A Milano serviranno più permessi per costruire nuovi palazzi

Le inchieste sull'urbanistica hanno spinto il comune ad approvare nuove regole, soprattutto per quelli alti più di 25 metri

Il cantiere di un palazzo in costruzione in via Sbodio a Milano
Il cantiere di un palazzo in costruzione in via Sbodio a Milano (Stefano Porta / LaPresse)
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La giunta comunale di Milano ha introdotto nuove regole per costruire nuovi edifici, in particolare palazzi alti oltre 25 metri: ai progettisti e alle imprese non basterà più segnalare al comune l’inizio dei lavori, ma dovranno presentare un progetto e discutere con gli uffici delle ricadute dei nuovi edifici sul contesto urbano. Le regole più severe sono soprattutto una forma di tutela e una risposta alle sollecitazioni della procura di Milano, che nell’ultimo anno e mezzo ha aperto inchieste sulla costruzione di molti palazzi.

Finora il comune di Milano dava la possibilità di iniziare il cantiere di palazzo con una cosiddetta Scia, un documento di “segnalazione certificata di inizio attività”, che nella maggior parte dei casi si usa per interventi minori di manutenzione o restauro e che permette di accelerare le procedure burocratiche. La Scia è di fatto un’autocertificazione che ha effetto immediato: una volta presentata si può iniziare a costruire, e il comune può fare controlli successivamente.

I comuni possono decidere di adottare un’interpretazione più rigida o – come Milano – più lasca. Secondo la procura, negli anni il comune di Milano è stato fin troppo permissivo lasciando ai costruttori la possibilità di presentare una Scia invece che seguire procedure sottoposte a più controlli, come il “permesso di costruire”. Le indagini hanno contestato progetti e autorizzazioni per costruire palazzi di grandi dimensioni, trattati come ristrutturazioni di edifici molto più piccoli.

Per di più la tesi dei magistrati è che questa interpretazione così libera sarebbe stata favorita da un «sistema», cioè un gruppo di persone composto da membri della commissione comunale per il paesaggio, altri soggetti dell’amministrazione di Milano, progettisti privati e costruttori.

La conseguenza delle inchieste è stata un blocco generale dell’urbanistica a Milano. Il coinvolgimento di alcuni funzionari pubblici – è stato arrestato Giovanni Oggioni, ex dirigente del comune – e l’incertezza sull’interpretazione delle regole urbanistiche hanno portato dirigenti e funzionari non coinvolti nelle inchieste a smettere di autorizzare progetti. Le inchieste hanno fatto fallire anche il tentativo fatto dal parlamento di introdurre deroghe retroattive attraverso il disegno di legge chiamato “salva-Milano”.

Le nuove regole prevedono un ricorso maggiore ai piani attuativi, una procedura che permette di pianificare con molta attenzione la costruzione di un edificio in accordo con i tecnici del comune. Il piano attuativo permette di valutare meglio fin da subito le ricadute della nuova costruzione sulla zona circostante e sulle infrastrutture nel rispetto delle indicazioni generali contenute nel piano di governo del territorio, il documento di pianificazione urbanistica della città sul lungo periodo.

Servirà presentare un piano attuativo, e non più una semplice Scia, in particolare per tutti i progetti di edifici che superano i 25 metri di altezza e nelle ristrutturazioni con un cambio di sagoma rispetto agli edifici precedenti. Anche il cambio di destinazione d’uso degli edifici da ristrutturare, per esempio da commerciale a residenziale, sarà più controllato e meno automatico rispetto a prima.

L’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi ha detto al Corriere della Sera che le regole sono state pensate a seguito dell’inchiesta della procura con l’obiettivo di accelerare la ridefinizione delle procedure in corso e quindi sbloccare i moltissimi progetti in attesa. A causa delle inchieste e dei sequestri, infatti, ormai da mesi non vengono quasi più approvati progetti per nuove costruzioni, e molti cantieri già avviati sono stati bloccati aspettando che ci fosse maggiore chiarezza normativa: tra le altre cose, circa 1.600 persone non possono vivere nelle loro nuove case che avevano acquistato prima che venisse completata la costruzione dei palazzi, e per cui hanno pagato decine e in alcuni casi centinaia di migliaia di euro come anticipo.

– Leggi anche: E chi aveva comprato casa prima delle inchieste sull’urbanistica a Milano?