Nel Sahara c’è un muro lungo più di 2.700 chilometri
Cioè la distanza in linea d’aria tra Palermo e Kiev: separa una regione contesa da decenni, ma che ora il Marocco è vicino a fare sua

La scorsa settimana il Fronte Polisario, gruppo armato che combatte per l’indipendenza del Sahara Occidentale, ha lanciato alcuni missili nelle vicinanze della città di Smara, nel territorio controllato dal Marocco. Gli attacchi non sono stati eventi eccezionali: Fronte Polisario e forze marocchine si scontrano periodicamente dal 2020, quando fallì un cessate il fuoco firmato da entrambi nel 1991.
Il conflitto per il Sahara Occidentale è irrisolto da decenni. Senza nessuna soluzione in vista, ormai da tempo il Marocco sta usando la propria influenza internazionale per convincere i governi suoi alleati a riconoscere lo status quo, cioè il proprio controllo sul territorio. Alcuni lo hanno fatto, come gli Stati Uniti e Israele; altri si stanno preparando a farlo, come alcuni paesi europei.
La storia del conflitto cominciò nel 1884, quando la Spagna ottenne il controllo coloniale dell’area che grossomodo corrisponde all’attuale Sahara Occidentale. La regione si estende a sud del Marocco, e confina a ovest con l’oceano Atlantico, a sud e a est con la Mauritania, in parte a est con l’Algeria.
La Spagna governò il Sahara Occidentale per alcuni decenni, ma a partire dagli anni Sessanta del Novecento, come in altre parti dell’Africa, crebbero i movimenti di decolonizzazione. Il Sahara Occidentale era però un territorio particolare: ha tuttora una scarsissima densità di popolazione ma è ricco di risorse naturali e minerarie. Per questo era rivendicato sia dal Marocco sia dalla Mauritania.
Gli abitanti della regione sono noti come Saharawi e sono gruppi tribali arabo-berberi. Non hanno mai voluto far parte di nessuno dei due grandi stati vicini e hanno sempre cercato l’indipendenza del Sahara occidentale. Nel 1973 fu fondato il Fronte Polisario, un movimento politico-militare che aveva l’obiettivo di combattere l’occupazione coloniale spagnola e di fondare la Repubblica Democratica Araba dei Saharawi come stato indipendente.
Due anni dopo, nel 1975, il controllo spagnolo sul Sahara Occidentale era ormai indebolito. La Spagna era concentrata sulle questioni interne: in quell’anno sarebbe morto il dittatore Francisco Franco, e il paese era in una fase di transizione molto delicata. Il re Hassan II del Marocco decise di approfittarne per cercare di impadronirsi di parte del Sahara Occidentale. Lo fece con una mossa inusuale: inviò nella regione 350 mila civili marocchini, che entrarono nella regione in quella che sarebbe poi diventata nota come “Marcia Verde”.

Una foto aerea della Marcia Verde (Alain Nogues/Sygma/Sygma via Getty Images)
La Marcia Verde fu pacifica: i civili erano disarmati e portavano con sé soltanto il Corano, bandiere marocchine e foto di re Hassan. I pochi drappelli rimasti di soldati spagnoli, quando se li trovarono davanti, li lasciarono passare. Poco dopo la Spagna si ritirò definitivamente dal Sahara Occidentale, stipulando un accordo che consentiva a Marocco e Mauritania di spartirsi il territorio: due terzi al Marocco e un terzo alla Mauritania, senza nessun riconoscimento del diritto all’autodeterminazione della popolazione Saharawi.
Il Fronte Polisario però proseguì la sua lotta di liberazione. Ebbe particolarmente successo contro la Mauritania, che nel 1979 si ritirò dalla regione.

Partecipanti alla Marcia Verde, 1975 (Jacques Haillot/Apis/Sygma/Sygma via Getty Images)
Il più forte e organizzato Marocco, invece, ne approfittò per estendere il suo controllo, arrivando a occupare circa l’80 per cento del Sahara Occidentale. Oggi la situazione è ancora grossomodo la stessa: il Marocco occupa quattro quinti della regione, mentre il resto è controllato dal Fronte Polisario sotto il nome di Repubblica Democratica Araba dei Saharawi (SADR nel più noto acronimo inglese).
Le due regioni sono divise da un muro lunghissimo, più di 2.700 chilometri, che è alto mediamente due metri ed è presidiato dall’esercito marocchino. Costruito in sei fasi a partire dal 1980, è composto soprattutto da sabbia e roccia fortificate seguendo rilievi naturali; sul retro c’è una trincea e lungo il suo percorso ogni cinque chilometri circa ci sono basi con poche decine di soldati. L’intera struttura è tenuta costantemente sotto controllo da radar fissi e mobili.

Un segmento del lunghissimo muro costruito dal Marocco nel Sahara Occidentale (David Hume Kennerly/Getty Images)
Nei decenni le Nazioni Unite hanno tentato più volte di risolvere la questione del Sahara Occidentale, senza successo.
Secondo l’ONU il Sahara Occidentale è un «territorio non autonomo», cioè un territorio ancora soggetto a colonizzazione: sia perché è in gran parte occupato dal Marocco, sia perché, formalmente, non ha mai dichiarato la sua indipendenza dalla Spagna. Nel 1975 una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia stabilì che le rivendicazioni territoriali del Marocco e della Mauritania sulla regione non erano sufficientemente forti per stabilire la sovranità di questi due paesi sul territorio, e che quindi la popolazione Saharawi aveva diritto all’autodeterminazione, cioè ad avere un proprio stato. La sentenza fu ignorata.
Vari tentativi di trovare un accordo tra il Marocco e il Fronte Polisario si incentrarono sulla possibilità di celebrare un referendum sull’indipendenza: in teoria entrambe le parti erano favorevoli, ma non sono mai riuscite a trovare un accordo su chi avesse diritto di voto.
Nel 1991 fu stabilito un cessate il fuoco che è durato circa trent’anni, fino a che non fu interrotto nel 2020. L’ONU inviò una piccola missione di pace di alcune centinaia di uomini nota come MINURSO (dal francese: Mission des Nations Unies pour l’Organisation d’un Référendum au Sahara Occidental), che è tuttora lì.
Da ormai almeno un decennio, però, il Marocco ha rinunciato a un accordo di pace e sta cercando di formalizzare lo status quo, cioè il suo dominio su gran parte della regione.

Il portale di ingresso nella città di Dakhla, nel Sahara Occidentale: si vede l’attuale re Mohammed VI del Marocco e una mappa del paese che comprende anche l’intero Sahara Occidentale (AP Photo/Mosa’ab Elshamy, File)
Un’occasione arrivò nel 2020, quando la prima amministrazione statunitense di Donald Trump cominciò a stipulare i cosiddetti “Accordi di Abramo” per favorire il riconoscimento di Israele da parte del mondo arabo. Il governo del Marocco riconobbe lo stato di Israele, e in cambio Stati Uniti e Israele divennero i primi paesi al mondo a riconoscere la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale.
Da quel momento vari paesi europei hanno cominciato a mostrarsi più favorevoli alle rivendicazioni del Marocco: nel 2023 la Spagna ha aderito a un piano proposto dal Marocco che prevedeva per il Sahara Occidentale uno status di autonomia sotto la sovranità marocchina. Lo stesso hanno fatto la Francia nel 2024 e il Regno Unito il mese scorso. Appoggiare il piano del Marocco significa riconoscere informalmente la sua sovranità sul Sahara Occidentale, senza una decisione formale.



