Il comune di Milano chiederà aiuto al prefetto per gli edifici sotto sequestro

Il sindaco lo ha promesso ai proprietari delle case coinvolte nelle inchieste sull’urbanistica, che non possono viverci

Il cantiere di Scalo House posto sotto sequestro in una foto di archivio
Il cantiere di Scalo House posto sotto sequestro in una foto di archivio (ANSA/ ANDREA FASANI)
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Il sindaco di Milano Beppe Sala ha detto che chiederà l’intervento della prefettura per tentare di sbloccare i cantieri sotto sequestro a causa dell’inchiesta sulla gestione dell’urbanistica in città. Lo ha promesso ai rappresentanti del comitato “Famiglie sospese, vite in attesa”, composto da oltre 1.500 persone che anni fa avevano versato decine e in alcuni casi centinaia di migliaia di euro come anticipo per comprare case dove ora non possono vivere perché gli edifici sono sequestrati nell’ambito dell’inchiesta.

Il sindaco ha chiesto aiuto al prefetto perché la prefettura è considerata parte terza, dato che non è coinvolta nelle indagini. In teoria infatti un problema di questo tipo dovrebbe essere gestito dal comune, come è accaduto fino a pochi mesi fa, ma l’inchiesta ha coinvolto diversi funzionari e politici locali, tra cui lo stesso Sala, e di fatto bloccato l’attività di molti uffici.

L’obiettivo del comune e del comitato è trovare una soluzione al sequestro, valutando caso per caso come intervenire. Molto passerà dalle trattative con i costruttori, a cui sarà chiesto di presentare nuove richieste di autorizzazione.

Per anni il comune di Milano ha dato la possibilità di iniziare molti cantieri di nuove costruzioni con una cosiddetta Scia, un documento di “segnalazione certificata di inizio attività”, che nella maggior parte dei casi si usa per interventi di ristrutturazione e che permette di accelerare le procedure burocratiche. La Scia è di fatto un’autocertificazione che ha effetto immediato: una volta presentata si può iniziare a costruire, e il comune può fare controlli successivamente.

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Molti dei casi contestati dalla procura hanno seguito questa procedura. Uno dei promotori del comitato, Filippo Borsellino, ha detto al Corriere della Sera che dal 2015 sono stati circa 50mila gli alloggi realizzati a Milano con almeno una delle problematiche contestate dalla procura.

Per ottenere uno sblocco di quei cantieri, ora fermi o addirittura mai iniziati, servirà revocare la Scia e presentare un piano attuativo, un documento che definisce i volumi, l’altezza, la forma e l’impatto sul quartiere circostante del nuovo edificio e che è necessario per le edificazioni più grandi. Presentando un piano attuativo al posto di una Scia i costruttori dovranno anche pagare più oneri di urbanizzazione.

Non sarà comunque un processo veloce, perché le autorizzazioni dovranno essere valutate dagli uffici tecnici, poi dalla Giunta e successivamente dovrà essere chiesto il dissequestro alla procura.

Già all’inizio di maggio il comune aveva introdotto nuove regole, più restrittive, seguendo le indicazioni della procura. Ora serve presentare un piano attuativo, e non più una semplice Scia, in particolare per tutti i progetti di edifici che superano i 25 metri di altezza e nelle ristrutturazioni con un cambio di sagoma rispetto agli edifici precedenti. Anche il cambio di destinazione d’uso degli edifici da ristrutturare, per esempio da commerciale a residenziale, è meno automatico rispetto a prima.

Queste regole però valgono per i nuovi progetti, mentre per il passato non c’è ancora una soluzione. Per risolvere più velocemente il problema dei casi contestati potrebbe bastare anche un intervento legislativo del parlamento, ma il primo tentativo fatto con la legge Salva Milano non è andato a buon fine. La Salva Milano era considerata una legge controversa ed è stata molto criticata, soprattutto dagli ambientalisti e dagli architetti urbanisti, perché considerata una sorta di condono.

La regione Lombardia ha invece proposto di sospendere le rate dei mutui alle persone costrette a pagare per le case in cui però non stanno vivendo.

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