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  • Domenica 3 agosto 2025

Quaranta Gran Premi di Formula 1 nella “Monaco senza muretti”

Quella di Budapest è una pista lenta, calda, polverosa e complicata, oltre che un pezzo di storia dell’automobilismo

La pista dell'Hungaroring durante il Gran Premio di Ungheria del 2024, 21 luglio 2024 (Rudy Carezzevoli/Getty Images)
La pista dell'Hungaroring durante il Gran Premio di Ungheria del 2024, 21 luglio 2024 (Rudy Carezzevoli/Getty Images)
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Quest’anno la Formula 1 gareggia per il quarantesimo anno consecutivo all’Hungaroring, il circuito del Gran Premio di Ungheria situato poco fuori Budapest. Tra appassionati è spesso definito “Monaco senza muretti” perché la pista – stretta, con tante curve e pochi rettilinei – rende le gare lente e i sorpassi molto difficili, come a Monte Carlo. Ma mentre al Gran Premio di Monaco – che si disputa su strade cittadine e non su pista – al lati dell’asfalto ci sono subito i “muretti”, le barriere di protezione che delimitano il tracciato, all’Hungaroring tra l’asfalto e le barriere c’è la cosiddetta via di fuga, l’area di sicurezza posta ai lati della pista, solitamente in erba o in ghiaia.

La prima gara di Formula 1 all’Hungaroring si corse nel 1986 e quello fu il primo Gran Premio a svolgersi oltre la “cortina di ferro”, il confine che durante la “Guerra Fredda” aveva separato l’Europa occidentale alleata degli Stati Uniti dall’Europa orientale parte del blocco comunista.

A volere quella gara in Ungheria fu l’allora capo della Formula 1, Bernie Ecclestone. Il suo obiettivo era quello di aprire la Formula 1 a un pubblico nuovo e più numeroso e per farlo fece costruire la pista in circa otto mesi, un record che fu eguagliato solo nel 2021 dalla pista di Jeddah, in Arabia Saudita.

Bernie Ecclestone nel 1986 (Paul-Henri Cahier/Getty Images)

Bernie Ecclestone nel 1986 (Paul-Henri Cahier/Getty Images)

Oltre a essere il primo Gran Premio “oltre cortina” arrivava anche trent’anni dopo la rivoluzione ungherese del 1956. La Stampa lo presentò come «il punto d’arrivo di una liberalizzazione economica e di costume in atto da tempo: nei negozi di Budapest trovi l’abbigliamento Benetton, i jeans americani, le scarpe dei “paninari” italiani».

Quel primo Gran Premio fu un successo: nonostante il caldo andarono a vederlo più di 200mila persone e la gara si fa ancora ricordare dagli appassionati per un sorpasso considerato storico. Al 57esimo giro il brasiliano Nelson Piquet, che era secondo, riuscì ad affiancare su un rettilineo il connazionale Ayrton Senna, per poi superarlo all’inizio della curva successiva con una doppia derapata. Fu un sorpasso di grande complessità tecnica: superare una macchina in curva, dall’esterno e con una frenata di quel tipo è difficilissimo, in particolare con un’auto di Formula 1 di quegli anni.

Sorpassi come quello di Piquet, che poi vinse il Gran Premio, sono rari all’Hungaroring. Anche se nel 1989 e nel 2003 alcune parti del tracciato sono state un po’ modificate, la pista rimane comunque una delle più lente della Formula 1 e una delle più complesse da affrontare. Motivo per cui non è che piaccia proprio a tutti: Max Verstappen, uno dei piloti più talentuosi e vincenti di sempre, la definì nel 2015 una «Mickey Mouse track», cioè una pista “poco seria”.

Oggi l’Hungaroring è lungo 4.381 metri e ha 14 curve. C’è un solo rettilineo, quello tra la curva 14 e la curva 1, dove un sorpasso è abbastanza fattibile, mentre negli altri punti – in cui la pista è sempre abbastanza stretta – è piuttosto difficile realizzarne uno. Per questo motivo al Gran Premio d’Ungheria le qualifiche (la sessione che determina la griglia di partenza) sono ancora più importanti. Nelle 39 passate edizioni solo quattro volte il Gran Premio d’Ungheria è stato vinto da un pilota che partiva oltre il quarto posto.

POV: Stai guidando all’Hungaroring

Ma l’Hungaroring è un tracciato molto complicato anche per altri fattori. Dato che il circuito è usato poche volte l’anno, prima della gara si accumula spesso molta polvere, che limita il grip, cioè l’aderenza della macchina alla pista. E siccome per tradizione il Gran Premio d’Ungheria si corre in piena estate, in gara l’asfalto spesso supera i 50 °C e sia gli pneumatici che i freni tendono a surriscaldarsi.

Il Gran Premio d’Ungheria è quindi uno dei più lenti del Mondiale. Ma “lenta” non è sinonimo di “facile”: al contrario, richiede complesse capacità tecniche e strategiche. I piloti, per esempio, devono essere molto bravi a gestire con attenzione le frenate, dato che i rettilinei sono pochi, il tempo per far raffreddare i freni (cioè per non usarli) è molto limitato e la sabbia rischia di far sbandare le vetture.

E dato che le gomme, surriscaldandosi, si consumano più in fretta, le squadre devono spesso sviluppare una strategia di gara molto delicata e rischiosa, per esempio facendo un pit stop in più, cioè un’ulteriore sosta per cambiare le gomme. Fu una strategia, per esempio, che nel 1998 risultò vincente per il pilota della Ferrari Michael Schumacher, che vinse pur facendo un pit stop in più rispetto ai suoi avversari della McLaren.

E anche se la scarsa opportunità di sorpassare può far sembrare questo Gran Premio un po’ noioso, quando avviene un sorpasso — come quello di Piquet su Senna — il risultato è spesso spettacolare e molto apprezzato dai tifosi.

Nonostante i suoi problemi il Gran Premio d’Ungheria rimane comunque il secondo tracciato più longevo della Formula 1 dopo quello di Monza, su cui si corre ininterrottamente dal 1981. Il Gran Premio di Monaco è più antico (al Mondiale si disputa dal 1955), ma nel 2020 non si svolse a causa della pandemia di Covid-19.

Il Gran Premio d’Ungheria è confermato nel calendario del Mondiale almeno fino al 2032, nonostante in questi anni alcune piste storiche — come quella di Imola – abbiano faticato a mantenere un posto in una Formula 1 sempre più internazionale e concentrata sui mercati emergenti di Asia e Stati Uniti.