Un inatteso effetto collaterale dei vaccini contro il COVID-19
Quelli a mRNA fanno funzionare meglio alcune terapie contro il cancro, ha scoperto un gruppo di ricerca

È noto che i vaccini a mRNA contro il coronavirus hanno salvato milioni di vite negli anni più difficili della pandemia. Più recente è invece la scoperta che probabilmente hanno anche aiutato alcune persone con un tumore a vivere più a lungo. Secondo il gruppo di ricerca che ha analizzato la loro storia clinica, infatti, la tecnologia a mRNA ha amplificato l’effetto di un particolare tipo di terapia immunitaria che viene utilizzata per trattare alcuni tumori del polmone e della pelle.
Lo sviluppo dei vaccini a mRNA risale a molti anni fa, ma aveva subìto una forte accelerazione a partire dal 2020, quando quel tipo di tecnologia sembrava essere la candidata ideale per prevenire le forme più gravi di COVID-19. I test clinici ne confermarono l’efficacia e la sicurezza, e diventò in poco tempo la principale risorsa per tenere sotto controllo la malattia e di conseguenza l’emergenza sanitaria in buona parte del mondo. Fu un successo, tanto da far meritare il Premio Nobel per la Medicina a Katalin Karikó e a Drew Weissman, che con le loro scoperte ne avevano reso possibile lo sviluppo.
I vaccini a mRNA contro il COVID-19 sono usati ancora oggi e fanno sì che il sistema immunitario diventi reattivo, imparando a riconoscere alcune caratteristiche del coronavirus e a tenerlo sotto controllo prima che possa fare danni. Il gruppo di ricerca, dell’Università della Florida (Stati Uniti), si è chiesto se l’alta risposta immunitaria innescata dai vaccini a mRNA fosse tale da avere effetti anche su altre terapie, che sfruttano sempre il sistema immunitario per indurlo a distruggere le cellule tumorali.
Una di queste, che interviene su certi tipi di “freni” (gli inibitori dei checkpoint immunitari) che solitamente sono usati dalle cellule immunitarie per non attaccare le altre cellule dell’organismo, ha permesso di migliorare il trattamento di alcuni tumori, ma non è sempre efficace perché spesso il sistema immunitario di chi la riceve rimane poco reattivo e non va a cercare e distruggere i tumori.
Il gruppo di ricerca aveva trovato indizi sul fatto che i vaccini a mRNA possono stimolare il sistema immunitario a beneficio delle terapie di quel tipo, grazie a uno studio sui topi. Avute le prime conferme, il gruppo di ricerca ha quindi analizzato i registri clinici di oltre mille persone affette da alcuni tipi di cancro al polmone e di melanoma (il tumore della pelle). Hanno notato che chi aveva ricevuto un vaccino a mRNA contro il COVID-19 entro 100 giorni dall’inizio dell’immunoterapia per un tipo di cancro al polmone aveva raddoppiato il proprio tempo di sopravvivenza, passando da 21 a 37 mesi. I risultati erano positivi anche per il melanoma, con tempi di sopravvivenza tali da non rendere possibile la formulazione di una stima confrontabile, perché molti pazienti erano ancora in vita.
I risultati migliori sono stati osservati tra le persone che avevano ricevuto il vaccino entro 100 giorni dall’inizio della terapia, ma il gruppo di ricerca ha fatto ulteriori calcoli stimando che il periodo per massimizzare il risultato sia probabilmente di 30 giorni. I benefici sono stati inoltre osservati solamente nel caso del vaccino a mRNA e non con quelli “classici” e già usati da decenni, come quelli antinfluenzali.
Il gruppo di ricerca ipotizza che siano alcune caratteristiche dei vaccini a mRNA, come la loro azione diretta all’interno delle cellule grazie a un sistema di consegna che protegge il materiale genetico in minuscole bolle oleose (formate da nanoparticelle lipidiche), a renderli ideali. L’attivazione del sistema immunitario, e in particolare delle cellule che si occupano di distruggere quelle tumorali, viene poi aiutata dalla terapia basata sugli inibitori dei checkpoint immunitari. Per avere ulteriori conferme, il gruppo di ricerca ha in programma di realizzare un test clinico, in modo da verificare tutte le condizioni in un contesto con meno variabili e su pazienti che possono essere osservati direttamente.
In linea teorica, avere vaccinato miliardi di persone potrebbe avere portato a un vantaggio per chi era sottoposto o stava per essere sottoposto a questo tipo di terapie immunitarie per contrastare i tumori negli anni scorsi. Se i test clinici lo confermeranno, la somministrazione di particolari vaccini a mRNA potrà essere valutata come terapia di aiuto, da affiancare ai vaccini specificamente sviluppati contro i tumori e su cui c’è ancora molta ricerca da fare.
Gli studi sui vaccini a mRNA stanno però subendo un forte rallentamento, soprattutto in seguito alla decisione del governo di Donald Trump di tagliare oltre 500 milioni di dollari di fondi pubblici per la loro ricerca negli Stati Uniti. Il segretario della Salute statunitense, Robert F. Kennedy Jr, ha avuto in più circostanze posizioni antivacciniste sostenendo senza prove che abbiano fallito nel proteggere contro il COVID-19, nonostante i dati e il consenso scientifico dicano il contrario.



