Quello che compra e rivende meglio di tutti nel calcio italiano
Giovanni Sartori, responsabile dell'area tecnica del Bologna, è poco appariscente ma molto efficace nel calciomercato
di Gianluca Cedolin

La squadra di calcio del Bologna viene dalle sue migliori stagioni degli ultimi sessant’anni: nel 2023-2024 si è qualificata in Champions League (la più importante competizione europea) e nel 2024-2025 ha vinto la Coppa Italia. In questo periodo nel Bologna si sono affermati diversi calciatori che prima erano poco conosciuti, e che in diversi casi sono stati rivenduti a un prezzo molto più alto di quello a cui erano stati comprati.
Nel 2024 il difensore Riccardo Calafiori fu ceduto all’Arsenal per 45 milioni di euro e l’attaccante Joshua Zirkzee al Manchester United per 42 milioni. Quest’estate il Bologna ha venduto il difensore Sam Beukema al Napoli per 31 milioni e l’attaccante Dan Ndoye al Nottingham Forest per 42 milioni. Sono 160 milioni di euro incassati per quattro calciatori che, due o tre stagioni prima, erano stati pagati in tutto 32 milioni (Calafiori 4 milioni, Zirkzee 8,5, Beukema 10,5 e Ndoye 9).
Poi ci sono quelli che sono rimasti, come Lewis Ferguson, Jhon Lucumí, Jens Odgaard, Benjamín Domínguez o Santiago Castro, presi rispettivamente dai campionati scozzese, belga, olandese e argentino (gli ultimi due) e valorizzati da Thiago Motta e Vincenzo Italiano, gli ultimi due allenatori del Bologna. Non sono stati venduti, ma valgono molto più di quando furono comprati.
Tutte queste azzeccate operazioni sono state coordinate e decise da Giovanni Sartori, il responsabile dell’area tecnica del Bologna. Ex calciatore, Sartori ha 68 anni e da tempo è considerato uno dei dirigenti sportivi più competenti in Italia, pur essendo un personaggio poco appariscente e avendo lavorato solo in tre squadre cosiddette “provinciali” negli oltre trent’anni di carriera: il ChievoVerona, l’Atalanta e il Bologna.
Sartori ha iniziato a lavorare al Chievo nel 1992 quando era in Serie C1, la terza serie italiana, lasciandolo 22 anni dopo in Serie A, con un paio di storiche qualificazioni europee nel mezzo. Nel 2014 è passato all’Atalanta, che negli anni precedenti aveva oscillato tra Serie B e Serie A, senza mai andare oltre il decimo posto: nel 2022, quando se n’è andato, l’Atalanta era diventata una delle migliori squadre del campionato e una presenza stabile in Champions League.
Il Bologna non giocava una competizione europea da oltre vent’anni e non vinceva un torneo da oltre cinquanta: in tre stagioni con Sartori ha fatto entrambe le cose. Sartori e i suoi collaboratori, insomma, hanno sempre rivoluzionato ambizioni e dimensioni delle squadre in cui hanno lavorato, riuscendo nel frattempo a migliorare i conti.
Al Chievo Sartori faceva il direttore sportivo, mentre all’Atalanta e al Bologna il responsabile dell’area tecnica. Il direttore sportivo si occupa soprattutto del calciomercato (l’acquisto e la vendita di calciatori), il responsabile dell’area tecnica è una figura più trasversale e con maggiori responsabilità, che oltre a dirigere il calciomercato di fatto gestisce la costruzione della squadra e fa da tramite tra allenatore e proprietà.
– Leggi anche: Che fine ha fatto il ChievoVerona
«Uno che fa questo lavoro deve avere competenze tecniche, gestionali, personali, economiche, umane: Sartori le ha tutte», dice al Post Stefano Bottani, attuale direttore sportivo del Chievo (oggi in Serie D) e in passato suo collaboratore prima al Chievo e poi all’Atalanta. Bottani spiega che anzitutto Sartori conosce alla perfezione la propria squadra e, confrontandosi con l’allenatore, sa sempre individuare i calciatori da ingaggiare. Non cerca i colpi a effetto, ma acquista calciatori funzionali al gioco della squadra, non importa se poco famosi e provenienti da campionati stranieri poco seguiti.
Secondo Marco Pacione, anche lui collaboratore di Sartori al Chievo (oggi fa il direttore sportivo del Vigasio, la squadra dei vecchi proprietari del Chievo), «quando si è così bravi a scovare i talenti e se ne scoprono così tanti, significa essere a propria volta un talento, e Sartori è un talento naturale».
A questa sua predisposizione nell’individuare il talento nei calciatori Sartori aggiunge impegno e organizzazione fuori dal comune. Entrambi i suoi ex collaboratori lo definiscono un lavoratore meticoloso e uno stacanovista. Pacione dice che, perlomeno ai tempi del Chievo, «lo si trovava dappertutto, sia in Italia che all’estero, in tutte le categorie», e che viaggiava anche 100mila chilometri all’anno per vedere le partite dal vivo. «Ha trovato calciatori soprattutto nel Nord Europa, ma li ha presi un po’ ovunque, anche in Sudamerica e in Africa».
Sartori ha raccontato che un tempo guardava circa 200 partite all’anno allo stadio, mentre oggi sono meno della metà. Col tempo ha cominciato a utilizzare anche i dati e i video, soprattutto per una prima fase di scrematura. Lui e il suo staff hanno un database sulla piattaforma Webscouting che permette di registrare dati e informazioni sui calciatori osservati. Dentro ci sono centinaia di profili di calciatori e le valutazioni di chi li ha seguiti: per esempio “da prendere”, “da rivedere” o “da seguire”.
La scelta dei potenziali obiettivi per il calciomercato si basa su costanti ricerche incrociate, ma quando bisogna concludere l’acquisto di un calciatore la decisione definitiva arriva sempre dopo un’osservazione dal campo fatta da Sartori in prima persona. C’è quindi un primo studio iniziale, poi un’analisi più mirata, e infine si comincia a parlare con il giocatore e la squadra da cui si vuol prenderlo.
A volte i calciatori vengono seguiti a lungo, prima di essere presi: Bottani ricorda che quando ancora lavoravano al Chievo andò a vedere per diversi anni il centrocampista Remo Freuler nel campionato svizzero, continuando a proporlo a Sartori, che infine si decise ad acquistarlo quando erano entrambi già passati all’Atalanta (e poi se lo portò pure al Bologna, dove gioca oggi).
Avere, e aggiornare, più informazioni possibili su più calciatori possibili consente a Sartori e ai suoi collaboratori di farsi trovare sempre pronti quando devono rinforzare la squadra. «Ci vuole anche fortuna, ma la fortuna bisogna cercarsela», dice ancora il suo ex collaboratore, ricordando di come per esempio Marten de Roon, quando lo presero dieci anni fa, fosse la quarta scelta tra i tanti calciatori dell’Heerenveen che stavano seguendo in quel periodo (e poi si rivelò uno dei migliori calciatori dell’Atalanta).
L’ex calciatore e commentatore Lele Adani su Giovanni Sartori
Dopo le recenti cessioni di Beukema e Ndoye molti siti sportivi hanno ricominciato a pubblicare liste aggiornate con tutte le plusvalenze di Sartori. Semplificando, sono liste che mostrano tutte le volte in cui i calciatori delle sue squadre sono stati rivenduti a un prezzo più alto di quello a cui erano stati acquistati. Serve – come è stato fatto all’inizio di questo articolo – per dimostrare in termini pratici il valore e l’utilità del suo lavoro.
Basandosi sui dati del sito di calciomercato Transfermarkt, la Gazzetta dello Sport ha scritto che, sommando il suo lavoro tra Chievo, Atalanta e Bologna, acquisti e cessioni di Sartori hanno generato «quasi mezzo miliardo di plusvalenze».
Sartori viene celebrato come «il re delle plusvalenze», «il genio del mercato», «un fenomeno». Per spiegare la sua eccezionale capacità di costruire squadre competitive con budget limitati a volte si usano termini che rimandano a una dimensione soprannaturale: «mago», «rabdomante di talenti» e perfino «Re Mida» (il personaggio citato per la sua capacità di “trasformare in oro” qualunque cosa toccasse).
In particolare gli anni dell’Atalanta, anche grazie all’eccezionale lavoro fatto dall’allenatore Gian Piero Gasperini, sono stati proficui sotto questo punto di vista. Dejan Kulusevski fu acquistato a 16 anni per 3,5 milioni di euro dal Brommapojkarna, in Svezia, e ceduto alla Juventus per 39 milioni, dopo una stagione giocata in prestito al Parma. Franck Kessié fu preso dalla Stella Club d’Adjamé, squadra della Costa d’Avorio, per 1,5 milioni di euro e venduto al Milan due anni dopo per 32 milioni. Anche dopo che Sartori se ne andò, vari calciatori da lui presi fruttarono grossi guadagni all’Atalanta, soprattutto due acquistati anni prima nei Paesi Bassi: Robin Gosens, preso all’Heracles Almelo per 1,5 milioni, fu ceduto all’Inter per 27,5, mentre per Teun Koopmeiners, pagato 14 milioni all’Az Alkmaar, l’estate scorsa la Juventus ne ha spesi 58,5.
Anche al Chievo Sartori acquistò tanti calciatori che si dimostrarono molto forti, come Simone Perrotta, Andrea Barzagli, Francesco Acerbi e Amauri: tutti poi venduti a squadre più importanti del Chievo a cifre molto più alte di quelle di acquisto.
Il lavoro di chi ricerca calciatori è in parte cambiato con gli anni. Oggi direttori sportivi e osservatori hanno database sempre più grandi, con parametri sempre più specifici: la conoscenza generale, anche di campionati piccoli e periferici, è molto migliorata. Di solito non si tratta più tanto di “scoprire” calciatori dal nulla, ma di individuare (tra quelli che già quasi tutti conoscono) quelli giusti per un determinato allenatore o una specifica squadra. Servono quindi anche il coraggio e la lungimiranza per prendere chi viene da contesti diversi, intuendo che potrebbe adattarsi a quello nuovo: cose che a volte mancano alle grandi squadre italiane.
Forse anche per questo Sartori, pur essendo molto stimato, è sempre rimasto in una dimensione più provinciale. «Ha avuto parecchie possibilità di andare in una grande squadra, ma in ambienti del genere non puoi muoverti come vuoi», dice Stefano Bottani; mentre secondo Marco Pacione «lui è uno che ha bisogno di autonomia, di decidere, di contare: non so se le grandi squadre possano garantirglielo fino in fondo». Nonostante questo desiderio di applicare i suoi metodi e di avere voce in capitolo su tutti gli aspetti del suo lavoro, Sartori viene comunque descritto come una persona che sa anche delegare, che si fida dei suoi collaboratori e che non vuole essere ingombrante nella squadra: «Veniva al campo quando ce n’era bisogno, e anche per questo la sua presenza era significativa: a volte essere sempre presenti non va bene», dice Pacione.
Fare il responsabile dell’area tecnica o il direttore sportivo oggi vuol dire anche saper trattare con varie figure, non solo con le altre squadre: nell’acquisto di un calciatore intervengono procuratori, intermediari e familiari che, nel linguaggio un po’ pigro del calciomercato, vengono spesso definiti “entourage”. Si dice che Sartori sia efficace, competente e incisivo anche in queste trattative. Pacione racconta che, ai tempi del Chievo, Sartori «era micidiale, sapeva trattare fino al punto giusto: quando uscivano dai colloqui con lui, vedevi i procuratori abbastanza provati».
Se lo ricorda così anche Bottani: «Chi tratta con lui pensando di ottenere qualcosa in più quasi sempre torna a casa con qualcosa in meno: in questo è un maestro». Nonostante ciò, comunque, «i calciatori gli sono riconoscenti, perché se anche sacrificano sul momento alcune cose a livello economico, alla fine la scelta quasi sempre paga». Secondo Bottani il soprannome il Cobra che da anni viene dato a Sartori si deve proprio a questa sua abilità nel trattare, mentre per altri si spiegherebbe più con la sua capacità di lavorare sul calciomercato in una maniera incisiva e silenziosa paragonabile a quella di un serpente («lavorando sottotraccia, come addormentato nella cesta, all’improvviso ecco l’alzata di capo per piazzare l’affarone dell’estate», scriveva qualche anno fa Zonamista Magazine).
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L’ex calciatore e oggi presidente del Chievo Sergio Pellissier su Sartori
Ritiratosi dal calcio a 32 anni, Sartori ha fatto per qualche tempo il vice allenatore del Chievo, di cui divenne direttore sportivo già nel 1992. In questi 33 anni ha saputo aggiornarsi e adeguarsi ai cambiamenti nel calcio per rimanere competitivo senza snaturarsi: ancora oggi, come detto, preferisce vedere i calciatori dal vivo, e pur utilizzando tecnologia e dati, nel suo lavoro rimane per certi versi uno “all’antica” (non ha WhatsApp, ma risponde subito a chiamate e messaggi).
Ha saputo rapportarsi con decine di allenatori anche molto diversi e con centinaia di dirigenti e procuratori. Ha gestito l’acquisto di oltre mille calciatori: solamente pochi si sono rivelati inadeguati, ed è anche sbagliando il meno possibile che Sartori è diventato uno dei migliori dirigenti calcistici italiani.



