Le foto della manifestazione per il Leoncavallo a Milano

Circa 20mila persone hanno protestato per il recente sgombero del centro sociale

Un momento del corteo contro lo sgombero del Leoncavallo a Milano, 6 settembre 2025 (ANSA/FABRIZIO CASSINELLI)
Un momento del corteo contro lo sgombero del Leoncavallo a Milano, 6 settembre 2025 (ANSA/FABRIZIO CASSINELLI)
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Sabato a Milano erano state organizzate due manifestazioni per protestare contro lo sgombero dello storico centro sociale Leoncavallo, che poi si sono unite in un unico corteo: erano due perché una era stata organizzata dagli altri centri sociali milanesi e intendeva protestare anche contro l’idea di sviluppo della città (il cosiddetto “modello Milano”), per i problemi abitativi e per la situazione emersa dalle recenti inchieste sull’urbanistica.

Protestavano insomma anche con l’attuale amministrazione comunale di centrosinistra, i cui partiti erano invece presenti all’altro corteo, quello più istituzionale, insieme ad alcuni sindacati e alle Mamme antifasciste del Leoncavallo, storica associazione che gestisce da tempo il centro sociale e che ha poi guidato la manifestazione.

Era comunque previsto che a un certo punto il primo corteo, partito un po’ di tempo prima, raggiungesse il secondo (il primo è partito dalla stazione centrale, il secondo da Porta Venezia, in centro, e andavano verso la centralissima piazza Duomo).

La questura ha fatto sapere che c’erano in tutto circa 20mila persone. Hanno partecipato delegazioni da molte città italiane e varie persone famose legate a Milano, come i comici Claudio Bisio e Paolo Rossi. Tra i politici c’erano esponenti del PD locale, come il capogruppo dell’opposizione in Regione Pierfrancesco Majorino e il segretario milanese Alessandro Cappelli, ma il partito non ha aderito ufficialmente alla manifestazione, al contrario per esempio di Alleanza Verdi e Sinistra.

C’era anche un gruppo composto da diversi street artist che in questi anni hanno realizzato varie opere conservate al Dauntaun, lo spazio sotterraneo del Leoncavallo con moltissime opere di street art, tutelato dalla Soprintendenza.

Un momento del corteo dei centri sociali contro lo sgombero del Leoncavallo (Claudio Furlan/LaPresse)

Lo sgombero del Leoncavallo è particolarmente contestato perché il centro sociale è ritenuto da molti, e anche dall’amministrazione milanese e dal sindaco Beppe Sala, un luogo importante di aggregazione sociale, con una lunga storia culturale che per molti va tutelata. E poi è contestato per il modo in cui è avvenuto, lo scorso 21 agosto, a sorpresa e all’insaputa persino del sindaco (almeno secondo quello che ha detto lui): l’ufficiale giudiziario era infatti atteso il 9 settembre.

Una macchina della polizia davanti alla sede del Leoncavallo il giorno dopo lo sgombero (Claudio Furlan/LaPresse)

È in effetti possibile che il sindaco non lo sapesse perché l’intervento è stato gestito dalla questura, sotto il controllo del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che insieme ad altri esponenti del governo ha rivendicato l’operazione. Lo sgombero è naturalmente legittimo, perché il Leoncavallo aveva sede da trent’anni in un edificio occupato in via Watteau, un paio di chilometri a nord dalla stazione centrale, un’ex cartiera di proprietà della famiglia che lo rivendicava, i Cabassi.

Ma l’urgenza e il tempismo con cui è stato fatto sono stati visti come sospetti, dato che erano in corso da tempo discussioni tra il comune e il centro sociale per organizzare il trasferimento in un’altra sede, uno spazio del comune in una zona più periferica, Corvetto, dove il Leoncavallo si potrebbe stabilire in modo legale (ma è anche uno spazio molto più piccolo e con diversi problemi, tra cui la presenza di amianto). Lo sgombero infatti non ha avuto particolari conseguenze pratiche, perché non si sa dove mettere le moltissime cose che sono dentro all’edificio e perché per spostare le opere del Dauntaun serve un’approvazione della Soprintendenza, che ha tempi lunghi.

L’accusa fatta da vari esponenti dell’opposizione è che sia stata un’operazione più che altro politica, in una città che la destra non governa e dove tra poco più di un anno sono previste nuove elezioni comunali.