La promettente pillola sperimentale contro le apnee notturne
Sta dando risultati incoraggianti nei test clinici, e potrebbe migliorare il sonno e la salute di milioni di persone

Un nuovo farmaco sperimentale contro l’apnea notturna ostruttiva (OSA, da Obstructive Sleep Apnea) ha dato risultati positivi in una serie di test clinici, segnando un importante sviluppo per trattare una sindrome che riguarda centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, con molte implicazioni per la loro salute. I risultati sono ancora preliminari e saranno necessarie nuove analisi, ma hanno suscitato molto interesse in ambito medico, dove da anni si cercano trattamenti più adeguati e pratici per i pazienti.
L’OSA è la forma più comune di problema respiratorio nel sonno e si stima che interessi tra il 9 e il 38 per cento della popolazione. Le stime variano molto a causa della difficoltà di diagnosticare il problema, perché tante delle persone interessate non si rendono conto di respirare male mentre dormono. Come suggerisce il nome, l’apnea notturna ostruttiva comporta che si smetta di respirare per alcuni secondi mentre si dorme, a causa di un rilassamento nel restringimento delle pareti della gola. Le interruzioni momentanee durano solitamente qualche decina di secondi, ma sono stati documentati casi che superano abbondantemente il minuto. Nelle forme più gravi gli episodi si ripetono con frequenza e hanno un forte impatto sulla qualità del sonno.
Il blocco temporaneo della respirazione può essere totale, e allora si parla di apnea, oppure parziale con il dimezzamento del flusso d’aria verso i polmoni, una condizione che viene invece definita ipoapnea. In entrambi i casi è “ostruttiva” perché è causata da un’occlusione meccanica delle vie respiratorie e si distingue da un’altra forma che si chiama apnea notturna centrale nella quale è il cervello a non inviare sempre ai muscoli del respiro i giusti segnali durante il sonno.
Quando si hanno episodi di OSA, gli scambi gassosi nel sangue (il prelievo di anidride carbonica e l’immissione di ossigeno) rallentano attivando alcune aree del cervello che inducono l’uscita dal sonno profondo, verso uno più leggero o uno stato di veglia. Il risveglio parziale o totale fa sì che si torni a respirare normalmente e a superare la crisi. Il problema è che gli episodi di apnea sono quasi sempre ricorrenti e molto frequenti, di conseguenza chi ne soffre si sveglia di continuo o comunque non riesce a rimanere a lungo nello stato di sonno profondo.
A causa dello scarso riposo, ci si sente stanchi durante il giorno, ma spesso non ci si ricorda di avere avuto numerosi microrisvegli, e questo complica la diagnosi della condizione. Le persone scoprono spesso di avere l’OSA perché dormono con qualcuno che si accorge del loro sonno disturbato o delle apnee, che si risolvono con improvvisi sbuffi o un forte ansimare. Chi soffre di OSA di solito russa anche e ha un respiro rumoroso e faticoso in quasi tutte le posizioni che assume a letto.
L’OSA inizia solitamente a manifestarsi dopo i 40 anni e interessa di più gli uomini rispetto alle donne. Oltre a incidere sulla loro qualità della vita, può contribuire al manifestarsi di altri problemi di salute, soprattutto tra le persone anziane. Le apnee notturne possono causare problemi cardiaci, diventare un fattore importante nello sviluppo del diabete e incidere in generale sull’aspettativa di vita.
Non è ancora completamente chiaro che cosa inneschi l’OSA, anche perché entro certi limiti è normale che i muscoli che abbiamo in gola si rilassino durante il sonno, proprio come fa buona parte dell’apparato muscolare. In alcune persone il rilassamento determina un collasso temporaneo delle parti molli della gola, portando alle apnee. Tra i fattori di rischio possono esserci il sovrappeso, l’impiego eccessivo di farmaci per dormire, il consumo di alcol e il fumo. Ci possono poi essere fattori genetici e altri legati a come si è fatti, come la larghezza del collo, la sua forma, la presenza di un setto nasale deviato o di polipi nasali che non fanno respirare bene.
Una volta diagnosticata l’OSA, si prova di solito a intervenire sulle cause, a cominciare dagli stili di vita. Seguire una dieta dimagrante, smettere di fumare e di consumare alcol, ridurre il consumo di farmaci per dormire e abituarsi a dormire in posizioni diverse da quella supina (sulla schiena) possono aiutare a tenere sotto controllo il problema. Nei casi più difficili viene invece consigliato l’utilizzo di un macchinario per la ventilazione meccanica a pressione positiva continua (CPAP), simile a quelli che si utilizzavano durante la pandemia da coronavirus per aiutare a respirare chi aveva forme gravi di COVID-19.

(AP Photo/Reed Saxon)
Forzando il passaggio dell’aria, il CPAP evita che si chiudano le vie aeree nel sonno, utilizzando una mascherina collegata a un dispositivo tramite un tubo, che deve essere indossata tutta la notte. Molte persone la trovano però scomoda e sono infastidite dal rumore del macchinario, di conseguenza smettono di usarla dopo poco tempo e prima di riuscire ad abituarsi. I dispositivi più recenti sono più silenziosi e comprendono un sistema per umidificare l’aria, riducendo la secchezza in gola che segnalavano molti utilizzatori, ma nonostante le innovazioni l’abbandono del CPAP contro le apnee continua a essere significativo. Ed è per questo motivo che da tempo si sperimentano soluzioni più pratiche, come una pillola da prendere prima di andare a dormire.
Tra le aziende farmaceutiche che lavorano allo sviluppo di una pillola contro l’apnea c’è la statunitense Apnimed, che si è proprio specializzata in questo settore. È l’azienda che ha da poco comunicato i risultati dell’ultimo test clinico, segnalando importanti progressi nel trattamento con farmaci dell’OSA. La pillola sperimentale (AD109) contiene atomoxetina, usata normalmente per il trattamento del disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), e arossibutinina, un farmaco per gestire il rilassamento di certi muscoli. Usati in combinazione, i due principi attivi favoriscono il passaggio dei messaggi nervosi verso i muscoli delle vie aeree e aiutano a modulare il modo in cui si rilassano.
Lo studio clinico di fase 3, la più avanzata nella verifica del funzionamento e della sicurezza di nuovi farmaci, ha portato a una riduzione significativa delle apnee nei partecipanti che hanno assunto il farmaco, rispetto a quelli che avevano usato una pillola che non faceva nulla (placebo). La quantità di apnee notturne si è dimezzata rispetto alla media e l’effetto si è mantenuto oltre i sei mesi previsti per il test, in alcuni casi fino a quasi un anno. Sono stati rilevati meno cali di ossigeno nel sangue durante la notte, con un miglioramento della qualità del sonno.
Sempre secondo Apnimed gli effetti collaterali sono stati moderati, come secchezza delle fauci e in alcuni casi insonnia, che solo nel 3 per cento dei casi è stata tale da indurre i partecipanti a interrompere l’uso del farmaco. Le informazioni sono state comunicate dall’azienda in anticipo sulla pubblicazione degli studi scientifici e sulla diffusione dei dati, che avverranno nei prossimi mesi. Non è quindi ancora chiaro se il farmaco porti benefici anche a chi soffre di condizioni croniche come obesità e malattie cardiache, spesso associate all’OSA.
Non è insolito che le aziende farmaceutiche anticipino i risultati dei loro test clinici con comunicati stampa, cercando di privilegiare gli aspetti positivi rispetto a quelli negativi o ancora poco chiari. La revisione degli studi e dei dati serve proprio a questo e fornirà ulteriori elementi, anche in vista della richiesta da parte di Apnimed di fare approvare il proprio farmaco negli Stati Uniti. Le novità comunicate dall’azienda sono state comunque accolte con interesse in ambito medico, dove si cercano da tempo soluzioni più efficaci contro le apnee notturne.



