Le elezioni presidenziali in Irlanda sono più politiche del solito
Anche perché ci sono solo due candidate: una di sinistra, che sa palleggiare, e una del governo, più istituzionale

Alle elezioni presidenziali di venerdì in Irlanda se la giocano due candidate molto diverse tra loro, per immagine e storia politica. La favorita è Catherine Connolly, un’indipendente di sinistra. L’altra è Heather Humphreys, che è stata ministra in tutti i governi della coalizione nata nel 2020 tra Fine Gael, il suo partito di centrodestra, e Fianna Fáil, quello centrista del primo ministro Micheál Martin. Connolly si presenta come l’alternativa a questo establishment, Humphreys come la sua protettrice.
Fino a due settimane fa c’era anche un terzo candidato: Jim Gavin di Fianna Fáil. Gavin poi si è ritirato, ma l’ha fatto troppo tardi per essere rimosso dalle schede, e questo complica un po’ le cose. Le elezioni comunque non prevedono ballottaggio.
In Irlanda il presidente ha funzioni principalmente cerimoniali. Nel tempo però l’incarico ha guadagnato rilevanza e visibilità, anche per il modo più politico in cui il presidente uscente Michael D. Higgins ha interpretato il ruolo, con interventi che hanno contribuito a indirizzare il dibattito pubblico nell’arco dei suoi due mandati.

Il presidente Michael D. Higgins durante una partita del torneo di rugby Sei Nazioni a Dublino, lo scorso 8 marzo (David Rogers/Getty Images)
La docente Gail McElroy, che insegna scienze politiche al Trinity College di Dublino, spiega che in questa campagna elettorale si è parlato di temi estranei ai poteri della presidenza: una cosa strana per le presidenziali irlandesi, che di solito non hanno una connotazione politica così evidente, proprio per l’imparzialità del ruolo che viene rinnovato. Per esempio Connolly si è esposta parecchio sulla politica estera, che è prerogativa del governo e non della presidenza, mostrandosi molto vicina alla causa palestinese.
Connolly è in netto vantaggio nei sondaggi: i più recenti gliene attribuiscono uno di 18 punti su Humphreys. È stata sostenuta, oltreché dai partiti di sinistra minori che avevano creduto nella sua candidatura fin dall’inizio (tra cui Laburisti, Verdi e Socialdemocratici), da Sinn Féin, il principale dell’opposizione, di sinistra e nazionalista. Sinn Féin ha rinunciato a candidare propri esponenti, a partire dalla leader Mary Lou McDonald, perché pensava che Connolly avesse più possibilità di vincere.

Heather Humphreys in una foto diffusa dalla sua campagna elettorale (dal sito del comitato)
Anche il ritiro del candidato di Fianna Fáil ha contribuito a far sì che queste elezioni diventassero più politiche del solito. Tradizionalmente infatti alle presidenziali irlandesi i partiti politici cercano di presentare un proprio candidato o di sostenerne uno indipendente, e gli elettori scelgono più in base alla persona che con criteri ideologici. Quest’anno la presenza di due sole candidate ha fatto sì che il dibattito si polarizzasse sullo scontro tra campo governativo e anti-governativo.
L’ex ambasciatore irlandese in Italia Bobby McDonagh spiega che molti elettori vorrebbero una presidente che faccia «da contraltare al governo centrale e ai partiti centristi che governano da sempre».
Connolly, da questo punto di vista, risponde alle aspettative. Soprattutto a quelle delle persone giovani, deluse dai governi centristi che non hanno risolto la crisi abitativa nonostante abbiano molti soldi da spendere grazie alle tasse delle multinazionali che hanno sede in Irlanda per ragioni fiscali. È riuscita a intercettarle anche grazie a una campagna sui social molto più efficace di quella della rivale.
I keepie uppies, come vengono chiamati in inglese, sono diventati uno dei simboli della campagna della sinistra, al punto che vengono copiati nei video di endorsement
Per esempio sono diventati virali i video in cui Connolly palleggia, o in generale quelli in cui mostra dimestichezza con gli sport. A differenza di Humphreys, inoltre, si è fatta intervistare da diversi podcast seguiti dai giovani (in uno ha raccontato di aver partecipato a una corsa di 10 chilometri mentre era incinta). La docente McElroy racconta che questi contenuti hanno contribuito a conferire a Connolly un’immagine più giovanile, nonostante sia di poco più vecchia di Humphreys (di sei anni, ne ha 68).
Connolly è stata sostenuta anche dai Kneecap, il gruppo rap nordirlandese sempre più famoso anche al di fuori dell’Irlanda e del Regno Unito
Humphreys è una politica esperta, più di Connolly che non ha ricoperto incarichi governativi anche se è stata per un anno sindaca di Galway, ma è apprezzata più all’interno del partito e della sua area politica che al di fuori. Peraltro non era la prima scelta di Fine Gael, che inizialmente aveva candidato l’ex commissaria europea Mairead McGuinness, una candidata più forte e nota. Ad agosto però McGuinness si era ritirata per ragioni di salute e il partito aveva puntato su Humphreys.
Negli ultimi giorni della campagna elettorale Humphreys ha provato a intensificare gli attacchi a Connolly, anche nel tentativo di recuperare. L’ha accusata per esempio di aver approfittato delle sventure delle persone perché, da avvocata, aveva lavorato per le banche britanniche durante la crisi finanziaria del 2008 (anche se in Irlanda solo in casi eccezionali un avvocato può rifiutare un caso). La campagna di Connolly aveva risposto che le polemiche segnavano «un nuovo punto più basso» e sembravano copiate dallo stile divisivo del presidente statunitense Donald Trump.
Connolly ha mantenuto il vantaggio nei sondaggi nonostante il suo punto forte, la politica estera, sia stato anche il principale motivo di critiche.
Lo schieramento governativo infatti la racconta come una politica troppo radicale, a partire dalle sue critiche all’Unione Europea e alla NATO. Gli avversari inoltre hanno posto molto l’attenzione su un suo viaggio in Siria nel 2018, quand’era ancora al potere Bashar al Assad, in sostanza per accusarla di essere amica dei dittatori. Connolly andò a visitare il campo palestinese di Yarmouk ma incontrò anche persone vicine al regime, e durante la campagna elettorale ha cercato di eludere l’argomento.

Il primo ministro Micheál Martin diretto verso il parlamento per insediarsi, lo scorso 23 gennaio, con un giorno di ritardo (EPA/MAXWELL’S)
Abbiamo detto che c’era un terzo candidato, Jim Gavin. Il suo ritiro è stato uno smacco per il primo ministro Martin, perché in pratica l’aveva imposto al partito. Gavin non aveva esperienza politica e l’operazione si fondava sulla sua fama di ex allenatore di calcio gaelico. Si è ritirato per uno scandalo (l’accusa di non aver restituito 3.300 euro a un suo ex inquilino) ma già prima la sua campagna non stava andando benissimo.
«Gavin è passato dal record per aver vinto cinque titoli irlandesi di fila a farne un altro come peggior disastro elettorale di Fianna Fáil», ha commentato l’Irish Times, il principale quotidiano irlandese. La figuraccia ha portato un pezzo del partito a mettere in discussione la leadership di Martin, che finora era stata molto solida. Il primo ministro ha esortato a votare Humphreys, ma non è scontato che tutta la base lo segua.
C’è infine una questione pratica. Gavin si è ritirato oltre i termini previsti e quindi il suo nome è sulle schede. Nei sondaggi a questo «candidato fantasma» viene attribuito ancora il 5 per cento. Qui va citata una specificità del sistema elettorale irlandese: il voto trasferibile. Chi vota può mettere i candidati in ordine di preferenza. All’inizio vengono contate le “prime preferenze” dei candidati (per capirci, le volte che c’è 1 a fianco del nome) e viene escluso quello che ne ha meno: le sue “seconde preferenze” vengono contate e divise tra gli altri candidati, finché non ne restano due. È probabile che la maggior parte delle seconde preferenze di Gavin vadano ad Humphreys, anche se non in misura sufficiente a ribaltare l’esito delle elezioni.
– Leggi anche: L’Irlanda ha molti soldi da spendere, ma nessuna soluzione per la crisi abitativa



