Una delle più grandi rimonte della storia del rugby
In trasferta un'Australia reduce da vari problemi ha recuperato da 22-0 a 22-38 contro il Sudafrica, i più forti del mondo

È iniziata nel weekend la trentesima edizione del Rugby Championship, il torneo tra le più forti squadre di rugby dell’emisfero sud: Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda e Argentina (che si è aggiunta nel 2012, un po’ come l’Italia fece nel 2000 con il Cinque Nazioni). Nella prima partita del torneo, giocata il 16 agosto a Johannesburg, in Sudafrica, l’Australia ha rimontato uno svantaggio di 22-0 e vinto 38-22 (quindi con un parziale di 38 a 0) contro il Sudafrica, che giocava in casa e ha vinto la precedente edizione del Rugby Championship e le ultime due edizioni dei Mondiali di rugby.
La rimonta dell’Australia è inconsueta e notevole già solo guardando il punteggio parziale e quello finale, ma lo è ancora di più se si considera come le due squadre sono arrivate a questa partita. La Nazionale sudafricana come favorita per vincere di nuovo il torneo, dopo otto partite senza sconfitte e con una squadra solida, di talento e ben rodata. L’Australia con molti dubbi e non poca confusione: non vince il Rugby Championship dal 2015 e agli ultimi Mondiali era uscita ai gironi, e non era mai successo prima.
L’Australia non vinceva contro il Sudafrica dal 2022 e non vinceva in Sudafrica dal 2011 (non poco, considerando che le due squadre si incontrano almeno una volta l’anno). È inoltre la prima volta dal 1963 che l’Australia batte il Sudafrica in una partita giocata all’Ellis Park di Johannesburg, uno stadio storico per il rugby. Per il Sudafrica l’ultima sconfitta casalinga al Rugby Championship (che si gioca ogni anno) era stata nel 2022 contro la Nuova Zelanda.
Prima della partita l’esperto di rugby Francesco Pierantozzi aveva scritto per Sky Sport che il Sudafrica era chiaramente «la squadra da battere» e che gli Springboks (soprannome con cui è nota la squadra) erano «talmente forti, anche come quantità di giocatori di altissimo livello in ogni ruolo, da far dire che la seconda squadra dietro a loro è il Sudafrica B, l’ipotetica seconda squadra composta dai pezzi scartati».
La partita è iniziata come molti si aspettavano. Il Sudafrica ha fatto la prima meta dopo un minuto e mezzo; la seconda, al termine di una bella azione di squadra, poco dopo i dieci minuti di gioco; la terza dopo 18 minuti. Le partite di rugby durano 80 minuti: non si era ancora a metà del primo tempo che già sembrava tutto deciso, con il Sudafrica molto efficace nel gioco aereo (quello fatto calciando il pallone) e l’Australia in grande difficoltà nel difendere e cercare a sua volta di organizzare azioni d’attacco.
Le cose hanno iniziato a girare al 29esimo minuto, con la prima meta dell’Australia, che nella seconda metà del primo tempo ha sistemato i problemi dei primi minuti e insistito nel gioco alla mano (quello a cui molti pensano quando pensano al rugby, fatto di passaggi tra giocatori in avanzamento anziché di calci). Il primo tempo è comunque finito 22-5 per il Sudafrica.
La rimonta è proseguita nel secondo tempo. Senza che il Sudafrica segnasse alcuna meta o alcun punto (nel rugby si fanno punti anche con i calci di punizione) l’Australia ha continuato a recuperare: al 64esimo minuto è passata in vantaggio e nell’ultimo quarto di partita ha segnato altre due mete. In totale l’Australia ha vinto con sei mete (cinque delle quali nel secondo tempo), contro le tre del Sudafrica, tutte nei primi 20 minuti di partita.
Sul Guardian Angus Fontaine ha parlato di una «strepitosa rimonta», tra le più sorprendenti nella storia del rugby, che «si farà ricordare a lungo». Fontaine ha scritto che per i primi 20 minuti l’Australia ha fatto tutto ciò per cui è stata criticata negli ultimi tempi, sia in difesa che in attacco. Ha sbagliato scelte tattiche e sprecato situazioni con brutte giocate. Ha però avuto il merito di restare unita e mantenere il piano di gioco preparato dall’allenatore Joe Schmidt: in breve, l’Australia ha avuto il merito di continuare a giocare per vincere.
Si è fatto notare soprattutto James O’Connor nel ruolo di mediano di apertura: un ruolo determinante, di grande responsabilità e importanza nel gestire le diverse situazioni di gioco. O’Connor ha 35 anni e non giocava in Nazionale da tre anni. Fontaine ha scritto che «dopo essersi tolto un po’ di ruggine» ha preso in mano la situazione e, oltre a contribuire al gioco, ha aiutato i compagni a mantenere la calma. Prima della partita c’erano diversi dubbi sulla scelta di O’Connor da parte di Schmidt, che tra l’altro allena l’Australia sapendo già che dal 2026 sarà sostituito da un altro allenatore.

James O’Connor nel luglio 2025 a Melbourne, Australia (Steve Christo – Corbis/Corbis via Getty Images)
Accanto a O’Connor, nel ruolo di mediano di mischia, ha giocato Nic White, altro 35enne a fine carriera, che aveva deciso di ritirarsi dal rugby internazionale ma ci ha ripensato per aiutare Schmidt e l’Australia in un periodo di difficoltà e molti infortuni.
«Ci hanno battuto in quasi ogni ambito» ha detto a fine partita l’allenatore sudafricano Rassie Erasmus: «non siamo stati al loro livello nelle mischie, ci siamo fatti battere nelle rimesse e ci hanno ridicolizzati nei punti d’incontro. Ci hanno dominato fisicamente. Ci si poteva aspettare che negli ultimi minuti avrebbero fatto fatica ma così non è stato, e questo è una prova di quello che sta realizzando Joe Schmidt».
Giusto un anno fa il Guardian aveva scritto che sarebbe servito «un miracolo» per tirare fuori la Nazionale da un paio di decenni di declino e da diverse scelte sbagliate fatte negli ultimi anni. Il tutto in un paese in cui il rugby è particolarmente apprezzato e giocato (seppur in misura molto minore rispetto all’Australian Football), che nel 2027 ospiterà la prossima edizione dei Mondiali maschili di rugby.
Come succede in questi casi, in Australia e tra chi si occupa di rugby ci si chiede se la vittoria con rimonta sia un’eccezione oppure il segno di qualcosa dopo anni complicati. «Ora» ha scritto Fontaine «ha una base di partenza e una importante vittoria da cui ricostruirsi, con tre obiettivi davanti a sé: riprendersi la Bledisloe Cup [un trofeo che si contende con la Nuova Zelanda] che le manca dal 2002, vincere il suo primo Rugby Championship in dieci anni e infine vincere i Mondiali, per la prima volta dal 1999».



