In Serbia gli studenti protestano da quasi un anno
Nonostante la repressione molto violenta: chiedono elezioni anticipate, ma il presidente Vučić prende tempo

In Serbia stanno continuando le grosse proteste contro il governo e contro il presidente Aleksandar Vučić cominciate circa un anno fa, a novembre del 2024. Erano iniziate dopo il crollo di parte della stazione ferroviaria di Novi Sad (la seconda città più importante del paese), nel quale erano morte 16 persone, e in poco tempo sono diventate manifestazioni molto estese contro la corruzione della classe politica.
Le proteste sono guidate dagli studenti, che a lungo hanno occupato decine di facoltà universitarie e organizzato manifestazioni quasi quotidiane. Molte facoltà sono ancora occupate, e gli studenti hanno convocato una nuova grande manifestazione a Novi Sad per il prossimo 1° novembre, nel primo anniversario del crollo della stazione. Da alcune città gli studenti hanno già iniziato lunghe marce per raggiungerla (le marce erano diventate, a un certo punto, una delle caratteristiche principali della mobilitazione studentesca).
Uno dei post che gli studenti della facoltà occupata di Filosofia di Novi Sad hanno dedicato alla manifestazione prevista per il 1° novembre, con la scritta «lì dove tutto ha avuto inizio».
Chi protesta chiede tra le altre cose che vengano indagati e processati i responsabili del crollo, che vengano aumentati i fondi all’istruzione e, da qualche mese, che vengano organizzate elezioni anticipate. Le elezioni normalmente sarebbero previste entro la fine del 2027: Vučić, che governa dal 2012 in modo sempre più autoritario, ha detto che per adesso non ha intenzione di organizzarle ma potrebbe farlo verso la fine del 2026 (quindi prima della scadenza naturale della legislatura, ma comunque troppo tardi per i manifestanti).
Inizialmente gli studenti non chiedevano elezioni anticipate, anche perché in Serbia vince regolarmente il partito di Vučić, il Partito Progressista Serbo (SNS), grazie a diffuse irregolarità. Ora invece gli studenti dicono che intendono partecipare alle future elezioni con liste proprie, non legate ad alcun partito: ci stanno lavorando da mesi, ma non le hanno ancora presentate. Secondo alcuni sondaggi avrebbero più sostegno dell’SNS.
Da mesi il governo reprime con violenza le proteste, arrestando gli studenti e disperdendo i manifestanti con la forza. In alcuni casi le persone arrestate hanno subìto maltrattamenti e gravi abusi da parte della polizia. Decine di insegnanti che hanno sostenuto in vario modo le proteste sono stati licenziati. I tabloid vicini al governo hanno continuato a screditare i manifestanti con accuse false, e l’SNS ha organizzato anche raduni filogovernativi, aumentando la polarizzazione della società serba. Da mesi davanti al parlamento c’è un accampamento di sostenitori del governo: mercoledì un uomo lo ha attaccato con un’arma da fuoco, ferendo una persona.

Alcuni scontri tra manifestanti e polizia a una protesta contro le violenze della polizia nei confronti dei manifestanti, il 5 settembre a Novi Sad (AP/Darko Vojinovic)
La violenza delle autorità nel corso delle ultime settimane ha avuto l’effetto, almeno in parte, di scoraggiare i manifestanti e diminuire un po’ l’intensità delle proteste. Ha anche spinto l’Unione Europea a criticare in modo più aperto il governo, dopo che all’inizio aveva ignorato il tema, tra le altre cose anche perché negli anni ha collaborato strettamente con Vučić su diverse questioni (una delle più recenti è un progetto sullo sfruttamento delle terre rare in Serbia). Nelle ultime settimane la Commissione Europea e il Parlamento Europeo hanno più volte criticato la Serbia per la repressione delle proteste.
Per ora i manifestanti dicono di voler continuare a protestare, anche se le elezioni anticipate non sembrano molto probabili: se ci saranno, però, si porrà anche il tema della collaborazione tra gli studenti e i partiti dell’opposizione. Finora gli studenti l’hanno rifiutata, sostenendo che le loro rivendicazioni riguardino tutta la società serba. Secondo diversi esperti, una qualche forma di collaborazione potrebbe essere necessaria in futuro, per avere maggiori possibilità di ottenere la maggioranza in parlamento.
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