Lena Dunham è tornata

Dopo l'enorme successo di “Girls” era un po' sparita: nella sua nuova serie, “Too Much”, racconta anche com'è cambiata la sua vita

Lena Dunham a un evento di gala a Los Angeles, 15 ottobre 2022 (Axelle/Bauer-Griffin/FilmMagic)
Lena Dunham a un evento di gala a Los Angeles, 15 ottobre 2022 (Axelle/Bauer-Griffin/FilmMagic)
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C’è un momento in cui la protagonista della serie tv Girls, un’aspirante scrittrice, sostiene di poter essere «la voce della sua generazione, o quantomeno una voce di una generazione». Hannah Horvath è notoriamente un alter ego di Lena Dunham, l’attrice, autrice e regista della serie, di cui si parlò effettivamente in questi termini quando uscì la prima stagione nel 2012. Girls riprendeva un genere già visto (quattro amiche a New York alle prese con piccoli e grandi problemi quotidiani) ma lo faceva con una scrittura e un’ironia del tutto inedite e a loro modo sorprendenti per il pubblico di quegli anni.

Alla fine dell’ultima stagione, nel 2017, c’erano grandi aspettative su quello che Dunham avrebbe fatto dopo Girls, che però per molti anni non arrivò se non in forma di progetti indipendenti e molto marginali. Ora, il 10 luglio, è uscita una sua nuova serie distribuita da Netflix: Too Much.

Too Much è il lavoro più personale di Lena Dunham fin da quando ideò, scrisse e interpretò Girls, che andò in onda su HBO dal 2012 al 2017 (in Italia si vede su Now) e diventò una serie di culto per gli spettatori millennial, che in quegli anni facevano l’università ed entravano nel mondo del lavoro. Il racconto e i dialoghi delle quattro protagoniste avevano un tono irriverente, a volte meschino e respingente, ma più realistico di altre serie mainstream a cui fu paragonata, come Sex and the City. Girls vinse numerosi premi, e Dunham fu molto lodata per la scrittura arguta, tanto da finire, nel 2013, nella lista delle 100 persone più influenti al mondo secondo Time. La protagonista, interpretata dalla stessa Dunham, era un personaggio femminile mai visto prima in televisione, e per molti versi autobiografico.

Anche Too Much è ispirata alla vita di Dunham, che oggi ha 39 anni e vive a Londra. L’ha scritta assieme al marito, il musicista inglese Luis Felber, e racconta la storia d’amore tra una ragazza statunitense che si trasferisce appunto a Londra per lavoro e un musicista inglese. Sono interpretati rispettivamente da Megan Stalter, vista in Hacks, e Will Sharpe, noto per la seconda stagione di White Lotus e per A Real Pain; ci recita anche Dunham, ma in un ruolo secondario. In una recente intervista a Variety Dunham ha spiegato che voleva fare un tributo alle commedie romantiche con cui era cresciuta, come Notting Hill e Il diario di Bridget Jones, che però non ignorasse quanto sia difficile far funzionare davvero una relazione.

Le riviste americane l’hanno recensita molto positivamente. Per Variety è «un degno seguito di Girls» e per il New Yorker «una delle serie migliori dell’anno», più dolce e piena di speranza rispetto a Girls. Il Guardian, britannico, l’ha invece trovata «una delusione totale», piena di cliché, «davvero non abbastanza per Lena Dunham».

Nata a New York in una famiglia di artisti, Dunham ebbe un successo molto precoce. Durante l’università produsse numerosi corti, e a 23 anni scrisse, girò e interpretò Tiny Furniture, un film indipendente e in parte autobiografico che le fece ottenere un accordo con il prestigioso network televisivo HBO. Ne uscì Girls, che affrontava temi come la tensione tra il bisogno di soldi e il desiderio di puntare sul lavoro creativo, le relazioni amorose, l’aborto, il rapporto delle donne col proprio corpo, l’amicizia femminile o le molestie sul lavoro, con un’audacia, un’accuratezza e un’ironia inedite per quei tempi.

Girls ricevette critiche e accuse di classismo, perché tutti i personaggi principali erano bianchi e le protagoniste tutto sommato ragazze benestanti e privilegiate, che trattavano come insormontabili dei piccoli problemi. La serie comunque portò moltissime attenzioni su Dunham e la rese una delle figure centrali del cosiddetto “femminismo mediatico”: contribuì infatti a diffondere idee femministe e a stimolare riflessioni sul ruolo della donna nella società anche sui social, dove è sempre stata molto attiva.

Proprio per via di alcuni suoi commenti su Twitter (ora X), tuttavia, dal 2017 si trovò al centro di dibattiti piuttosto accesi. Una volta fu attaccata perché difese un autore di Girls accusato di violenze sessuali, e un’altra scrisse di un episodio all’università che con il tempo era arrivata a considerare uno stupro e un ex studente le fece causa (anche se non era lui il presunto aggressore a cui lei si riferiva). Vanity Fair scrisse che era «diventata problematica con la ‘P’ maiuscola»; nel 2021 per descriverla il New York Times la chiamò «attrice-autrice-regista-creatrice di controversie».

In una recente intervista al quotidiano inglese Times Dunham ha raccontato che al tempo era molto ingenua, faceva fatica a capire cosa dire e cosa no in pubblico e non sapeva bene come reagire alle critiche. Sviluppò una dipendenza dai farmaci che prendeva per gestire l’ansia, finì in un centro di recupero e, in mezzo agli strascichi di uno «schifoso PTSD» (disturbo da stress post traumatico), decise di prendersi una pausa.

Inoltre Dunham ha sempre avuto un fisico lontano dai canoni che solitamente vengono proposti dai media, a partire da quello della magrezza, e in Girls era spesso mezza nuda: per questo nel tempo ha detto di aver subìto offese e mortificazioni costanti. Ha raccontato che fin da quando Girls aveva cominciato ad andare in onda riceveva ogni giorno moltissimi messaggi aggressivi sul suo aspetto, della serie «sei grassa, brutta e meriti di morire». Nel 2014 fu criticata anche perché alcune sue foto pubblicate in un servizio su Vogue America erano state ritoccate con Photoshop. «A Hollywood ho avuto tutte le taglie, e il mio corpo è cambiato per via della vita, della malattia, dell’invecchiamento e della menopausa», ha detto a Variety. «Ed è una cosa spietata ovunque ti trovi».

Finita Girls Dunham non ha fatto granché, o comunque niente di degno di nota. Dopo l’autobiografia del 2014 Non sono quel tipo di ragazza e la newsletter Lenny Letter, conclusa nel 2018, ha recitato perlopiù in piccoli ruoli, come quello in C’era una volta a… Hollywood. I film che ha diretto o interpretato più di recente, come Lezioni di vitaCatherine e Treasure, sono passati piuttosto inosservati.

Dunham comunque ha continuato a informare della sua vita, dei suoi progetti e dei suoi problemi di salute i suoi oltre 3 milioni di follower su Instagram. Nel 2017 si è sottoposta a un’isterectomia per i dolori cronici legati all’endometriosi, e ha detto di soffrire della sindrome di Ehlers-Danlos, una rara condizione che tra le altre cose crea problemi alle articolazioni.

Lena Dunham e il marito Luis Felber alla presentazione di Too Much

Ha spiegato a Variety che quando era poco più che ventenne non aveva idea di cosa fosse il blocco dello scrittore, però dopo Girls si sentiva sempre «esaurita e insicura». «E poi, un bel giorno mi sono svegliata con un grande fervore creativo». Il tutto si è innescato con la partenza da New York, che ha raccontato sulla rivista New Yorker, con la relazione con Felber e con la sua nuova vita a Londra.

Al momento è di nuovo a New York per lavorare sul musical di 10 cose che odio di te e per girare Good Sex, una commedia romantica con Natalie Portman. Al contempo ha un accordo con Netflix per aiutare autori e produttori emergenti a sviluppare i loro progetti, un po’ come aveva fatto per lei Judd Apatow agli inizi, e sta anche scrivendo una seconda autobiografia sulla fama e i suoi problemi. Intanto spera che ci sarà una seconda stagione di Too Much, e non esclude del tutto un sequel di Girls: ci lavorerebbe volentieri, dice, ma a patto che trovi una storia che valga la pena raccontare, e in un momento nelle vite di tutte le attrici in cui abbia senso farlo.

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