Le aziende che si occupano dei passeggeri quando un volo viene cancellato

È un mercato cresciuto di recente perché le compagnie aeree ne hanno sempre più bisogno, viste le interruzioni sempre più frequenti

di Francesco Gaeta

Passeggeri all'aeroporto di Berlino il 22 settembre 2025 (Michael Ukas/dpa)
Passeggeri all'aeroporto di Berlino il 22 settembre 2025 (Michael Ukas/dpa)
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A settembre le compagnie aeree attive in Europa hanno dovuto affrontare un’inedita prova di resistenza durata una settimana. Il 19 e 20 del mese un attacco informatico ai sistemi di check-in ha colpito gli aeroporti di Londra Heathrow, Bruxelles e Berlino, generando molte cancellazioni e ritardi. Pochi giorni dopo, tra il 22 e il 25, l’avvistamento di droni ha imposto chiusure agli scali danesi, causando altri rallentamenti e dirottamenti.

Per i passeggeri sono stati disagi, per chi doveva farli viaggiare un aggravio economico. Secondo Eurocontrol, l’ente che vigila sul traffico aereo europeo, ogni volo riprogrammato costa a una compagnia circa 21mila euro, ma la cifra può essere superiore per gli aerei più grandi. La voce principale è la “riprotezione del passeggero”: un regolamento europeo, il 261 del 2004, impone che per ritardi oltre le 5 ore le compagnie debbano offrire ai clienti pasti, pernottamenti in hotel e voli alternativi, o in alternativa rimborsare il biglietto.

Prenotare camere d’albergo per centinaia di persone, gestire i loro trasferimenti, assicurare pranzi o cene sono operazioni complesse. Come accaduto per altre attività della filiera – per esempio il rifornimento di carburante – da tempo le compagnie trovano più economico affidarsi a operatori specializzati. Sono nate così le aziende del cosiddetto disruption management, cioè di gestione delle interruzioni di volo. È un settore in crescita vista la sempre maggiore congestione del traffico aereo, e attualmente è presidiato da un numero ristretto di operatori internazionali. A livello europeo l’azienda più rilevante è italiana, si chiama Value Group ed è nata nel 2001 come piccola impresa familiare. Questa estate ha “riprotetto” oltre 1 milione di passeggeri negli aeroporti di 24 paesi europei.

Code ai check-in dell’aeroporto di Berlino dopo l’attacco informatico del 22 settembre (Michael Ukas/dpa)

In quello che viene anche definito “mercato dell’imprevisto” – gli addetti ai lavori usano la sigla IROPs, Irregular Operations – non tutti fanno la stessa cosa. C’è un primo gruppo di aziende che offre servizi di centro di assistenza multilingue per i clienti. L’azienda indiana VoyagerAid per esempio offre piattaforme di self-service e supporto passeggeri per la ri-prenotazione. OpsLab, con sede negli Stati Uniti, fornisce strumenti che automatizzano il riassetto degli orari in caso di interruzione dei voli.

Un secondo gruppo di operatori lavora su singole parti della filiera e senza strutture proprie. WNS, società quotata alla borsa di New York e che sta per essere acquisita dal gruppo Capgemini, per le operazioni di riprotezione a terra collabora con le società di gestione dei singoli scali. Ci sono poi le aziende che, come Value Group, presidiano tutta la filiera, dall’alloggio ai trasporti fino ai buoni pasto e al supporto fisico in aeroporto. Oltre all’azienda italiana rientrano in questo gruppo API (Accommodations Plus International) che da giugno è partecipata dal fondo statunitense Haveli Investments e dichiara una rete di oltre 6mila hotel partner; e TA Connections, controllata dal gruppo Corpay quotato alla borsa di New York, che dichiara oltre 160 compagnie servite e sforzi logistici misurati in «decine di milioni di notti» gestite ogni anno.

Come la sua più antica rivale – l’americana API, nata nel 1984 – Value Group si è occupata in origine non dei passeggeri ma di dare alloggio a piloti ed equipaggi. I casi di interruzione dei voli non erano così frequenti e il personale delle compagnie era sufficiente a gestirli. Dopo il Covid però gli organici si sono ridotti. È stato così per Lufthansa, che a fine 2024 contava un quarto di dipendenti in meno rispetto a cinque anni prima, e lo stesso è avvenuto per Air France-KLM e per IAG (British Airways, Iberia, Vueling, Aer Lingus). Questo sta aprendo nuove opportunità di affari. «Società come le nostre gestiscono oggi il caos al posto delle compagnie», spiega Thomas Sergnese, che è co-ceo di Value Group con Daniele Bocchieri.

Value Group opera in 433 aeroporti e l’anno scorso ha dato assistenza a 4,5 milioni di passeggeri. In 20 scali europei ha addetti che seguono i passeggeri di persona e in quelli con più traffico, come Malpensa e Heathrow, ha delle lounge di assistenza. Questo, dicono, «è una cosa che facciamo solo noi». Tra le cose interessanti c’è che da due anni il 60 per cento dell’azienda è di un fondo di private equity, Azimut Libera Impresa SGR, segno che il fatto di competere a livello globale ha richiesto un approccio più ambizioso rispetto alle abitudini di investimento di un’azienda familiare. Pare abbia funzionato: il fatturato era di 35 milioni nel 2023, è salito a quasi 50 l’anno dopo, e i dipendenti dai 140 dell’inizio dell’anno dovrebbero arrivare a 200 entro dicembre.

In concreto, per una società di disruption management «gestire il caos» significa mettere in connessione nel più breve tempo possibile le compagnie aeree con tre tipi di fornitori: alberghi, ristoratori, trasporti. Ci sono due modi per farlo. Il primo (e più diffuso) è agire da intermediario, cioè trovare la migliore tariffa possibile per camere, pasti e taxi o pullman in un dato momento e poi farsi pagare per le commissioni. Il secondo modo è lavorare da operatore finanziario, cioè comprare dai fornitori ciò che viene poi venduto alle compagnie a prezzi fissati nei contratti firmati periodicamente. Scegliere la seconda soluzione significa rischiare di più in termini di cassa (nel senso che si spendono più soldi e ci si prende dei rischi su quando e in quale misura saranno recuperati), ma ci sono anche grossi vantaggi. Spiega Sergnese: «Avere una rete di fornitori fidelizzati ci consente di offrire alle compagnie anche 500 camere d’albergo in una sola transazione: per loro è una garanzia di affidabilità».

La cosa essenziale è il tempo di reazione. Nei primi trenta minuti si gioca gran parte dell’esperienza del cliente e della reputazione della compagnia aerea. L’obiettivo è far capire subito al passeggero che qualcuno ha preso in mano la situazione. Gli operatori lavorano per fasi. Appena arriva la richiesta dalla compagnia parte un messaggio di “ricevuto” entro 1–2 minuti. In condizioni normali, entro mezz’ora arrivano le indicazioni operative — camere prenotate, indirizzi, orari dei transfer, eventuali buoni pasto — così lo scalo può informare i viaggiatori senza promettere tempi irrealistici. Dall’invio dei voucher al trasferimento in hotel il tempo dipende dal contesto.

I software supervisionano la rete dei fornitori per avere stime più rapide su camere, bus e pasti disponibili, ma anche dal lato delle compagnie per tenere conto di viaggiatori che hanno bisogno di assistenza.

Nel traffico europeo ci sono alcuni vincoli che chi si occupa di disruption management deve considerare. Francoforte ha un rigido coprifuoco notturno: se uno scalo o un arrivo slitta oltre mezzanotte, il volo va dirottato o cancellato. Londra Heathrow è un aeroporto saturo e lavora con slot strettissimi per decollo e atterraggio, addirittura di pochi minuti: un intoppo al gate o in pista si traduce in ritardi a catena. Poi ci sono gli aeroporti sensibili al meteo, magari per caratteristiche strutturali. Ne è un esempio Firenze, che ha una pista con un “orientamento critico” al vento, ma anche a Madeira, Málaga, Gibilterra e Bilbao basta un cambio di vento o di visibilità per complicare gli avvicinamenti e far scattare i dirottamenti. Chi gestisce le interruzioni deve prevedere finestre di rischio e pre-bloccare camere e bus negli scali alternativi.

Il settore sta diventando un pezzo di quella che oggi viene definita “l’economia dell’esperienza”. Il cosa, in questo caso il trasporto da un punto a un altro, è ormai una commodity, cioè qualcosa che viene dato per “scontato”. La differenza competitiva tra le aziende si gioca sul come, in questo caso come gestiscono l’imprevisto. Le compagnie competono cioè sulla qualità dell’esperienza durante la crisi: tempi di risposta, chiarezza delle informazioni fornite, coerenza del servizio tra scali diversi, attenzione a passeggeri vulnerabili.

Le aziende che si prendono cura dei passeggeri hanno il compito di trasformare un costo – quello obbligato dal regolamento europeo sui ritardi – in valore relazionale: riducono lo stress e preservano la reputazione della compagnia. Soprattutto aumentano la propensione del cliente ad acquistare di nuovo, riducendo reclami e rimborsi.