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  • Lunedì 22 settembre 2025

Si riparte da Hebron

È uscita una nuova puntata di Outpost, la newsletter di Daniele Raineri, che ora si trova nei Territori palestinesi occupati

La vista di Hebron dalla collina di Tel Rumeida, quartiere nel centro della città diventato colonia israeliana nel 1994. (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)
La vista di Hebron dalla collina di Tel Rumeida, quartiere nel centro della città diventato colonia israeliana nel 1994. (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)
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Ricomincia Outpost, la newsletter scritta da Daniele Raineri quando è in viaggio per il Post, ogni volta da un posto diverso del mondo. In questi giorni Daniele si trova nei Territori palestinesi occupati, di nuovo insieme al fotografo Gabriele Micalizzi, e racconterà cosa succede da lì non solo su Outpost ma anche, come al solito, negli articoli che troverete sul Post.

Di seguito potete leggere la prima puntata di Outpost dai Territori palestinesi, che è uscita oggi. Se vi piace e volete iscrivervi per ricevere quelle che arriveranno nei prossimi giorni, potete farlo qui.

Outpost non ha una cadenza fissa: arriva solo quando Daniele è in trasferta e si interrompe al suo ritorno in Italia. Non è detto che esca ogni giorno né che arrivi sempre alla stessa ora: se un giorno non ci sarà vorrà dire che Daniele si sta spostando, non ha una connessione internet o che per qualche ragione non è riuscito a inviarla. Outpost è gratuita, come tutti gli articoli pubblicati sul Post, ma esiste grazie al sostegno di chi si abbona, come tutto il lavoro che la rende possibile. Se vuoi, puoi fare la tua parte e abbonarti anche tu.

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Territori palestinesi occupati, 22 settembre 2025

Siamo atterrati a Tel Aviv sabato sera. Il mattino dopo siamo saliti su un treno per Gerusalemme, che è l’opzione più veloce e meno costosa, circa sette euro per meno di un’ora di viaggio. A Gerusalemme est abbiamo noleggiato una macchina. Con quella siamo andati a ritirare un tesserino plastificato blu rilasciato dal governo israeliano che ci accredita come giornalisti stranieri. È temporaneo e obbligatorio, senza non si va da nessuna parte.

Io sono Daniele Raineri, un giornalista del Post, e questa è la prima puntata dai Territori palestinesi occupati di Outpost, la newsletter che racconta le trasferte in aree di crisi. Con me c’è anche il fotografo Gabriele Micalizzi, detto “Mig”.

Hebron, 21 settembre 2025. Il check point per entrare a Tel Rumeida, nel centro della città di Hebron, colonia israeliana dal 1994. (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)

In Israele la destra estremista vuole l’annessione dei territori palestinesi, quelli che sono stati conquistati e occupati dai soldati israeliani nel 1967. Nei decenni successivi quasi un milione di coloni israeliani ha invaso i territori e costruito centinaia di colonie e avamposti. Nel luglio 2024 la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che la presenza di coloni israeliani nei territori palestinesi è illegale.

Adesso i due ministri più estremisti del governo israeliano parlano di annessione in modo che più esplicito non si può. Il 4 settembre il ministro Bezalel Smotrich ha rivelato un piano per prendere l’82 per cento dei Territori palestinesi (senza contare la Striscia di Gaza: vuole pure quella e ne loda il valore immobiliare, quando saranno finiti i massacri quotidiani di civili). Il 21 settembre il ministro Itamar Ben-Gvir ha detto che proporrà l’annessione dei Territori palestinesi come risposta al riconoscimento della Palestina annunciato in questi giorni da Regno Unito, Canada e Australia. I ministri vogliono una spinta espansiva di Israele, che già affaccia sul mare Mediterraneo, fino al fiume Giordano: “From the sea to the river” (dal mare al fiume).

Hebron, 21 settembre 2025. Una casa abbandonata dai palestinesi a causa dei soprusi dell’IDF, l’esercito israeliano. Le croci sulle scritte in arabo sono state fatte dagli israeliani. (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)

Guidare nei Territori palestinesi occupati mi mette addosso un po’ di nervosismo. Un motivo è che ci sono le torrette con i soldati dentro e i posti di blocco che sorvegliano il sistema della doppia circolazione. Ci sono strade dove le auto con targhe palestinesi non possono andare e ci sono uscite con grandi cartelli stradali rossi che ordinano agli israeliani di non entrare nelle città palestinesi. Un paio di anni fa ero con un palestinese su una macchina con targa palestinese (le targhe palestinesi sono bianche), abbiamo imboccato per sbaglio una strada solo per israeliani e un soldato ci ha puntato il fucile contro il parabrezza. Abbiamo ingranato la retromarcia piano e lui ha abbassato il fucile.

Hebron, 21 settembre 2025. Una guardiola nella colonia israeliana nel centro di Hebron. (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)

A questo giro ho una macchina con targa israeliana (le targhe israeliane sono gialle) e questo dovrebbe rendere gli spostamenti più veloci, ma è comunque meglio non fare errori. Le auto palestinesi sono costrette a fare giri molto più lunghi con più controlli e perdono più tempo. Un altro motivo di cruccio è che l’auto ha il cambio automatico e sono abituato a quello manuale.

Su tutte le trasferte giornalistiche nei Territori palestinesi dovrebbe essere apposta un’avvertenza: sarebbe stato meglio fare un reportage dalla Striscia di Gaza, ma l’accesso è vietato.

Appunti di logistica. Google Maps non funziona e sul telefono bisogna settare Waze, un’app di navigazione che qui usano tutti anche per indicare dove darsi un appuntamento. Per entrare in Israele dall’Italia bisogna prima fare un visto online, è una novità del 2025, te lo chiedono in aeroporto. Al distributore automatico di benzina occorre anche digitare il numero di targa della macchina. Oggi abbiamo impiegato un’ora e trentacinque minuti per fare quaranta chilometri fuori da Gerusalemme.

Arriviamo a Hebron, più a sud nei Territori, e incontriamo per la prima volta il nostro fixer.

Il fixer si chiama M. ed è un palestinese che ci aiuta con gli appuntamenti e le traduzioni, con una parlantina sciolta al punto da essere inarrestabile. È un appassionato di calcio italiano. Io non so nulla di calcio. Lui indossa una maglia della Roma, la versione bianca.

Il nostro fixer con la maglietta della Roma (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)

Dice che il derby della Capitale è finito, ha vinto la Roma uno a zero, ci sono stati due cartellini rossi. Ignoravo tutte queste informazioni. Dichiara che tutti i grandi giocatori dovrebbero passare un periodo in Italia per familiarizzare con il calcio, usa proprio la parola calcio in italiano. Provo a contenerlo mescolando alla conversazione domande di lavoro e sull’occupazione israeliana. Quando menziona il maestro Pirlo, dico che «Pirlo giocava come se vedesse la partita dall’alto». È una verità universale e me la cavo così.

Questo è il secondo giro di Outpost. Il primo è stato in Siria e lo trovate qui.

Ciao, alla prossima,
Daniele

Hebron, 21 settembre 2025. Tè e sigarette durante un’intervista. (Gabriele Micalizzi, CESURA, per il Post)