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  • Venerdì 18 luglio 2025

Il biglietto di auguri volgare che Donald Trump inviò a Jeffrey Epstein

È ricco di allusioni ed è l’ultimo pezzo di una storia che sta mettendo il presidente in grossa difficoltà

Il deputato Democratico Jared Moskowitz con una foto di Trump e Epstein alla Camera a gennaio 2024
Il deputato Democratico Jared Moskowitz con una foto di Trump e Epstein alla Camera a gennaio 2024 (Rod Lamkey/CNP via ZUMA Press Wire)
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto di aver autorizzato la pubblicazione di alcuni documenti legali sul caso di Jeffrey Epstein, il ricco finanziere arrestato nel 2019 con l’accusa di aver sfruttato sessualmente decine di ragazze minorenni e che alcune settimane dopo si suicidò in carcere. L’annuncio è arrivato poco dopo la pubblicazione di un articolo in cui il Wall Street Journal ha rivelato l’esistenza di un biglietto di auguri che Trump scrisse a Epstein per il suo 50esimo compleanno, nel 2003. Trump ha denunciato due giornalisti del giornale e il gruppo editoriale dietro al Wall Street Journal, la Dow Jones e la News Corp, entrambe di proprietà di Rupert Murdoch, anche lui denunciato.

Il biglietto – che nell’articolo del Wall Street Journal è descritto ma non viene mostrato – riconferma la vicinanza e l’amicizia che c’era al tempo tra Trump e Epstein: il loro rapporto è testimoniato da numerose dichiarazioni, foto e video dell’epoca, ma dopo l’arresto di Epstein Trump ha spesso cercato di sminuirlo e negarlo. Nel biglietto c’è uno schizzo fatto a mano di una donna nuda, in cui la firma di Trump stesso, che è fitta e frastagliata, compone i peli pubici della donna. La dedica definisce Epstein un «amico» e allude a un segreto comune che i due condividerebbero.

Il testo del biglietto, scritto a macchina, contiene una specie di dialogo in terza persona tra Trump ed Epstein:

Voce fuori campo: Deve esserci qualcosa di più nella vita che avere tutto.
Donald: Sì, c’è, ma non ti dirò cos’è.
Jeffrey: Neanch’io lo dirò, ma so di cosa si tratta.
Donald: Abbiamo alcune cose in comune, Jeffrey.
Jeffrey: Sì, è vero, ora che ci penso.
Donald: Gli enigmi non invecchiano mai, ci hai fatto caso?
Jeffrey: In effetti, me ne sono accorto l’ultima volta che ci siamo incontrati.
Donald: Un amico è una cosa meravigliosa. Buon compleanno – e che ogni giorno sia un altro meraviglioso segreto.

Trump, sentito dal Wall Street Journal per un commento, ha detto che quel biglietto non è stato scritto da lui: «Non sono io, è falso, è una storia falsa del Wall Street Journal. Non ho mai fatto un disegno in vita mia. Non disegno donne. Non è il mio linguaggio, non sono le mie parole». Ha poi minacciato di querelare il giornale.

Da alcune settimane il cosiddetto “caso Epstein” sta provocando grossi problemi a Trump e sta generando molte critiche alla sua amministrazione da parte del movimento MAGA (da Make America Great Again, il famoso slogan di Trump). Per anni nella destra americana sono circolate teorie secondo cui Epstein sarebbe stato l’organizzatore di un gruppo di pedofili fatto da politici importanti, attori famosi e ricchi imprenditori. I membri di questo gruppo, che sarebbero stati protetti dal proprio potere e dalla propria ricchezza, avrebbero sfruttato sessualmente moltissime ragazze.

Secondo queste teorie Epstein, dopo l’arresto, non si sarebbe suicidato in carcere ma sarebbe stato ucciso, o costretto a uccidersi. Ma avrebbe conservato una lista dei suoi «clienti», dalla quale sarebbe possibile risalire a tutti i ricchi e potenti pedofili che collaboravano con lui. Questa lista, assieme ad altri documenti compromettenti di cui si presume l’esistenza, costituiscono i cosiddetti “Epstein files”.

Donald Trump e Jeffrey Epstein nella villa di Trump a Mar-a-Lago, Florida, nel 1997

Donald Trump e Jeffrey Epstein nella villa di Trump a Mar-a-Lago, la villa di Trump in Florida, nel 1997 (Davidoff Studios/Getty Images)

Per anni la destra trumpiana ha alimentato e sostenuto le teorie del complotto attorno agli “Epstein files”: durante la campagna elettorale del 2024 l’attuale vicepresidente J.D. Vance disse che sarebbe stato «importante» pubblicarli, e alcuni dei più convinti sostenitori del complotto erano gli attuali direttore e vicedirettore dell’FBI, Kash Patel e Dan Bongino. Alcuni mesi fa la procuratrice generale (cioè la ministra della Giustizia) Pam Bondi disse di avere gli “Epstein files” «sulla scrivania», facendo capire di essere pronta a pubblicare informazioni compromettenti.

Ma questo mese l’amministrazione ha annunciato che, dopo un’attenta revisione di tutti i documenti riservati, non c’erano rivelazioni da fare sul caso Epstein: il finanziere si era effettivamente suicidato, e non c’era nessuna lista di clienti.

Parte del movimento MAGA, dopo anni di teorie e complotti alimentati dalla destra americana, non ha accettato questa spiegazione, e ha cominciato a chiedere la divulgazione di tutti i documenti riservati. Ha contribuito alla confusione il miliardario Elon Musk, che il mese scorso, nel corso di una lite pubblica con Trump, ha detto che gli “Epstein files” non vengono pubblicati perché il presidente è menzionato nella lista dei clienti. Musk ha lavorato nell’amministrazione Trump nei primi mesi di mandato, ma non è chiaro in che modo potrebbe aver avuto accesso a eventuali documenti.

Negli ultimi giorni Trump ha mostrato di essersi spazientito contro i suoi stessi sostenitori che continuano a chiedere la pubblicazione degli “Epstein files”. Ha definito le teorie sul finanziere una «fake news» creata dai Democratici, e che i suoi sostenitori che continuano a seguirla sono degli «smidollati». Il fatto che Trump sapesse in anticipo dell’uscita dell’articolo del Wall Street Journal sul biglietto di auguri (perché il giornale lo aveva contattato prima della pubblicazione per chiedergli un commento) ha probabilmente contribuito alla sua frustrazione.

Alla fine Trump ha parzialmente ceduto alle pressioni, anche se non è del tutto chiaro quali documenti sul caso Epstein saranno pubblicati, sempre che lo siano. Trump ha detto di aver autorizzato la procuratrice generale Pam Bondi a pubblicare le «testimonianze rilevanti del grand jury» sul caso Epstein. Il grand jury è la giuria popolare che decide se una persona può essere incriminata o meno, ed è diversa dalla giuria che decide sulla colpevolezza di un imputato. Venerdì il dipartimento di Giustizia ha quindi chiesto di desecretare queste testimonianze al tribunale di New York, quello competente del caso.

Epstein fu condannato per favoreggiamento della prostituzione di minori già nel 2006 (quando però ottenne un patteggiamento piuttosto favorevole), ma i documenti del grand jury di allora sono già stati pubblicati. Nel 2019, dopo il suo secondo arresto, si formò un nuovo grand jury, ma il processo fu interrotto dopo poco tempo a causa della morte di Epstein. Le testimonianze del grand jury secondo la legge americana sono segrete, e per pubblicarle serve l’approvazione di un tribunale, che potrebbe richiedere mesi. Inoltre, si tratta soltanto di una piccola parte di quelli che per anni il movimento MAGA ha definito gli “Epstein files”.