Il monaco a capo del più famoso tempio buddista cinese è nei guai
Shi Yongxin, che ha reso Shaolin un'attrazione turistica e un marchio, è accusato di appropriazione indebita e di aver avuto rapporti con varie donne

Domenica il celebre tempio buddista di Shaolin, in Cina, ha annunciato che il suo abate Shi Yongxin è indagato per appropriazione indebita e malversazione di fondi destinati al tempio. Nel comunicato, pubblicato sull’app di messaggistica cinese WeChat, si legge che il monaco è anche accusato di aver avuto rapporti con più donne e di avere almeno un figlio illegittimo, in contrasto con i principi buddisti che prevedono la castità.
Shi, che non ha commentato pubblicamente le accuse, è molto conosciuto in Cina e uno dei monaci buddisti più famosi al mondo: lunedì la notizia delle indagini era l’argomento più letto e commentato su Weibo, uno dei principali social network cinesi.
Dopo la pubblicazione del comunicato l’Associazione buddista cinese gli ha revocato il titolo di monaco finché non saranno terminate le indagini. Nell’annunciarlo ha accusato Shi di aver «gravemente compromesso la reputazione della comunità buddista e l’immagine dei monaci».
Shi Yongxin è a capo del tempio di Shaolin dal 1999 e in questi venticinque anni l’ha trasformato in un marchio globale e in un’attrazione turistica visitata ogni anno da milioni di persone. Il tempio, fondato circa 1.500 anni fa nella provincia orientale di Henan, è inserito nella lista dei patrimoni dell’UNESCO ed è uno dei più importanti templi della religione buddista. Era diventato un’attrazione turistica già a partire dagli anni Ottanta, dopo l’uscita dell’omonimo film del regista Chang Hsin Yen e con protagonista Jet Li, che è poi diventato uno dei più celebri attori di arti marziali al mondo. Nel 1998 il tempio era già visitato da più di due milioni di persone ogni anno.
È sotto la guida di Shi Yongxin però che il tempio è diventato davvero famoso anche all’estero, motivo per cui a volte viene soprannominato il «monaco amministratore delegato»: oggi i turisti che ogni anno lo visitano a pagamento, fra cui molti turisti internazionali, sono diventati circa 7 milioni. Migliaia di persone ogni anno pagano per trascorrere dei periodi nel tempio e imparare il kung fu, lo stile di arti marziali cinese, dai monaci che vivono stabilmente nel tempio. Online ci sono moltissimi video che raccontano queste esperienze, alcuni dei quali hanno milioni di visualizzazioni.
Sotto il marchio registrato Shaolin, Shi ha anche aperto diverse scuole di arti marziali e istituti culturali fuori dalla Cina e più recentemente ha creato dei corsi frequentabili anche online. Qualche anno fa aveva in progetto di costruire un resort di lusso da 300 milioni di dollari in Australia, che avrebbe compreso un hotel, una scuola di kung fu e un campo da golf, ma che non si è mai realizzato.
Con l’obiettivo dichiarato di promuovere la cultura Shaolin nel mondo, Shi ha creato delle compagnie itineranti di monaci che si esibiscono in spettacoli di kung fu e ha organizzato festival culturali in diversi paesi. Negli anni il tempio è stato visitato da moltissime celebrità e capi di stato e di governo, i cui nomi sono leggibili su una targa posta accanto a quelle già presenti in uno dei viali alberati del tempio in cui sono scritti i nomi delle principali dinastie cinesi. È stata anche creata una linea di oggetti e vestiti, acquistabili sia nel tempio che nelle sue sedi all’estero e online.

Uno spettacolo di monaci Shaolin a Cali, in Colombia, nel 2008 (AP Photo/Christian Escobar Mora)
Shi ha anche creato la Shaolin Intangible Assets Management, una società che investe nelle diverse aziende legate al marchio Shaolin e di cui era proprietario all’80 per cento, prima di trasferire la sua quota al tempio (di cui è però il capo). Negli anni ha registrato circa 700 marchi per prodotti che vanno da corsi di kung fu a dolci vegetariani. Si è sempre rifiutato di rendere pubblici i bilanci del tempio, ma secondo le stime si aggirano intorno a diverse decine di milioni di dollari all’anno.
In questi anni diversi hanno criticato questo approccio, accusando Shi di aver commercializzato eccessivamente un luogo sacro e di tale importanza storica. Alcuni l’hanno accusato di averlo fatto per arricchirsi personalmente a spese del tempio, cosa per cui oggi è indagato. Non è la prima volta però: già nel 2015 Shi era stato infatti accusato degli stessi reati (appropriazione indebita, relazioni con donne e figli illegittimi) e anche di aver ricevuto regali costosi da aziende e amministrazioni locali, fra cui un SUV Volkswagen, diversi prodotti di Apple e un abito ricamato in oro. Shi aveva negato tutte le accuse e un anno dopo era stato assolto.



