L’enorme festival che ogni estate trasforma Edimburgo
Il Fringe è uno degli eventi di spettacolo più partecipati, nonché «un rito di passaggio» per artisti emergenti di tutto il mondo
di Susanna Baggio

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Nel 2013 più o meno in questo periodo l’allora semisconosciuta comica inglese Phoebe Waller-Bridge raccolse un po’ di soldi su una piattaforma online, fece le valigie e partì con altre sette persone per Edimburgo, «incrociando le dita perché la gente venisse a vedere quello che avevamo fatto».
In un palco sotto a un tendone Waller-Bridge si esibì in Fleabag, un monologo sulla vita sessuale e lavorativa di una ragazza non più giovanissima in una grande città. La recensione del Guardian fu perplessa, ma tre anni dopo quel monologo divenne una omonima serie tv di grande successo che rese Waller-Bridge una delle attrici e sceneggiatrici più richieste della sua generazione.
Quella prima, embrionale versione di Fleabag fu presentata a Edimburgo durante il Fringe Festival, uno degli eventi di spettacolo e arti performative più noti e partecipati al mondo, che ogni agosto per tre settimane ospita migliaia di esibizioni di altrettante attrici e attori provenienti da decine di paesi. Passati oltre settant’anni dalla prima edizione, il Fringe è ancora il festival a cui puntano gli artisti emergenti di tutto il mondo, per sperare di replicare il successo di Waller-Bridge e di moltissimi altri che sono passati da lì.
Passeggiando per il centro di Edimburgo nei giorni del Fringe è quasi impossibile non imbattersi in qualcuno che distribuisce un volantino per gli spettacoli e nelle migliaia di cartelloni che li pubblicizzano, fissati uno accanto all’altro sulle ringhiere, appesi alle fermate di bus e tram, incollati nei bagni dei pub. Di esibizioni ce ne sono di ogni tipo e formato, tutti i giorni per tutto il giorno, e coinvolgono moltissimi spazi della città, dai teatri ai pub, dagli edifici storici alle piazze.

Manifesti di alcuni degli spettacoli del Fringe Festival in George Street, 6 agosto 2025 (il Post)
Nelle parole di Grace Tomblin Marca, una giovane sceneggiatrice che vive a New York, per chi gravita nelle piccole scene del teatro indipendente partecipare al Fringe è «quasi un rito di passaggio». Se uno spettacolo è stato presentato lì, «allora assume decisamente un certo fascino», dice Marca, che quest’anno sta partecipando al Festival per la prima volta con una commedia, Faster in the Attic.
Parte del fascino del Fringe è il fatto che ospita sia monologhi di gente poco conosciuta dentro a sale striminzite, con appena qualche fila di sedie pieghevoli, sia grandi nomi e produzioni strutturate. Ci si va, insomma, sia per vedere dal vivo un artista già noto, sia per scoprirne altri. Ogni anno sono circa 3 milioni le persone che visitano Edimburgo appositamente per il Fringe.

Persone in un locale in attesa di uno spettacolo, 6 agosto 2025 (il Post)
La prima edizione risale al 1947, come risposta all’Edinburgh International Festival. Era un evento dedicato a musica, opera e danza pensato per rilanciare la cultura “alta” del Regno Unito dopo la Seconda guerra mondiale. Per protesta, otto gruppi teatrali che non erano stati invitati organizzarono i loro spettacoli nei momenti e negli spazi liberi del festival, o meglio, ai suoi margini. Nacque così il “Fringe” Festival: fringe in inglese significa appunto margine, periferia, nicchia.
Fin da subito il Fringe fu uno spazio accessibile e aperto alla sperimentazione, sempre più partecipato. Col tempo è diventato il terzo evento al mondo per vendita di biglietti dopo le Olimpiadi e i Mondiali di calcio: nel 2024 ne ha venduti oltre 2,6 milioni. È anche quello dove hanno esordito leggende della comicità inglese come Hugh Laurie, Rowan Atkinson o Emma Thompson e, più di recente, lo scozzese Richard Gadd, che nel 2019 ci portò il monologo Baby Reindeer, a sua volta diventato una serie tv di successo.
Quest’anno il Fringe dura dal primo al 25 agosto e comprende più di 54mila spettacoli di 3.853 produzioni, più di mille delle quali scozzesi e 829 proprio di Edimburgo. Ci partecipano regolarmente anche artisti italiani: il comico Francesco De Carlo ci è stato nel 2017 e nel 2019, mentre all’edizione di quest’anno ci sono, fra gli altri, l’attrice Miriam Cappa, la comica Stefania Licari e il chitarrista Antonio Forcione.

Una foto dello spettacolo Fantastically Great Women Who Changed the World (David Monteith-Hodge © Edinburgh Festival Fringe Society)
Oggi gli spettacoli più comuni al Fringe sono appunto le commedie e le stand-up comedy, una forma di comicità tipicamente anglosassone: circa un terzo del totale, dice la Fringe Society, l’organizzazione senza scopo di lucro che lo gestisce fin dal 1958. Poi ci sono i pezzi teatrali, i monologhi, i musical e gli spettacoli di danza, oltre agli eventi per bambini e le performance di saltimbanchi e artisti di strada, che può seguire facilmente anche chi non ha dimestichezza con l’inglese.
L’attrice, autrice e insegnante di recitazione Bella Merlin, che ha 59 anni e frequenta il Fringe fin da quando era studente, racconta che il festival mette a stretto contatto artisti, pubblico, media e produzioni come ormai di rado capita in altri contesti, esponendoli a performance che altrimenti non noterebbero. Con l’aumento di interesse per la stand-up comedy è diventato sempre di più un posto in cui la gente punta a essere notata, dice Merlin: rimane comunque pieno di cose sperimentali, «un’esperienza, un bel mix».
Per il giornalista dell’Herald Brian Ferguson, che si occupa di spettacolo da decenni, al Fringe chiunque, in teoria, ha le stesse opportunità di successo, dato che il bacino di pubblico a cui attingere è enorme. A volte però questa possibilità rimane sulla carta: con così tanti spettacoli tutti insieme è possibile che alcuni raccolgano soltanto una manciata di spettatori. Non tutti d’altra parte possono permettersi una promozione che comprenda decine di cartelloni e ampie campagne sui social, come gli artisti già noti.
Oltre al Fringe sempre ad agosto a Edimburgo ci sono diversi altri festival che attirano altre decine di migliaia di persone, tra cui quello del cinema, quello di fotografia, quello di letteratura, lo stesso International Festival e la Military Tattoo, la parata militare che si tiene sulla spianata del castello.
L’amministrazione di Edimburgo dice che i festival in città creano oltre 7mila posti di lavoro e hanno un giro d’affari da 407 milioni di sterline, circa 470 milioni di euro. I biglietti per gli spettacoli del Fringe, di gran lunga il più remunerativo, costano sulle 10 sterline (circa 12 euro) e raramente sopra le 20, ma spesso vengono scontati o regalati da artisti e produzioni per promuoversi e riempire le sale. Esiste inoltre il cosiddetto Free Fringe, un’organizzazione che promuove oltre 6mila spettacoli ad accesso gratuito all’interno del festival.

Uno spettacolo del Fringe (David Monteith-Hodge © Edinburgh Festival Fringe Society)
In generale la gente del posto ha una buona opinione del Fringe e dell’atmosfera che crea in città. Negli ultimi vent’anni però il festival si è ingrandito e i partecipanti che vengono da fuori sono aumentati così tanto che molti abitanti hanno cominciato a non sopportare più code, rumori e fastidi vari a tutte le ore. Come avviene spesso in casi simili, poi, durante il periodo del Fringe moltissime case vengono sottratte al mercato locale degli affitti e rese disponibili per i turisti, cosa che spinge verso l’alto gli affitti di tutta la città. Quest’anno peraltro sono cresciuti ancora di più per via dei tre concerti del reunion tour degli Oasis in concomitanza con il festival.
Il giornalista musicale Marc Burrows, che frequenta il Fringe dal 2007 e ci si esibisce dal 2009, ha detto che al festival ci sono ancora le stesse cose di una volta: una quantità soverchiante di cose da vedere per il pubblico, e l’opportunità di esibirsi praticamente per chiunque: «eppure, è diventato tutto più costoso». Burrows si riferisce proprio ai prezzi degli affitti, che secondo lui stanno diventando un ostacolo sia per chi vuole esibirsi sia per il pubblico, racconta al Post.
Per chi vive a Edimburgo, invece, il festival rimane una bella opportunità, nonostante tutto: anche per questo, forse, il legame con la città continua ad essere forte. «Se vivi qui e non ti spiace non far parte del programma ufficiale, puoi davvero partecipare al Fringe senza troppe spese», dice sempre Burrows: «magari farai fatica ad avere un pubblico, ma si può fare».
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