Quante case verranno espropriate per costruire il ponte sullo Stretto

Nelle aree coinvolte abitano centinaia di persone che subiranno i primi effetti concreti dell'avvio del progetto

La zona di Torre Faro, a nord di Messina, dove sarà costruito uno dei due piloni del ponte sullo Stretto
La zona di Torre Faro, a nord di Messina, dove sarà costruito uno dei due piloni del ponte sullo Stretto (il Post)
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L’approvazione del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina era molto attesa dal governo perché con il via libera del Cipess, il comitato per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, è arrivata anche la cosiddetta dichiarazione di pubblica utilità, un atto che sblocca i contratti con le aziende costruttrici e soprattutto gli espropri di terreni e case. Nelle intenzioni della società Stretto di Messina, a cui il governo ha affidato la gestione del progetto, la costruzione del ponte partirà proprio dagli espropri, una delle fasi più delicate e contestate dalle centinaia di persone che abitano a Villa San Giovanni, in Calabria, e a Torre Faro, vicino a Messina, in Sicilia.

Innanzitutto, qualche numero. Sulla costa siciliana nella zona a nord di Messina il progetto prevede di espropriare 448 unità immobiliari, di cui 291 case: 230 nella zona di contrada Margi a Torre Faro, 51 a Contesse, altre 10 in altri cantieri. Il 60 per cento di queste, quindi 175, sono prime case, 120 sono invece negozi, 37 ruderi. È previsto anche l’abbattimento di due cappelle del cimitero di Granatari, sulla collina di fronte al mare, dove verranno ancorati i cavi di acciaio del ponte. A Villa San Giovanni, sulla sponda calabrese, le case che il progetto punta a espropriare saranno circa 150.

Sono in programma espropri anche in molte altre aree più vicine alla città di Messina, soprattutto terreni, per costruire le opere collegate al ponte come gli svincoli delle strade e del collegamento ferroviario e la nuova metropolitana della città. Alcune zone sono del tutto da espropriare, altre invece saranno destinate al cosiddetto asservimento: significa che i proprietari dovranno cederle per un certo periodo di tempo, per esempio per far passare i tir, oppure dovranno concedere la costruzione di servizi come impianti e reti fognarie.

Nelle tavole del progetto le aree coinvolte sono di diversi colori: il rosa indica la zona dove verrà costruito il ponte, in giallo le aree di cantiere, in marrone lo spazio occupato dalla ferrovia, in verde l’estensione della riqualificazione ambientale.

La società Stretto di Messina aveva pubblicato già dallo scorso anno il piano degli espropri con tutti i dettagli, particella catastale per particella catastale. È stato aperto un “cassetto virtuale”, cioè una piattaforma online per spiegare con precisione cosa è previsto nelle aree ora private. Sono stati aperti anche due uffici – uno a Messina e uno a Villa San Giovanni – a cui negli ultimi mesi si sono rivolte circa 800 persone per avere informazioni.

È stato stimato che la spesa totale per gli espropri sarà di circa 215 milioni di euro. Il conto finale dipende dalla disponibilità o dalla resistenza dei proprietari. Pietro Ciucci, amministratore delegato della Stretto di Messina, ha detto che sarà sfruttata una legge approvata lo scorso anno che permette di dare un incentivo economico a chi aderirà volontariamente all’esproprio. «So che daremo parecchio fastidio e anche qualche dispiacere forte a chi è particolarmente affezionato alla propria casa, ma spero proprio di poter riuscire a gestire la cosa con rapporti di reciproco rispetto», ha detto alla Stampa.

Inoltre i proprietari che dimostreranno di aver acquistato la casa prima del 30 giugno del 2023 riceveranno il 15 per cento in più del valore. Se la casa è abitazione principale verrà data anche l’indennità di ricollocazione, di fatto un aiuto economico per traslocare di massimo 40mila euro. Se la residenza è stata presa dopo il 30 giugno del 2023 il sostegno si riduce a 10mila euro.

I proprietari possono opporsi agli espropri con un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (TAR) per contestare la legittimità della decisione o delle procedure seguite dallo Stato. Se invece non sono soddisfatti degli indennizzi possono rivolgersi alla Corte d’Appello. In generale la possibilità di contestare un esproprio è piuttosto limitata, ma gli abitanti di Torre Faro e Villa San Giovanni già in passato presentarono molte diffide e ricorsi.

Già nel 2011 infatti la società Stretto di Messina pubblicò il primo avviso degli espropri, che mise in allarme gli abitanti delle aree coinvolte nel progetto. Era un plico di 1.089 pagine e allora furono dati 60 giorni per presentare osservazioni. Il progetto del ponte fu poi accantonato dal governo guidato da Mario Monti perché giudicato troppo costoso e degli espropri non si parlò più per oltre un decennio, fino al 2023, quando il governo di Giorgia Meloni ha riproposto il vecchio progetto.

Chi abita nelle aree da espropriare ha già subìto gli effetti del ponte, anche se la realizzazione del progetto finora non è mai cominciata. Con i vincoli “preordinati agli espropri”, emanati nel 2003, rinnovati nel 2008 e infine nel 2023, lo Stato ha impedito qualsiasi sviluppo urbanistico. La principale conseguenza dei vincoli è una svalutazione enorme del valore delle case.

Negli ultimi due anni comitati civici e ambientalisti hanno organizzato manifestazioni e presentato esposti e ricorsi contro il progetto e gli espropri. Secondo i comitati le celebrazioni del governo dopo l’approvazione del Cipess sono una mossa propagandistica, perché che inizino i cantieri dovrà esprimersi la Corte dei Conti «che non potrà ignorare i gravi profili di illegittimità amministrativa, tecnica ed economica».

Manca anche il progetto esecutivo che dovrà rispondere a molte prescrizioni e osservazioni fatte da diversi enti nell’ultimo anno, durante le discussioni del progetto preliminare. In questa fase è ancora prevista la possibilità di presentare ricorsi in tribunale, cosa che molti comitati sembrano intenzionati a fare. «Chi pensa di poter forzare procedure, vincoli, normative e diritti dovrà rispondere davanti a giudici indipendenti», ha scritto il Comitato No Ponte Capo Peloro.