste, c’era anche il fatto che il ponte fosse realizzato per motivi di rilevante interesse pubblico: a questo scopo il Consiglio dei ministri aveva quindi approvato una relazione (l’IROPI, Imperative Reasons of Overriding Public Interest) in cui dichiarava il ponte un’infrastruttura di interesse militare. La procedura serviva di fatto ad aggirare il vincolo ambientale ed era stata per questo molto contestata.

Un’altra grossa questione per la Corte sono i limiti della direttiva europea sugli appalti pubblici, che impone di fare una nuova gara quando i costi del progetto aumentano di più del 50 per cento rispetto a quelli iniziali. Per costruire il ponte, infatti, è stato riattivato un contratto stipulato nel 2005 con il consorzio Eurolink, un raggruppamento di aziende guidato dalla grande impresa di costruzioni Webuild, e in questo periodo di tempo i costi dei lavori affidati a Eurolink sono aumentati dai 3,8 miliardi del 2005 a 10,5 miliardi.

Altri problemi segnalati dalla Corte hanno riguardato alcuni aumenti di spese che non sembravano essere adeguatamente motivati, in particolare i costi per la sicurezza, passati da 97 a 206 milioni, e quelli per le opere compensative (cioè gli interventi realizzati per compensare l’impatto negativo di una certa opera, in casi del genere con scopi sociali e ambientali). I magistrati avevano espresso dubbi anche su come il Cipess aveva scelto la società di consulenza TPlan Consulting e su come aveva valutato i risultati dei suoi studi sulle previsioni di traffico e sui pedaggi da applicare a chi userà il ponte.

Infine la Corte aveva fatto rilievi anche sull’incompletezza di alcuni documenti e sulle modalità, secondo loro non idonee, con cui alcuni di questi erano stati trasmessi, cioè attraverso link. La magistrata Mirabella ha detto che alla richiesta della Corte di fare chiarezza su alcune schede sui costi, i ministeri avevano risposto che erano state fornite per errore schede non aggiornate. A questo si aggiungeva, secondo i magistrati, anche la mancanza di alcuni documenti, come il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici (un organo da cui è obbligatorio ottenere pareri sulla fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici superiori a certi importi) e quello dell’Autorità di regolazione dei trasporti, che interviene su concessioni, accesso alle infrastrutture e tariffe.

A ottobre la Corte dei conti aveva ricevuto ulteriori documenti che avrebbero dovuto chiarire questi dubbi. Anche con queste integrazioni, però, i magistrati dell’Ufficio di controllo della Corte (quello che analizza in modo preliminare gli atti) avevano ritenuto che ci fossero ancora dei punti non chiari e avevano trasmesso gli atti alla Sezione centrale di controllo legittimità della Corte dei conti, che è quella che mercoledì non ha approvato la delibera del Cipess.