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  • Martedì 15 luglio 2025

La Grecia contro i migranti, di nuovo

La sospensione delle richieste d’asilo decisa dal governo di Mitsotakis ha molti precedenti, e non sorprende più nessuno

Persone migranti arrivate al porto di Lavrio da Creta (AP Photo/Petros Giannakouris)
Persone migranti arrivate al porto di Lavrio da Creta (AP Photo/Petros Giannakouris)
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Venerdì scorso il parlamento greco ha approvato una legge che sospende per almeno tre mesi la valutazione delle richieste d’asilo delle persone migranti che partono dal Nord Africa. La legge viola varie norme europee e di diritto internazionale. È stata voluta dal governo di centrodestra del primo ministro Kyriakos Mitsotakis, che ha una larga maggioranza e un buon sostegno popolare, ed è l’ultima di una serie di misure molto radicali adottate dalla Grecia sull’immigrazione.

La Grecia è al centro di varie rotte migratorie verso l’Unione Europea. A quella più consueta e monitorata nelle zone di confine con la Turchia, si è aggiunta nell’ultimo anno una rotta marittima nel Mediterraneo, che parte prevalentemente dalla città della Libia orientale Tobruk e che ha come destinazione l’isola di Creta e la più piccola Gavdos, dello stesso arcipelago. Il viaggio dalla Libia prevede la navigazione per oltre 300 chilometri e può costare a ogni migrante fino a 5.000 euro.

Nell’ultimo anno, e ancora di più negli ultimi mesi, gli sbarchi su queste isole sono notevolmente aumentati. La nuova legge è stata descritta dalla maggioranza di centrodestra greca come una risposta a questa «emergenza».

Nel fine settimana precedente all’annuncio della legge, quello del 5-6 luglio, a Creta e Gavdos erano arrivate 2.000 persone, secondo i dati della Guardia costiera greca: nessuna delle due isole ha strutture di prima accoglienza e Gavdos ha meno di 100 residenti.

In Grecia a metà giugno i migranti sbarcati dall’inizio dell’anno erano stati 16.290, di cui 14.600 via mare; in tutto il 2024 più di 60mila, in crescita rispetto ai 48mila del 2023. Questo significa che per ora in generale gli arrivi registrati nel 2025 sono stati in calo rispetto al 2024, nonostante il governo greco parli di “emergenza” e in alcuni casi di “invasione”; sono però aumentati gli arrivi in destinazioni che prima non erano troppo coinvolte nelle rotte migratorie e che quindi non hanno le strutture per gestirli.

Persone migranti sull’isola di Lesbo, vicino alla Turchia (AP Photo/Santi Palacios)

Le norme europee e i trattati internazionali vincolano la Grecia (come tutti gli altri paesi membri) a valutare tutte le richieste di asilo che le vengono presentate. La legge greca però sospende questa possibilità: i migranti arrivati via mare non saranno accolti in centri per l’identificazione e l’analisi delle richieste, ma saranno arrestati e potranno essere puniti anche con cinque anni di carcere. La detenzione amministrativa preventiva in attesa di processo potrà durare fino a due anni (prima era 18 mesi) ed è stata cancellata la possibilità per chi è entrato nel paese di chiedere la cittadinanza greca dopo sette anni.

Le persone migranti potranno evitare processi e condanne accettando il rimpatrio volontario. Secondo l’opposizione e le associazioni per la difesa dei diritti umani la misura è incostituzionale.

Mitsotakis ha anche annunciato che in futuro avvierà una collaborazione diretta con la guardia costiera libica per rafforzare i controlli in mare e limitare le partenze. La guardia costiera libica è in realtà un insieme di milizie che usa metodi brutali, addestrato e finanziato anche dai paesi europei. Nonostante nominalmente abbia il compito di fermare le partenze, è ritenuta in combutta con i trafficanti di esseri umani. L’Italia ha da tempo accordi con la guardia costiera libica.

Il campo Kara Tepe sull’isola di Lesbo (AP Photo/Petros Giannakouris)

La Grecia ha una storia recente di politiche molto dure contro i migranti. La sua guardia costiera è stata accusata più volte di negligenze e di operazioni in contrasto con le leggi europee.

Organizzazioni non governative ma anche rapporti del Consiglio d’Europa hanno ipotizzato, sulla base di molte testimonianze, un suo coinvolgimento diretto nell’affondamento del barcone al largo di Pylos nel giugno del 2023: una motovedetta della guardia costiera fu accusata di aver tentato di trainare il barcone in acque territoriali italiane, causandone il ribaltamento. Morirono oltre 600 persone, in uno dei peggiori disastri degli ultimi anni nel Mediterraneo.

In altre occasioni la guardia costiera ha ignorato segnalazioni e richieste di aiuto di imbarcazioni di migranti in difficoltà. Nel 2023 un video verificato dal New York Times mostrò come alcuni migranti recuperati dalla guardia costiera fossero poi stati fatti salire su gommoni e abbandonati alla deriva vicino alle acque territoriali turche.

Da oltre dieci anni ong e giornali denunciano la pratica dei respingimenti sistematici dei migranti lungo il confine terrestre fra Grecia e Turchia: le persone che attraversano il confine vengono cioè rimandate indietro forzatamente, senza permettere loro di fare domanda d’asilo e spesso dopo essere state private dei loro beni e dei telefoni cellulari. È una pratica illegale dal punto di vista del diritto internazionale (pratica che viene utilizzata anche da molti altri paesi europei).

A gennaio la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), uno dei più importanti tribunali internazionali e legato al Consiglio d’Europa, ha emesso una sentenza in cui per la prima volta riconosceva l’esistenza di respingimenti sistematici delle persone migranti che cercano di entrare in Grecia dalla Turchia. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, nella prima metà del 2024 i respingimenti furono più di 150 e riguardarono oltre 4.000 persone, compresi minori non accompagnati, donne incinte e persone che avevano bisogno di cure mediche.

Varie ong hanno poi denunciato le condizioni inadeguate in cui vengono rinchiusi i richiedenti asilo. I centri sono sovraffollati, le condizioni igieniche precarie, il cibo e gli spazi aperti insufficienti, mentre personale medico o interpreti sono pochi o assenti. A marzo un’inchiesta di Solomon, un’agenzia giornalistica non profit greca, ha raccontato condizioni pessime del campo sull’isola greca di Samos, dove sono ospitati quasi 500 minori: bagni non funzionanti, bambini che dormivano per terra, finestre rotte e assenza di riscaldamento.