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  • Lunedì 15 settembre 2025

Come il Wrexham ha cambiato Wrexham

Dopo una serie tv di successo sulla squadra di calcio locale, nella cittadina gallese sono arrivati investimenti, turisti, curiosità e qualche grattacapo

di Matteo Castellucci

Un murale col titolo della serie, vicino allo stadio di Wrexham, il 4 settembre
Un murale col titolo della serie, vicino allo stadio di Wrexham, il 4 settembre (Matteo Castellucci/il Post)
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Prima della serie tv che ha reso celebre la derelitta squadra di calcio della sua città – Wrexham, in Galles, 44mila abitanti – Thomas Wynne Lewis faceva l’operaio. «Se nomini un’azienda alimentare del nord del Galles, probabilmente ci ho lavorato». Col successo commerciale e sportivo del Wrexham, Lewis ha iniziato a seguire la squadra come giornalista, prima per i giornali locali e poi con un podcast diventato un piccolo culto fra gli appassionati di calcio inglese (il Wrexham non gioca nel campionato gallese, che è semi-amatoriale). «Devo essere onesto, il Wrexham mi ha cambiato la vita», dice. A Lewis, in piccolo, è accaduta la stessa cosa che al resto della città.

La serie tv Welcome to Wrexham è un documentario arrivato alla quarta stagione: in Italia è disponibile su Disney+. Racconta le vicissitudini del Wrexham da quando nel 2021 è stato comprato dagli attori Ryan Reynolds e Rob McElhenney. Sotto la nuova proprietà, e grazie a investimenti ingentissimi ed eccezionali per una piccola squadra britannica, il Wrexham ha ottenuto risultati notevoli, invertendo un esteso periodo di declino. Dopo tre promozioni consecutive quest’anno è arrivata in Championship, la Serie B del calcio inglese.

Erano più di quarant’anni che il Wrexham non giocava a questi livelli. In città molti ricordano ancora con affetto un’altra promozione in Serie B, quella del 1978. Nel 1982 invece il Wrexham iniziò una serie di retrocessioni che sembrava inarrestabile. In tempi recenti la squadra ha anche rischiato di fallire, per via di una scriteriata gestione economica, ed è stata salvata dai tifosi. Infine sono arrivati «gli americani». «Rob e Ryan» è la formula alternativa, che sottende una certa familiarità.

Il cartonato dei proprietari, gli attori Ryan Reynolds e Rob McElhenney, nella vetrina di una libreria, il 3 settembre (Matteo Castellucci/il Post)

Trevor Roberts ha 75 anni e va allo stadio da quando ne aveva dieci. Racconta nel pub più frequentato dai tifosi che con «gli americani» il Wrexham ha svoltato, e con la squadra anche la città. I ricavi della squadra sono lievitati. In città sono comparse celebrità amiche dei proprietari, ma soprattutto sono arrivati più investimenti e più turisti. Molti più turisti. Sono praticamente raddoppiati rispetto a prima del Covid, spiega Joe Bickerton, il dirigente comunale che si occupa di turismo (la prima stagione della serie andò in onda nell’estate del 2022).

Alex Jones, che ha un ristorante in centro, precisa che le ricadute positive non sono state immediate. «La prima stagione del documentario era tutta “la comunità qui… la comunità là”, ma all’inizio noi non abbiamo visto niente». Le cose sono cambiate nell’ultimo anno e mezzo, specie dopo la nomina di un nuovo amministratore delegato. Il Wrexham ha finanziato iniziative di beneficenza sul territorio e moltiplicato gli investimenti: altri li hanno fatti Reynolds e McElhenney, che per esempio hanno rilevato il birrificio locale.

Altri effetti sono indiretti, ma comunque tangibili. La serie e i contenuti sui social dei proprietari hanno fatto alla città una pubblicità che non si sarebbe mai potuta permettere. Reynolds e McElhenney hanno parlato di Wrexham e del Galles durante le loro ospitate nei talk show americani, seguiti da decine di milioni di persone. La compagnia aerea statunitense United Airlines, che sponsorizza la squadra, ha chiesto delle foto della città di Wrexham da mettere nel terminal dell’aeroporto di Chicago. «Lì per lì la mia prima domanda era stata: quanto ci costa?», ricorda Bickerton. Era gratis.

I turisti arrivano soprattutto dal Nord America e in misura minore dall’Australia, cioè dai paesi anglofoni dove la serie ha avuto maggiore successo: in media ogni episodio ha avuto 5 milioni di spettatori.

In città si raccontano aneddoti divertiti su questo nuovo tipo di visitatori, che hanno un potere di spesa mai visto da queste parti. Qualcuno racconta di certi milionari statunitensi che fanno incetta del merchandising della squadra, che spendono migliaia di dollari nei negozi o vengono in taxi in giornata da Londra, perché sono abituati alle lunghe distanze. Pure l’e-commerce è andato forte e la scorsa stagione il Wrexham ha venduto 100mila magliette: un’enormità, per la storia recente del club.

L’interno del negozio della squadra di calcio, il 3 settembre (Matteo Castellucci/il Post)

Il successo della serie ha fatto sì che anche gli inglesi o i gallesi oggi vedano Wrexham sotto una luce diversa. Tim Edwards, conduttore di uno storico podcast dei tifosi del Wrexham, racconta che qualche settimana fa, in occasione di una partita contro il West Bromwich Albion, il centro culturale di Wrexham si era riempito delle famiglie dei tifosi ospiti, «incluse le mogli e chi non andava allo stadio», incuriosite di vedere che posto fosse questa cittadina gallese famosa per la serie tv.

La città sta cercando di sfruttare al massimo la sua nuova notorietà, in un territorio che oggi non ha moltissimo da offrire a chi viene da fuori (su Tripadvisor l’attrazione più popolare è una villa nobiliare del Seicento piuttosto ordinaria). L’anno prossimo in città aprirà un Museo del Calcio. Il curatore, Nick Jones, spiega che Wrexham è considerata il luogo di nascita di questo sport in Galles perché nel 1876 si tenne qui la prima riunione della Federazione calcistica gallese e un anno dopo la Nazionale giocò la sua prima partita nello stadio del Wrexham, Racecourse Ground, tuttora fra i più antichi al mondo.

Al contempo però Wrexham e la sua amministrazione locale stanno ragionando anche sul medio-lungo termine, perché sanno che la serie non andrà avanti per sempre. «Tra due, tre anni potrebbe finire e dobbiamo essere sicuri di potercela cavare da soli», spiega Nigel Williams, il consigliere delegato al Turismo (l’equivalente di un assessore). Peraltro, secondo Williams, è ingenerosa l’insistenza con cui la serie ha dipinto Wrexham come «una povera ex città di minatori». Dice che negli ultimi anni in centro avevano aperti vari nuovi negozi, e che l’high street si era già molto trasformata. Insomma, Williams sostiene che non fosse messa così male.

La città vuole convincere chi la visita che c’è altro, oltre alla squadra di calcio. Il 92 per cento dei turisti fa gite in giornata. L’obiettivo è farli restare più a lungo e farli uscire dal circuito più scontato: pinta di birra al pub dei tifosi, foto allo stadio e poi via.

Un problema è potenziare l’offerta di alberghi. C’è un progetto per un nuovo hotel, mentre è stato scartato quello di edificarne uno vicino allo stadio, per proteggerne la riconoscibilità nel contesto della sua ristrutturazione (si sta costruendo una nuova curva e la capacità arriverà attorno ai 18mila posti). Tra le attrazioni che l’amministrazione vuole valorizzare ci sono il sito UNESCO dell’acquedotto di Pontcysyllte e il castello di Dinas Brân.

Il panorama con l’acquedotto di Pontcysyllte, vicino a Wrexham, il 4 settembre (Matteo Castellucci/il Post)

Un altro tema sarà conciliare la crescita turistica con l’identità e le dimensioni di un posto che ancora non si sente pienamente a suo agio con lo status di city, conferitogli nel 2022, e considera se stesso una town (in italiano sono sinonimi, è una cosa soprattutto simbolica ma in genere le cities sono più grosse delle town). Per Jones, il ristoratore, è importante che i turisti capiscano che «qui non siamo a New York, dove c’è qualcosa da fare a tutte le ore» e che non restino straniti «se alle 17 i negozi chiudono».

In città, comunque, c’è consapevolezza che Welcome to Wrexham abbia segnato un prima e un dopo. «Se non fosse per l’interesse che c’è oggi, e per il documentario, non sarei nella situazione in cui sono ora», dice l’ex capitano del Wrexham, Neil Roberts, che si è ritirato nel 2009 e oggi ha un’enoteca.

L’high street nel centro di Wrexham, il 3 settembre (Matteo Castellucci/il Post)

Certo, molti hanno la consapevolezza che tutto questo un giorno potrebbe finire. Il podcaster Edwards, comunque, è ottimista: ricorda che uno dei proprietari, McElhenney, ha pur sempre creato una delle sit-com più longeve di sempre, iniziata nel 2005 e ancora in corso. Anche Lewis lo è: «Nello scenario peggiore, se gli americani ritirano i soldi e retrocediamo due volte, avremo comunque vissuto momenti fantastici. Sappiamo bene da dove veniamo: ci stiamo solo godendo il viaggio».

– Leggi anche: Le stagioni del Wrexham