A Schio manca solo una cosa da fare, nel basket femminile
Vincere l'Eurolega e diventare la migliore pure in Europa: per riuscirci ha messo su una grande squadra, in cui è tornata Cecilia Zandalasini
di Giorgia Bernardini

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Lungo il perimetro del campo da basket del palazzetto Livio Romare di Schio, in provincia di Vicenza, sono appesi al soffitto tanti stendardi quanti sono i trofei vinti dal Famila Schio, da anni la miglior squadra femminile nel basket italiano. Ci sono 13 scudetti, 16 Coppe Italia, 14 Supercoppe italiane, un’EuroCup. Le coppe vere e proprie sono esposte in una sala laterale al campo, con le mura arancioni come il colore della squadra, assieme a medaglie e retine di canestri tagliate, ricordi di finali e vittorie. Tra tutti i trofei ne manca però uno, il più importante nel basket: l’Eurolega.
In Eurolega giocano le sedici migliori squadre in Europa, e da quando il torneo si chiama così (dal 1996) Schio è tra quelle che hanno partecipato più volte. Non l’ha mai vinta: il suo miglior risultato è il terzo posto del 2023. Mai come in questa stagione, però, ha una squadra forte e attrezzata per provare a farlo. «La finale di Eurolega è la partita per cui una squadra come Schio si allena tutto l’anno», dice il team manager Ciro Scauzillo, certificando la grande ambizione.
Per provare a vincere l’Eurolega la società quest’anno ha costruito una squadra composta da tredici giocatrici molto forti, che potrebbero quasi tutte giocare titolari. Oltre alla qualità, una gran quantità di giocatrici competitive è necessaria per una squadra che deve affrontare una stagione lunga e logorante, tra campionato, Eurolega e altre coppe nazionali. Di fatto Schio al momento ha a disposizione due squadre e mezzo (a basket si gioca in cinque). Come allenatore è stato scelto Victor Lapeña, cinquantenne spagnolo con varie esperienze in squadre che le coppe europee le hanno sempre giocate (e a volte pure vinte).
Schio ha cominciato la stagione vincendo un altro trofeo: la Supercoppa italiana
La squadra è molto cambiata: in estate sono arrivate sei giocatrici nuove, tutte di alto livello, tre delle quali giocano in WNBA, il campionato femminile statunitense che si tiene da maggio a ottobre (è abbastanza comune che le cestiste giochino anche per un’altra squadra all’estero, durante la pausa della WNBA). Ci sono Jessica Shepard, centro delle Minnesota Lynx, e la spagnola Maria Conde, che sarebbe delle Golden State Valkyries ma a causa di un infortunio nella stagione appena conclusa non ha giocato neanche una partita. Anche se in ruoli diversi, entrambe sono giocatrici eccezionali per capacità tecniche e fisiche, con un carisma e un’esperienza internazionale che possono essere decisive per vincere le partite in Eurolega.
Soprattutto è tornata Cecilia Zandalasini, la miglior giocatrice italiana degli ultimi anni, che a Schio aveva iniziato la carriera da professionista nel 2014, allora poco più che diciottenne. A Schio Zandalasini è rimasta fino al 2017, prima di trasferirsi in Turchia al Fenerbahçe e poi alla Virtus Bologna (che ha chiuso nel 2024) e al Galatasaray, con in mezzo alcune stagioni in WNBA con le Minnesota Lynx e, l’ultima, con le Golden State Valkyries. Fra le giocatrici confermate dallo scorso anno invece ce ne sono tre della Nazionale italiana che ha vinto il bronzo agli Europei la scorsa estate: la playmaker Costanza Verona e i due centri Jasmine Keys e Olbis Futo Andrè.
Non ci sono, in Italia, squadre paragonabili a Schio per prestigio e ambizioni. Ha vinto 5 degli ultimi 7 campionati, e ha cominciato la stagione battendo la Reyer Venezia (la principale rivale di questi anni) in Supercoppa italiana. Qui «non è ammessa la sconfitta», riassume, con un po’ di enfasi, la playmaker Giorgia Sottana, 36 anni. Sottana è una giocatrice che con Schio ha vinto tanto: 7 scudetti, 9 Coppe Italia e 8 Supercoppe italiane. Quando è arrivata, nel 2012, il Famila era già da qualche anno una delle squadre più forti (il primo Scudetto è del 2005).
A quel tempo Sottana aveva 23 anni e aveva già giocato nove stagioni in Serie A (esordì nel 2003 con Venezia, a quindici anni), ma nonostante fosse una giocatrice già esperta e avesse vinto l’anno prima uno scudetto con Taranto, l’arrivo a Schio non fu semplice. In quella squadra c’erano, fra le altre, giocatrici di grande talento e personalità come Laura Macchi e Raffaella Masciadri. Per giocare con loro Sottana dovette migliorare ancora: questo, allora come oggi, di fatto è ciò che viene richiesto a ogni giocatrice che arriva.
La playmaker, il ruolo di Sottana, è colei che gestisce i ritmi del gioco e fa partire quasi ogni azione. «Nel guidare in campo persone più grandi di me ci sono stati momenti che mi hanno fatto dubitare di me stessa e delle mie capacità», ha detto Sottana. Poi dice di aver capito che «il segreto non è imporre il tuo volere, ma ascoltare il loro volere». Sottana è rimasta a Schio fino al 2017 e, dopo un paio di esperienze all’estero, ci è tornata nel 2020.
Oggi rimane la principale leader carismatica della squadra. È una capitana molto rispettata e resta ancora una delle giocatrici italiane più forti della Serie A, sebbene nelle ultime stagioni i suoi minuti in campo siano diminuiti: nelle prime due partite giocate in Eurolega da Schio (una persa 73-70 con il Galatasaray, l’altra vinta 82-65 con il Sopron), ha giocato in tutto 18 minuti (su 80), totalizzando 7 punti e 6 assist. Con gli anni e con l’esperienza è diventata una giocatrice con un ruolo molto specifico: rimettere un po’ di ordine in campo nei rari momenti in cui Schio va in confusione. In qualsiasi altra squadra di Serie A giocherebbe ancora tanto, probabilmente, ma Schio è una squadra diversa dalle altre.

Un tiro di Giorgia Sottana (Luca Taddeo/Famila Basket Schio)
Le squadre più forti d’Europa, come le turche Fenerbahçe o il Galatasaray, sono molto ricche soprattutto perché sostenute dai rispettivi club maschili (polisportive con anche squadre di calcio) e pure dal governo. Dal 1987 il presidente di Schio è Marcello Cestaro, proprietario tra le altre cose della catena di supermercati Famila (lo sponsor principale che dà il nome alla squadra). Col tempo Cestaro e il direttore generale Paolo De Angelis, arrivato nel 2003, sono riusciti a creare una struttura professionalizzata dentro a una società femminile di basket, una cosa tutt’altro che scontata in Italia. Dal 2012 la società ha deciso di prendere solo allenatori stranieri: «Questo non vuol dire che i coach italiani non siano bravi, ma noi volevamo prendere degli allenatori che avessero anche esperienza internazionale», dice Scauzillo, che fa il team manager dal 2017.
Di Lapeña dice di aver apprezzato da subito il gioco veloce in attacco e con una difesa molto aggressiva. È una cosa che parte dall’allenamento. Quando sembra diminuire la concentrazione delle giocatrici, Lapeña ferma tutto e le richiama in inglese: «Ci mettiamo a cantare? Volete una chitarra?», e poi specifica: «Vogliamo fare una festa?». Le giocatrici lo osservano in silenzio e poi, a un suo cenno, una di loro riparte palleggiando diretta verso il canestro della metà campo opposta. Da lì in poi per tutto l’allenamento l’intensità resta altissima, senza interruzioni simili.
Zandalasini dice che Lapeña è un allenatore che chiede di non abbassare mai la concentrazione e di pensare sempre all’azione successiva: «Magari in partita ti sembra ci sia un momento in cui non sta succedendo niente, e invece ti trovi quel mezzo passo indietro che alla fine può far la differenza». Durante l’allenamento esorta di continuo le giocatrici ad aumentare il ritmo dei passaggi, a muovere sempre la palla fino a trovare la giocatrice più libera per tirare a canestro.
Una parte dell’allenamento è dedicata ad allenare la difesa a zona (in cui ogni giocatrice non marca una determinata avversaria, ma difende contro chi passa nella sua parte di campo). Sul tabellone viene impostato un tempo di 40 minuti, l’intera durata di una partita di basket: tutto è finalizzato a riprodurre la pressione fisica e mentale di una partita giocata punto a punto, come spesso accade nelle gare più competitive di Eurolega.

Victor Lapeña (Luca Taddeo/Famila Basket Schio)
Dopo una stagione abbastanza negativa al Galatasaray, Zandalasini ha deciso di tornare «perché l’idea di stare in giro 360 giorni l’anno non fa più per me e Schio è la migliore squadra che c’è in Italia». E anche perché non c’è stagione migliore di questa, a Schio, per provare a vincere l’Eurolega, uno dei pochi trofei che mancano anche a lei (che nel 2017 vinse la WNBA). «Io sono qui per vincere più partite possibili, quindi qualsiasi cosa mi verrà chiesta cercherò di farla», dice.
Quello che secondo Zandalasini ha reso Schio una squadra capace di vincere tanto e per tanti anni consecutivi è stata la continuità nel fare le cose per bene e il non accontentarsi mai, nemmeno in caso di vittoria, non solo per le giocatrici acquistate, ma anche in termini di ciò che la società mette a disposizione delle sue giocatrici e dello staff tecnico. Ci sono un palazzetto moderno, un team manager a disposizione delle giocatrici per risolvere qualsiasi necessità dentro e fuori dal campo, la possibilità di usare la lounge degli aeroporti durante le trasferte. Quando la mattina arriva al PalaRomare per l’allenamento, Lapeña guida un’auto con il logo del Famila Schio che la società gli ha messo a disposizione. Sembra una banalità, ma quasi nessuna società femminile di basket in Italia ha i mezzi per offrire questi benefit alle sue giocatrici e al suo staff.
Nella scorsa estate, in WNBA con le Golden State Valkyries, Zandalasini ha giocato le partite di casa al Chase Center, un palazzetto di San Francisco capace di ospitare 18mila persone e che è stato soldout per tutta la stagione. Dove si allenano, le Valkyries hanno a disposizione tre campi uno di fianco all’altro, che rendono più semplice dividersi per fare esercizi di tiro, per esempio. In Europa, e in Italia soprattutto, quasi non esistono cose del genere. Anche tenendo conto che Schio è una cittadina di 39mila abitanti, in proporzione quello che dà alle sue giocatrici è comunque notevole.«Qui ti mettono nella condizione giusta per giocare, ti tolgono ogni tipo di altra preoccupazione pratica», conclude Zandalasini.













