Dmitry Medvedev fa il “poliziotto cattivo”
È un ruolo che Putin ha affidato all'ex presidente russo, che da liberale e vicino all'Occidente è diventato un violento nazionalista

L’ex presidente ed ex primo ministro russo Dmitry Medvedev è riuscito nelle scorse settimane a fare qualcosa che tentava dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina: far cadere un leader occidentale nelle sue provocazioni sui social media. Medvedev dapprima a giugno e poi negli ultimi giorni di luglio ha usato il social media X per attaccare direttamente il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ed entrambe le volte Trump gli ha risposto. Nell’ultimo scambio, Medvedev ha fatto un riferimento diretto alla possibilità che la Russia risponda alle minacce di Trump con un’arma nucleare, e a quel punto Trump ha annunciato di aver ordinato lo spostamento di due sottomarini nucleari americani come risposta alle «affermazioni folli e incendiarie» dell’ex presidente russo.
Per Medvedev questa provocazione riuscita è un grosso successo: è da tempo che provoca sui social media i leader occidentali, ma questa è la prima volta che qualcuno gli dà corda. Sembra inoltre che le sue minacce e le sue dichiarazioni stiano assumendo un ruolo significativo di tramite nella comunicazione tra Russia e Stati Uniti.
Dmitry Medvedev è il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, un organo che assiste il presidente Putin sulle questioni legate alla guerra in Ucraina, tra le altre cose. Tra il 2008 e il 2012 era stato presidente della Russia, in quello che fu di fatto un avvicendamento programmato: nel 2008 Putin aveva superato il limite dei due mandati consecutivi imposti dalla legge russa e non poteva ricandidarsi, così aveva mandato avanti Medvedev, che aveva governato per un solo mandato e poi lasciato di nuovo il posto a Putin (che poi ha cambiato la legge, per non avere più scocciature).
Durante il suo periodo da presidente, Medvedev si presentò come un liberale vicino all’Occidente. Sviluppò un rapporto molto cordiale con il presidente americano Barack Obama, si fece un celebre selfie con l’allora capo di Apple Steve Jobs e fece diverse interviste con i media internazionali. Al termine del suo mandato, nel 2012, Medvedev era il beniamino di tutti i liberali russi, che per un momento speravano che si sarebbe ricandidato sfidando Putin. Medvedev però si fece da parte, e accettò il ruolo minore di primo ministro, che mantenne fino al 2020.

Medvedev e Steve Jobs nel giugno 2010 nella Silicon Valley (EPA/DMITRY ASTAKHOV/RIA NOVOSTI)
L’immagine di liberale e moderato di Medvedev è durata fino al febbraio del 2022, quando è iniziata l’invasione su larga scala dell’Ucraina. L’ex presidente si è trasformato in un violento nazionalista, che usa X per attaccare sistematicamente l’Ucraina, gli Stati Uniti e i paesi europei. In questi anni di guerra, Medvedev ha sempre espresso le posizioni più estreme e guerrafondaie, e ha più volte minacciato l’utilizzo di armi nucleari contro l’Europa. Non ha il potere di usare le armi nucleari russe, e anzi viene ritenuto ormai una figura di secondo piano nella gerarchia politica.
Ma è pur sempre un ex presidente, e le sue dichiarazioni hanno avuto effetti in diverse occasioni. I giornali europei hanno spesso dato risalto alle sue minacce – quelli italiani più di altri – e hanno contribuito a instillare la paura per una possibile ritorsione nucleare russa contro i paesi che si fossero esposti troppo per aiutare la resistenza ucraina.
Medvedev, poi, ha spesso usato la tattica dell’insulto: ha più volte definito il cancelliere tedesco Friedrich Merz «un nazista», ha dato del «Micron» al presidente francese Emmanuel Macron, e del «drogato» al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il mese scorso ha detto che il segretario generale della NATO Mark Rutte «si è ingozzato di troppi funghetti allucinogeni» e che dovrebbe imparare il russo perché «potrebbe tornargli utile quando sarà in un campo di prigionia in Siberia».

Medvedev e Vladimir Putin nel febbraio 2017 (AP Photo/Ivan Sekretarev)
I leader occidentali insultati non avevano mai risposto alle provocazioni, fino a Trump. Tra i due c’era stato un primo piccolo scontro a giugno (Medvedev aveva detto che dopo aver attaccato l’Iran Trump poteva scordarsi il Nobel per la Pace), e poi il grosso litigio di fine luglio, quello dei sottomarini nucleari.
Il fatto che Trump abbia risposto, però, non dipende soltanto dal temperamento del presidente americano, ma anche dal modo in cui si stanno svolgendo le comunicazioni tra Stati Uniti e Russia. Dopo un iniziale periodo di vicinanza all’inizio del suo mandato, nelle ultime settimane Trump è diventato sempre più insofferente nei confronti di Putin, che ha sistematicamente fatto fallire tutti i suoi tentativi di ottenere un cessate il fuoco in Ucraina. Trump ha espresso il suo senso di disillusione nei confronti di Putin in più di un’occasione. Sui social media ha scritto, in riferimento alla guerra in Ucraina: «Vladimir, STOP!», e ha fatto capire che pensa che Putin, con le sue tattiche dilatorie, lo stia prendendo in giro.
Al tempo stesso, però, Trump ha esitato ad attaccare direttamente il presidente russo, che potrebbe presto tornare a essere un interlocutore negoziale: i due, peraltro, dovrebbero incontrarsi nei prossimi giorni.
E qui è diventato utile Medvedev. Rispondendo alle sue minacce nazionaliste, Trump ha potuto mostrarsi duro con la Russia, al punto da annunciare lo spostamento di alcuni sottomarini nucleari: questa è una mossa di scarse conseguenze pratiche ma simbolicamente notevole. Ma ha potuto farlo senza doversela prendere direttamente con Putin.
In un certo senso, Medvedev ha fatto da parafulmine nel recente peggioramento dei rapporti tra Stati Uniti e Russia, evitando uno scontro diretto tra i due leader. Questo è un ruolo che Putin gli ha affidato da tempo: Ihor Romanenko, un ufficiale militare ucraino, ha detto ad Al Jazeera che quello in corso tra Stati Uniti e Russia è «uno spettacolo mediatico», e che Putin ha affidato a Medvedev il ruolo di «poliziotto cattivo».
Al tempo stesso però non bisogna pensare che questa strategia comunicativa sia stata studiata a tavolino: Medvedev da tempo ha assunto il ruolo di provocatore e di «poliziotto cattivo», e nel caso dello scontro con Trump è stato più efficace che in altre occasioni.



