Dagli Stati Uniti arriverà sempre più gas

L’Italia ne compra già moltissimo, molto di più rispetto al passato, e continuerà a farlo dopo l’accordo sui dazi

Il rigassificatore di Ravenna
Il rigassificatore di Ravenna (Snam/Ufficio stampa)
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Il record di importazione di gas dagli Stati Uniti registrato in Italia nei primi sei mesi dell’anno è probabilmente destinato a essere superato entro il 2026 in virtù dell’accordo sui dazi trovato tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. L’Unione infatti si è impegnata a comprare “prodotti energetici statunitensi” per 750 miliardi di dollari in tre anni (circa 639 miliardi di euro), ovvero soprattutto gas naturale liquefatto (GNL) portato in Europa su grandi navi metaniere e poi rigassificato prima di essere immesso nelle reti nazionali, a costi elevati. Nel 2024 l’Europa ha comprato agli Stati Uniti gas per 51 miliardi di dollari.

Da gennaio a giugno l’Italia ne ha già comprato molto: i dati di Snam, la società che gestisce e trasporta il gas nella rete, dicono che sono arrivate 56 navi metaniere dagli Stati Uniti contro le 31 dello stesso periodo del 2024. In totale queste 56 navi hanno portato il 45 per cento di tutto il GNL importato in Italia. Al secondo posto con il 25,8 per cento c’è il Qatar, con cui l’Italia ha un accordo che dura da oltre dieci anni, e al terzo posto l’Algeria con il 18,5 per cento.

L’aumento delle importazioni dagli Stati Uniti ha spinto in generale le forniture di GNL: nei primi sei mesi dell’anno l’Italia ha comprato il 35 per cento di GNL in più rispetto al 2024, circa 2,7 miliardi di metri cubi. A maggio e a giugno il GNL ha coperto il 33 per cento di tutti gli approvvigionamenti di gas, superando i volumi in ingresso dall’Algeria, diventando così la prima fonte di approvvigionamento di gas dell’Italia.

Fare arrivare il gas via nave è un processo più lungo e costoso rispetto all’importazione via gasdotto. Innanzitutto il gas, per essere messo nella stiva di una metaniera, deve essere portato allo stato liquido. Da gas diventa appunto GNL, gas naturale liquefatto: in questo modo occupa un volume circa 600 volte inferiore e una metaniera può trasportarne una quantità molto maggiore. Una volta giunto via nave negli impianti di rigassificazione, il GNL è ritrasformato in gas e successivamente viene immesso nei gasdotti, da cui arriva a centrali termoelettriche a gas, aziende e case.

Il GNL viene trasportato nelle navi a pressione poco superiore a quella atmosferica e a una temperatura di -162 °C, che serve per mantenerlo liquido. Nei rigassificatori torna allo stato gassoso grazie a un processo di riscaldamento controllato all’interno di un vaporizzatore, che ha un volume adeguato per permettere l’espansione del gas. Il riscaldamento avviene facendo passare il GNL all’interno di tubi immersi in acqua marina – che ha chiaramente una temperatura più alta.

Tutti questi passaggi, oltre al trasporto via nave, comportano costi più elevati rispetto al gas importato via gasdotto, anche se il prezzo finale dipende per la maggior parte dall’andamento del Title Transfer Facility (TTF), il principale mercato per gli scambi di gas, che ha sede ad Amsterdam nei Paesi Bassi.

– Leggi anche: Come viene stabilito il prezzo del gas

Fino a pochi anni fa era impensabile importare gas dagli Stati Uniti perché non era conveniente né per gli Stati Uniti né per l’Europa. Fino al 2018 i prezzi del gas infatti erano troppo bassi da giustificare investimenti per le grandi aziende energetiche statunitensi. «Lo scenario è cambiato con la crisi dei prezzi avvenuta tra il 2021 e il 2022», dice Michele Soldavini, responsabile dei mercati della società di consulenza energetica Alens. «In alcune settimane del 2022 i prezzi del gas in Europa hanno superato i 300 euro al megawattora, rendendo improvvisamente redditizi gli investimenti in nuovi terminali di liquefazione negli Stati Uniti e quindi per l’Europa l’importazione di GNL statunitense».

Il GNL è stato molto utile per differenziare le forniture e dipendere sempre meno dalla Russia, che dall’inizio dell’invasione in Ucraina ha utilizzato il gas per fare pressioni ai paesi europei. Da allora – c’era il governo di Mario Draghi – l’Italia ha iniziato a investire nella costruzione di nuovi impianti di rigassificazione, a Piombino e a Ravenna, ora entrambi in funzione, che si sono aggiunti a Panigaglia (La Spezia), Porto Viro (Rovigo) e Livorno. «La crescita del GNL nel mix degli approvvigionamenti italiani è una buona notizia, perché riduce la dipendenza del nostro paese da rotte fisse e predeterminate, consentendoci di assorbire con maggior efficacia gli effetti della complessa situazione geopolitica attuale», ha detto la scorsa settimana l’amministratore delegato di Snam, Agostino Scornajenchi, al Sole 24 Ore.

Soldavini dice che l’Italia ha assunto un ruolo importante in Europa perché dagli impianti italiani passa anche il gas poi esportato verso paesi come l’Austria e la Slovacchia, che non ricevono più gas russo: «L’obiettivo di eliminare gradualmente, entro il 2027, tutto il gas russo importato in Europa rende ancora più strategica la posizione dell’Italia». L’Italia ha un vantaggio rispetto ad altri paesi anche perché la sua capacità di rigassificare è utilizzabile in modo più efficace, e riesce a esportare con facilità. La Spagna ha più impianti, ma a differenza dell’Italia è limitata dalla scarsa esportazione di gas attraverso i Pirenei. Il Regno Unito invece non ha stoccaggi sotterranei di gas, essenziali per far fronte ai picchi di consumo in inverno.

L’accordo tra Unione Europea e Stati Uniti segue quindi una tendenza già evidente dettata dal mercato. A metà luglio Eni, per esempio, ha firmato un accordo con la società energetica statunitense Venture Global per comprare 2 milioni di tonnellate all’anno di GNL per vent’anni. Il fatto che i fornitori statunitensi di GNL siano grandi aziende private riduce almeno in parte il rischio di dipendere da un nuovo grande fornitore, come accadeva in passato con la Russia che controllava direttamente l’azienda Gazprom, con cui i paesi firmavano gli accordi per le forniture.