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  • Domenica 31 agosto 2025

Tre parole che hanno cambiato la Germania

"Ce la faremo": le pronunciò dieci anni fa la cancelliera Angela Merkel, prima di accogliere centinaia di migliaia di richiedenti asilo

La Cancelliera tedesca Angela Merkel insieme al portavoce del governo, Steffen Seibert, durante la conferenza stampa estiva del 31 agosto 2015 (AP/Markus Schreiber)
La cancelliera tedesca Angela Merkel insieme al portavoce del governo, Steffen Seibert, durante la conferenza stampa del 31 agosto 2015 (AP/Markus Schreiber)
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Il 31 agosto 2015, esattamente dieci anni fa, la cancelliera tedesca Angela Merkel tenne una conferenza stampa che sarebbe diventata una delle più importanti della sua carriera. Il tema principale fu il grande aumento del numero di persone straniere, per la stragrande maggioranza provenienti dal Medio Oriente, che chiedevano asilo in Germania. In quel periodo moltissime persone stavano scappando dalle guerre in Siria e in Iraq e stavano provando a raggiungere l’Europa occidentale seguendo la cosiddetta “rotta balcanica“, cioè attraversando i Balcani dalla Grecia.

Merkel apparteneva all’Unione Cristiano Democratica (CDU), un partito conservatore di centrodestra. Quel giorno iniziò la conferenza stampa citando alcune previsioni, secondo le quali entro la fine del 2015 in Germania sarebbero potuti arrivare fino a 800mila richiedenti asilo.

Merkel non disse apertamente che la Germania avrebbe accolto queste persone. Disse però che avrebbe comunque trovato una soluzione seguendo i principi fondamentali della Costituzione, tra cui il rispetto della dignità umana e il diritto d’asilo. Spiegò che sarebbe stato necessario aumentare i posti nei centri di accoglienza, e velocizzare le procedure per analizzare le richieste d’asilo. Poi pronunciò tre parole che fecero la storia: «Wir schaffen das», cioè «ce la faremo». «Se c’è qualche ostacolo, lo supereremo», continuò.

Col passare dei giorni quella frase fu interpretata come un’apertura del governo tedesco nei confronti dei richiedenti asilo, anche se non è chiaro se quella fosse l’intenzione di Merkel. Nei mesi successivi, la Germania accolse centinaia di migliaia di richiedenti asilo, creando imponenti programmi per dare loro un posto dove vivere e integrarli. Le parole «Wir schaffen das» diventarono lo slogan di questa politica.

Un gruppo di centinaia di persone migranti sull'isola greca di Kos, il 4 giugno 2015

Un gruppo di centinaia di persone migranti sull’isola greca di Kos, il 4 giugno 2015 (Getty/Dan Kitwood)

Il numero di stranieri che chiedevano asilo in Germania era aumentato molto a partire dall’anno precedente. Era un effetto dell’instabilità e delle guerre in corso nel Medio Oriente, e in particolare dei bombardamenti e degli assedi di Assad contro molte città siriane e della nascita e dell’espansione dello Stato Islamico in Siria e in Iraq, governato da un gruppo radicale islamico, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, o ISIS.

Era un grosso problema per Merkel. Molti politici, anche nel suo partito, pensavano che la Germania si stesse facendo carico di responsabilità non sue. Nella grande maggioranza dei casi, infatti, le regole europee prevedono che lo stato responsabile dell’accoglienza e della gestione delle richieste d’asilo sia il primo paese dell’Unione Europea in cui il richiedente è arrivato. In quel momento, quindi, soprattutto la Grecia.

Il 25 agosto l’Ufficio federale tedesco per i rifugiati aveva comunicato di non essere più in grado di gestire le richieste. Ce n’erano troppe: era impossibile verificarle ed era impossibile espellere le persone a cui la richiesta era stata negata. Il giorno successivo Merkel aveva visitato un centro di accoglienza a Heidenau, una città in Sassonia, nell’est della Germania. Residenti e manifestanti di estrema destra l’avevano contestata e insultata.

Fino a lì Merkel aveva avuto una posizione rigida verso i richiedenti asilo. Qualche settimana prima, a un evento trasmesso in televisione, aveva spiegato a una ragazzina palestinese che non aveva ottenuto asilo e che stava per essere espulsa, Reem Sahwil, che la Germania «non poteva accogliere tutti». Sahwil si era messa a piangere e lei aveva tentato, goffamente, di consolarla. Dell’episodio si era parlato moltissimo, anche all’estero, e Merkel era stata accusata di essere una persona con scarsa empatia.

Alla fine né Reem Sahwil né la sua famiglia vennero espulsi dalla Germania. Nel 2017 ottennero un visto per poter rimanere.

La conferenza stampa del 31 agosto mostrò un cambiamento di atteggiamento di Merkel, anche se l’espressione che usò, «ce la faremo», era volutamente ambigua: non era chiaro cosa stesse proponendo di fare concretamente. Sembrava che stesse dicendo che in qualche modo il problema sarebbe stato risolto, migliorando il sistema d’asilo. Non era nemmeno tanto chiaro a chi si riferisse usando il noi: se a tutta la Germania, oppure al governo, insieme ai cittadini più favorevoli ad accogliere i migranti.

Nella propria biografia Merkel ha raccontato che l’espressione, che in seguito diventò famosissima, venne scelta un po’ per caso. Prima della conferenza si era sfogata con una collaboratrice, Beate Baumann. Riferendosi alle varie crisi che aveva affrontato come cancelliera, Merkel a un certo punto disse: «Pazienza, in qualche modo ce la faremo a superare anche questa». Baumann le consigliò di usare proprio quelle parole durante la conferenza stampa.

La scritta "Wir schaffen das" (ce la faremo) sul muro di una casa a Berlino, nel 2018 (Wikimedia Commons)

La scritta “Wir schaffen das” (ce la faremo) sul muro di una casa a Berlino, nel 2018 (Wikimedia Commons)

Dopo la conferenza stampa quasi nessun media tedesco diede grande risalto alla frase. Nei giorni successivi però diventò chiaro che il governo stava cambiando atteggiamento, e questo anche a causa di alcune notizie particolarmente tragiche di quei giorni.

A fine agosto la polizia austriaca trovò 71 persone morte dentro un camion, dove erano state nascoste per essere portate in Germania. Il 2 settembre la foto di Aylan Kurdi, un bambino siriano di tre anni annegato cercando di raggiungere la Grecia dalla Turchia, venne ripresa da moltissimi giornali ed ebbe grande impatto: mostrava in modo molto diretto quanto la situazione fosse drammatica per chi cercava di raggiungere l’Unione Europea.

La mattina del 4 settembre migliaia di persone, soprattutto siriane, che fino a quel momento erano rimaste bloccate alla stazione di Budapest, in Ungheria, si misero in cammino per raggiungere l’Austria e la Germania. Merkel e il cancelliere austriaco di allora, il socialdemocratico Werner Faymann, decisero di permettere loro di entrare nei rispettivi territori.

Nei mesi successivi il governo tedesco continuò a permettere a centinaia di migliaia di persone di entrare in Germania e chiedere asilo: tra il 2015 e il 2016 lo fecero in tutto 1,2 milioni di persone, per lo più arrivando dalla Grecia attraverso i Balcani. La Germania riconobbe il diritto d’asilo praticamente a tutte le persone che provenivano dalla Siria, e che erano la grande maggioranza.

In quei mesi Merkel ripeté più volte e in modo abbastanza enfatico la frase «Wir schaffen das», per giustificare la scelta del governo. Era diventata uno slogan che trasmetteva ottimismo e determinazione, e una parte consistente dei tedeschi era d’accordo. In alcuni casi capitava che i tedeschi accogliessero al loro arrivo i migranti con cibo e donazioni. Merkel diventò molto popolare tra chi cercava di raggiungere la Germania: capitava anche che bambine figlie di richiedenti asilo ricevessero il nome Angela, Angie, o anche Merkel, in segno di riconoscenza.

Una persona migrante con una fotografia di Angela Merkel al suo arrivo in Germania, nel 2015

Una persona migrante con una fotografia di Angela Merkel al suo arrivo in Germania, nel 2015 (Getty/Sean Gallup)

Per diversi mesi lo slogan fu molto popolare e nel tempo è diventato parte della storia politica tedesca. Alla fine del 2015 Merkel venne nominata persona dell’anno da Time, che la definì la «cancelliera del mondo libero».

La sua popolarità, però, cominciò a declinare a mano a mano che molti tedeschi adottavano posizioni più ostili nei confronti dei richiedenti asilo, convinti che la Germania stesse accogliendo troppe persone e che la spesa necessaria per farlo avrebbe ridotto soldi e servizi per i cittadini tedeschi.

Il cambiamento diventò particolarmente evidente nel 2016, come effetto anche di alcuni incidenti, il più noto dei quali fu l’aggressione di centinaia di donne la notte tra il 31 dicembre e il 1° gennaio 2016, a Colonia, da parte di uomini stranieri. Anche i media tedeschi cominciarono a cambiare il modo in cui scrivevano delle persone richiedenti asilo, tendendo più spesso di prima a considerarle un problema.

Un sostenitore del partito di estrema destra AfD a una manifestazione contro le politiche sull'asilo molto liberali del governo di Merkel, a ottobre 2015

Un sostenitore del partito di estrema destra Alternative für Deutschland a una manifestazione contro le politiche sull’asilo molto liberali del governo di Merkel, a ottobre 2015. Il cartello gioca con lo slogan di Merkel «ce la faremo»: la scritta tradotta significa «si dimetta, signora Merkel! Ce la può fare!» (Getty/Sean Gallup)

La popolarità di Merkel diminuì, come quella della CDU in generale, che negli anni seguenti entrò in crisi: i risultati alle elezioni federali del 2017, 2021 e 2025 sono stati tra i peggiori della sua storia (Merkel annunciò il suo ritiro dalla politica nel 2021).

L’estrema destra invece cominciò a crescere proprio in quel periodo. Il partito Alternative für Deutschland, che fino a quel momento era stato soprattutto un partito ostile all’euro e all’Unione Europea e si trovava in una situazione di grande difficoltà, iniziò a prendere più esplicitamente posizione contro le persone straniere e a crescere nei sondaggi. Alle elezioni federali del 2017 riuscì per la prima volta a entrare in parlamento, ottenendo il 12,6 per cento dei voti.

Merkel tornò gradualmente ad adottare posizioni e una retorica più dura nei confronti delle persone straniere, abbandonando anche lo slogan che aveva creato. A settembre del 2016 disse che non lo avrebbe più utilizzato, sostenendo che fosse «un po’ sopravvalutato» e che fosse ormai diventato «una formula vuota».

Se da una parte accettò di accogliere centinaia di migliaia di richiedenti asilo, dall’altra il governo tedesco cercò comunque di bloccare il transito di persone nei Balcani. Già dall’autunno del 2015 Merkel lavorò per favorire un accordo tra Unione Europea e Turchia con lo scopo di bloccare l’ingresso in Grecia di nuovi richiedenti asilo. L’accordo venne concluso nel marzo del 2016. Anche molti paesi dei Balcani aumentarono i controlli ai propri confini, con il sostegno dell’Unione, rendendo molto più difficile attraversare la regione irregolarmente. Ancora oggi molte persone la attraversano per entrare nell’Unione Europea. Molte meno, però, rispetto a dieci anni fa.

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