Lo zucchero è sempre zucchero

Può assumere molte forme diverse, ma dal punto di vista nutrizionale non ce n'è uno "migliore per la salute": conta la quantità

(AP Photo/Alan Diaz)
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L’annuncio di Coca-Cola di offrire negli Stati Uniti una versione della propria famosa bevanda addolcita con lo zucchero di canna al posto dello sciroppo di mais, su suggerimento di Donald Trump, ha suscitato interesse e ha generato qualche incomprensione intorno agli zuccheri e al fatto che alcuni di questi siano “più salutari” di altri. In realtà dal punto di vista nutrizionale non c’è differenza tra un tipo di zucchero o un altro, nonostante quello bianco da tavola venga spesso demonizzato e sia stato definito senza basi scientifiche un “veleno” da Robert Kennedy Jr., l’attuale ministro della Salute statunitense.

La versione classica della Coca-Cola negli Stati Uniti viene prodotta da decenni utilizzando lo sciroppo di glucosio-fruttosio, ottenuto in parte dalla lavorazione dell’amido di mais. Grazie ai numerosi sussidi previsti per i coltivatori di mais nel paese e ad altri motivi economici, questo sciroppo è un dolcificante più economico rispetto allo zucchero da tavola, che si ottiene principalmente dalla canna e in misura minore (ormai quasi marginale) dalla barbabietola e che viene invece impiegato da Coca-Cola in molte altre aree del mondo come il Messico e l’Europa.

Lo sciroppo di glucosio-fruttosio è utilizzato negli Stati Uniti in una grande quantità di bibite e di prodotti confezionati, cioè in alimenti che proprio per il loro alto contenuto di zuccheri e in caso di consumo eccessivo possono portare all’obesità e al diabete. Kennedy sostiene da anni che gli zuccheri, soprattutto in alcune loro forme come lo sciroppo di mais, siano dannosi per la salute e da quando fa parte del governo di Trump ha fatto pressioni nei confronti delle più grandi aziende del settore alimentare, dimostrando di non avere le idee molto chiare sul ruolo degli zuccheri nella nostra alimentazione.

Lo zucchero bianco in cristalli, quello che usiamo per dolcificare un tè o preparare una torta, è solo uno delle centinaia di zuccheri che messi tutti insieme fanno parte di un gruppo della famiglia dei carboidrati, che comprendono sostanze chimiche molto diverse tra loro. Salvo qualche rara eccezione, dal punto di vista energetico tutti i carboidrati contengono circa 4 chilocalorie per grammo. Gli zuccheri sono dei nutrienti, forniscono energia e permettono alle nostre cellule di funzionare. I più importanti per noi sono gli zuccheri semplici, cioè quelli che il nostro organismo assimila facilmente e velocemente.

I due zuccheri semplici con cui abbiamo a che fare per tutta la vita sono il glucosio e il fruttosio, due monosaccaridi che possono essere usati per costruire i polisaccaridi, cioè molecole più complesse. Il glucosio viene assorbito nell’intestino, passa nella circolazione sanguigna e da questa alle cellule, che lo usano così com’è per i loro processi. Il fruttosio richiede invece un passaggio attraverso il fegato, che si occupa di renderlo utilizzabile negli altri tessuti del corpo.

Come suggerisce il nome, il fruttosio è presente nella frutta, ma non è l’unico zucchero che si trova in una pesca, una pera o in qualsiasi altro frutto. Nella frutta, infatti, ci sono in proporzioni variabili fruttosio, glucosio e saccarosio, cioè quello che chiamiamo zucchero da tavola. Se mangiamo una mela, il nostro organismo assorbe velocemente il glucosio, mentre impiega un po’ più di tempo a gestire gli altri.

Il saccarosio è un disaccaride e deriva quindi dall’unione (condensazione) di due monosaccaridi, e a questo punto avrete probabilmente intuito quali sono: il glucosio e il fruttosio. Nel nostro intestino c’è un enzima che ha la capacità di rompere il legame che li tiene insieme, quindi di fatto libera il glucosio e il fruttosio, che seguono poi la via che abbiamo visto per essere assorbiti.

In poche parole: assumiamo saccarosio che diventa glucosio e fruttosio.

Come suggerisce il nome, lo sciroppo di glucosio-fruttosio, cioè quello nella Coca-Cola statunitense, è costituito da glucosio e fruttosio proprio come il saccarosio. Rispetto a quest’ultimo, lo sciroppo ha una quota lievemente superiore di fruttosio ed è una sorta di miscela, quindi i suoi componenti sono da subito liberi senza la necessità di un passaggio tramite un enzima (alla fine, in entrambi i casi l’organismo ha a disposizione glucosio e fruttosio).

A oggi non ci sono elementi per ritenere che lo sciroppo di glucosio-fruttosio abbia effetti diversi sul metabolismo e sul sistema cardiovascolare rispetto al saccarosio, quando queste sostanze sono consumate nell’ambito di una dieta equilibrata e quindi non si eccede nel loro consumo. Lo stesso vale per gli altri tipi di zuccheri, dal miele (che è una miscela di glucosio e fruttosio disciolta nell’acqua con qualche sostanza aromatica) agli zuccheri di cocco o di palma (che contengono per lo più saccarosio e, in quota minore, glucosio, fruttosio e componenti aromatici). Può variare di non molto il potere dolcificante o il sapore, ma dal punto di vista nutrizionale non ci sono particolari differenze.

Gli zuccheri sono importanti per il funzionamento del nostro organismo e sono presenti pressoché in tutti gli alimenti che consumiamo. Possono esserci problemi per la salute se ne assumiamo troppi soprattutto quando sono “liberi”, cioè tutti quegli zuccheri che il nostro corpo può usare da subito senza fare particolarmente fatica.

Quando mangiamo una mela, gli zuccheri sono intrappolati nelle sue cellule e il nostro organismo deve lavorare, tramite la digestione, per ottenerli. È un processo che richiede tempo e che insieme ad altri fattori dà il senso di sazietà, rendendo improbabile che ci si mangi più di una mela in un solo spuntino. Se la stessa mela viene consumata come succo di mela, gli zuccheri sono da subito disponibili e vengono assimilati molto più in fretta, senza quel senso di sazietà.

È una condizione che vale sia per un succo che ha solo gli zuccheri della mela, sia per un succo che ha degli “zuccheri aggiunti” e per questo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha smesso di usare questa definizione. In entrambi i casi si parla infatti di “zuccheri liberi”, perché sono da subito disponibili, vengono consumati in fretta e fanno aumentare il rischio che se ne assumano di più, per esempio perché contribuiscono meno al senso di sazietà. Secondo i medici e le principali istituzioni sanitarie si deve quindi intervenire soprattutto sugli zuccheri liberi, riducendone il consumo nell’ambito delle proprie abitudini alimentari.

Le linee guida dell’OMS raccomandano di ridurre l’assunzione giornaliera di zuccheri liberi in modo che costituisca meno del 10 per cento dell’apporto energetico totale (cioè quante calorie si assumono in un giorno), con il consiglio di tendere al 5 per cento. Per una dieta di circa 2000 chilocalorie al giorno, di una persona adulta, quel 10 per cento equivale a circa 50 grammi di zuccheri, tanti quanti se ne possono trovare in mezzo litro di una bibita gassata zuccherata o in alcuni succhi di frutta.