La migliore Nazionale di sempre?
Un po' di altre nazionali, non solo italiane e non solo di pallavolo, che hanno qualcosa di simile all'Italia femminile, a cominciare da quell'altra Nazionale di Velasco

Dopo le Olimpiadi la Nazionale femminile di pallavolo ha vinto anche i Mondiali. Non perde da oltre un anno e ha vinto pure due Nations League, un torneo annuale tra le migliori 18 nazionali al mondo. Come si legge in molte analisi, nella storia solo altre due Nazionali italiane sono state detentrici di Olimpiadi e Mondiali nello stesso momento: l’Italia maschile di pallanuoto degli anni Novanta, allenata dal croato Ratko Rudic; e l’Italia maschile di calcio degli anni Trenta, allenata da Vittorio Pozzo. Due Nazionali di cui spesso si parla come dell’Italia di Rudic e dell’Italia di Pozzo. Non a caso è così anche per l’Italia femminile di pallavolo allenata da Julio Velasco, peraltro già allenatore di una delle Nazionali italiane più forti di sempre, in ogni sport: quella maschile di pallavolo, la squadra della cosiddetta “generazione di fenomeni”.
Non esiste un criterio giusto e oggettivo per stabilire se e quanto una squadra sia stata più forte, vincente o dominante di un’altra, e i paragoni si annacquano via via che si cambiano sport e periodi storici. Resta comunque interessante ragionarci, usando come parametri i trofei internazionali e le partite senza sconfitte, ma anche fattori meno analitici. E sempre con la consapevolezza che, soprattutto ad alti livelli, tra una vittoria e una sconfitta ci passa pochissimo: l’Italia di Velasco (quella recente, femminile) ha vinto le sue ultime due partite al tie-break dopo essere stata a pochi punti dal perderle.
Nicola Sbetti, storico dello sport all’Università di Bologna, dice che «un esempio spesso citato è la grande Ungheria di Ferenc Puskas che dominò il calcio negli anni Cinquanta, e che però perse un Mondiale in finale». Aggiunge poi che in ragionamenti di questo tipo «c’entrano molto l’immaginario» (che per esempio fa considerare ancora più forte una squadra dal finale tragico) e «l’etnocentrismo», che fa guardare tutto dalla lente del proprio paese, del proprio sport e di uno specifico punto di vista. È però oggettivamente notevole, dice Sbetti, «una squadra così dominante in una pallavolo così competitiva».
Preso da solo, nessun parametro ha davvero valore. L’Italia (di calcio maschile) di Roberto Mancini non ha perso per 38 partite: però nel calcio ci sono anche i pareggi; e soprattutto, quell’Italia nemmeno si è qualificata ai Mondiali (ha vinto gli Europei nel 2021).
E la qualità e quantità della competizione sono determinanti. Difficilmente esisteranno nazionali di football americano più forti di quella statunitense, ma – lo dice il nome – il football americano non è uno sport globale. Così come si può tranquillamente dire che, a parte il calcio e in parte la pallavolo degli ultimi decenni, molti sport sono stati o ancora sono limitati a un numero di paesi relativamente ristretto, spesso a uno o al massimo due continenti da cui arriva la maggior parte delle squadre più forti.
Nemmeno è una pura questione di durata o quantità di vittorie. Nel basket, il cosiddetto dream team degli Stati Uniti vinse solo un’edizione delle Olimpiadi, quella di Barcellona del 1992, però giocando una pallacanestro spettacolare e facendo in media oltre 40 punti in più degli avversari. Mentre invece c’è chi dice che il vero dream team sia la nazionale femminile statunitense, che alle Olimpiadi non perde proprio dal 1992 e ha vinto quindi otto edizioni consecutive del torneo.
Si può intanto dire che non c’è mai stata un’Italia femminile di pallavolo migliore di quella di Velasco. Prima di quest’anno l’Italia aveva vinto i Mondiali femminili solo nel 2002: era la squadra, tra le altre, di Francesca Piccinini ed Elisa Togut. Nelle Olimpiadi precedenti l’Italia si fermò alla fase a gironi, in quelle successive uscì ai quarti.
Ci sono decisamente più margini di dibattito tra le due Nazionali di Velasco, l’unico – in ogni sport, di ogni epoca – ad aver vinto i Mondiali con l’Italia maschile e femminile. Fino al 1989 l’Italia maschile non aveva mai vinto niente a livello internazionale nella pallavolo. Velasco arrivò nel 1989 e da allora l’Italia vinse tre Mondiali (1990, 1994 e 1998, l’ultimo con Bebeto come allenatore) e la maggior parte delle World League (di fatto le Nations League però con nome e formato diversi) e degli Europei degli anni Novanta. Non riuscì però mai a vincere l’oro olimpico: perse la finale nel 1996. Quella Nazionale è nota come “generazione di fenomeni” (dal titolo di una canzone del 1991 degli Stadio) e se ne parla come della miglior squadra di pallavolo del Ventesimo secolo, addirittura «la più grande squadra di pallavolo mai esistita».
A proposito di imbattibilità, Andrea Zorzi – uno dei fenomeni di quella generazione – ha detto: «Nel 1990 improvvisamente siamo diventati imbattibili, e non abbiamo mai capito perché». Quel che rende in piccola parte incompiuta quella squadra fortissima è però il fatto che sia stata battuta una volta, e quindi l’assenza dell’oro olimpico. Di sicuro se l’Italia femminile di Velasco è ancora cronaca (e ancora potrebbe avere modo di allungare la sua serie di partite senza sconfitta), l’Italia maschile di Velasco è già un pezzo non indifferente della storia dello sport italiano e della pallavolo mondiale.
Sempre nella pallavolo, ma oltre le Nazionali italiane, si trovano altri esempi di squadre fortissime, e che lo sono state per anni. È il caso della nazionale femminile cubana, che sempre negli anni Novanta vinse tre Olimpiadi di fila e due Mondiali, o di quella maschile brasiliana, che vinse tutti e tre i Mondiali dal 2002 al 2010 e le Olimpiadi nel 2004 (e che tra il 2001 e il 2006 vinse 16 dei 20 tornei continentali o mondiali a cui partecipò). Due squadre che, come l’Italia femminile di pallavolo, furono al contempo detentrici dei due titoli più importanti al mondo. E anche le Nazionali sovietiche e statunitensi hanno avuto i loro periodi di dominio, o – come si dice a volte nello sport in riferimento a squadre capaci di vincere per un lungo periodo di tempo – le loro dinastie.
Non serve invece andare oltre l’Italia per trovare una squadra di club che è stata ancora più imbattibile della Nazionale di pallavolo. L’Imoco Volley Conegliano ha vinto tutto, domina quasi ogni partita e le è capitato di stare per oltre 700 giorni senza sconfitte. Il suo record, senza pari a livello mondiale, è di 76 partite senza sconfitte.
È però relativamente più comune trovare dinastie o lunghi periodi di vittoria in squadre di club anziché in Nazionali: banalmente perché possono comprare giocatori o giocatrici e gestire meglio i necessari ricambi generazionali. Anche in questi casi, comunque, la percezione spesso è determinante: i Chicago Bulls di Michael Jordan, l’Ajax del “calcio totale” o il Real Madrid di Alfredo Di Stefano hanno anche perso (chi più chi meno), ma il fatto che avessero ogni anno la possibilità di vincere importanti trofei ha contribuito a far sì che, a loro modo, segnassero un’epoca nella storia del loro sport.
Tra le Nazionali italiane di altri sport si fa in effetti fatica a trovare, perlomeno tra gli sport di squadra, paragoni efficaci con l’Italia di Velasco. Con Rudic allenatore l’Italia della pallanuoto vinse Olimpiadi (1992) e Mondiali (1994) ma non altro: e va detto che Rudic vinse molto anche senza l’Italia, e l’Italia meno senza di lui.
Con Pozzo l’Italia vinse i Mondiali nel 1934 (giocati in Italia negli anni del regime fascista), le Olimpiadi del 1936 (nella Germania nazista) e di nuovo i Mondiali del 1938. Ma oltre al fatto di aver vinto il torneo di casa ospitato da un regime che già aveva capito la rilevanza propagandistica dello sport, quei tornei ebbero squadre che arrivarono dopo viaggi lunghi e difficili, e forti squadre che nemmeno parteciparono.
Ancor più in generale, un buon parametro per capire l’impatto di una squadra su uno sport è pensare a quanto è parte dell’immaginario. Se si parla di rugby è difficile non pensare agli All Blacks, eppure la nazionale neozelandese maschile ha perso più Mondiali di quelli che ha vinto, e deve parte della sua alta percentuale di vittorie (vicina al 75 per cento) alle avversarie relativamente deboli che incontra in Oceania.
Un altro è la presenza di un soprannome che identifichi un periodo, che a sua volta spesso torna comodo per documentari e libri sul tema: la valanga azzurra dello sci, la generazione di fenomeni della pallavolo. E, ancora, la rilevanza di un grande e lungo periodo di imbattibilità sta nei termini con cui si parla della sconfitta che lo interrompe. Per la Germania che vinse in finale contro l’Ungheria di Puskas si parla di “Miracolo di Berna”, e il “Miracle on Ice” (il miracolo sul ghiaccio) è il torneo Olimpico di hockey in cui nel 1980, quindi ancora in anni di Guerra fredda, alle olimpiadi statunitensi di Lake Placid gli Stati Uniti vinsero contro l’Unione Sovietica, che aveva vinto le ultime quattro edizioni.
In generale, e vale anche per l’Italia, è anche importante il racconto che si fa di certi risultati, quanto e come escono dai confini di quello sport e dello sport in generale. Non per forza le squadre di cui molti ricordano le formazioni sono state le più forti in assoluto, però erano per l’appunto memorabili. La storia dell’Italia femminile di pallavolo sembra avere molte di queste premesse: per chi l’allena, per come e quanto da una squadra ottima ma non vincente sia nata una squadra per ora imbattibile, per come è piena di talenti individuali la cui forza sta nel gruppo e nel carattere.
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