• Mondo
  • Venerdì 11 luglio 2025

Com’è Srebrenica oggi

La città bosniaca dove fu commesso il genocidio nel 1995 è ancora molto povera, e governata dai serbi bosniaci

Una vista di Srebrenica dall'alto, nel 2024 (AP/Armin Durgut)
Una vista di Srebrenica dall'alto, nel 2024 (AP/Armin Durgut)
Caricamento player

Venerdì 11 luglio a Srebrenica, in Bosnia Erzegovina, migliaia di persone hanno partecipato alla cerimonia per ricordare i morti del genocidio compiuto dalle truppe serbe bosniache nel 1995 in città e nella regione circostante. L’11 luglio di quell’anno i serbi bosniaci presero il controllo della città, che ospitava decine di migliaia di rifugiati bosgnacchi (bosniaci musulmani). Nei giorni successivi, uccisero più di 8mila persone.

Dal 2003, ogni 11 luglio i corpi dei morti del genocidio recuperati dalle fosse comuni e identificati vengono sepolti in un grande cimitero memoriale a Potočari, qualche chilometro a nord di Srebrenica (Srebrenica è un altro posto bosniaco, come Sàrajevo, dove mettiamo l’accento nel posto sbagliato: noi diciamo Srebrènitsa, in realtà è Srèbrenitsa). È un evento importante, al quale di solito partecipano i familiari delle persone uccise, insieme a politici, giornalisti e tantissimi visitatori. La città si riempie di persone in maniera eccezionale, soprattutto se si confronta con qualsiasi altro giorno dell’anno. Marinko Sekulić, giornalista di Srebrenica, qualche anno fa sintetizzò come si vive in città dicendo che Srebrenica «è vuota 364 giorni all’anno».

Uomini bosgnacchi pregano a Potocari, l'11 luglio 2024

Uomini bosgnacchi pregano al cimitero memoriale di Potočari, durante la sepoltura di alcune vittime del genocidio di Srebrenica l’11 luglio 2024 (AP/Armin Durgut)

Prima della dissoluzione della Jugoslavia e della guerra in Bosnia Erzegovina, nella municipalità vivevano circa 37mila persone, secondo il censimento del 1991. La grossa maggioranza, circa 27mila, era bosgnacca. L’economia andava piuttosto bene, anche perché a Srebrenica arrivavano migliaia di turisti all’anno. Srebrenica era famosa per le fonti termali: tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando la Bosnia Erzegovina faceva parte dell’Impero austroungarico, l’acqua di una famosa fonte della città, Crni Guber, veniva imbottigliata e venduta anche all’estero.

Con la guerra la municipalità di Srebrenica ha perso buona parte della sua popolazione: secondo il censimento del 2013, l’ultimo realizzato, il comune ha poco più di 13 mila abitanti, in pratica un terzo di quanti ne aveva nel 1991. È comunque un numero probabilmente esagerato: moltissime persone che hanno detto di essere residenti a Srebrenica vivono altrove. Secondo le stime che di solito vengono ritenute più realistiche dagli esperti, in città vivono circa 5mila persone: tra queste serbi e bosgnacchi sono grossomodo rappresentati in proporzioni uguali (sono comunque dati difficili da verificare, per cui vanno presi con le molle).

Oggi Srebrenica è considerata una municipalità molto povera, anche per gli standard della Bosnia Erzegovina, dove il PIL pro capite è di circa 6.500 euro e la qualità della vita è molto bassa. Si trova nel territorio della Republika Srpska, l’entità del paese dominata dai serbi bosniaci, lo stesso gruppo etnico a cui appartenevano i responsabili del genocidio del 1995 (la Bosnia Erzegovina è formata da due entità, la Republika Srpska e la Federazione di Bosnia Erzegovina, e dal distretto autonomo di Brčko). Oggi Srebrenica ha una mancanza cronica di attività economiche essenziali: e questo nonostante nel corso degli anni abbia ricevuto ingenti aiuti dall’estero e dalle autorità bosniache.

Il ritratto del presidente russo Vladimir Putin alla finestra di un edificio di Srebrenica

Il ritratto del presidente russo, Vladimir Putin, appeso alla finestra di un ufficio dell’organizzazione nazionalista serba Istočna Alternativa, nel centro di Srebrenica nel 2024. Molti serbi considerano la Russia un paese amico della Serbia, principalmente per il ruolo che ha avuto nelle guerre mondiali e per il fatto che la grande maggioranza dei serbi, proprio come i russi, è cristiana ortodossa (AP/Armin Durgut).

Dopo il genocidio dei bosgnacchi nel luglio 1995, Srebrenica divenne una città abitata interamente da serbi che in molti casi avevano occupato le case dei bosgnacchi. Soprattutto dopo il 2000, i primi profughi bosgnacchi iniziarono a tornare, reclamando le loro proprietà, in molti casi subendo attacchi e intimidazioni da parte dei residenti serbi.

Per facilitare il ritorno dei profughi bosgnacchi fu importante il fatto che Srebrenica, pur essendo allora una città abitata a grande maggioranza da serbi come effetto della pulizia etnica, dal 1999 al 2016 venne governata da sindaci bosgnacchi. Era un effetto della legge elettorale, che permetteva a chiunque fosse stato residente in città nel 1991 di votare alle elezioni locali. Allo stesso tempo, le elezioni a Srebrenica sono sempre state vissute come una competizione tra elettori di gruppi nazionali differenti, più che come un’elezione basata sui programmi e sulle idee di sviluppo per la città.

I serbi bosniaci hanno ricominciato a governare Srebrenica dal 2016 e da allora i governi locali che si sono succeduti si sono mostrati meno disposti a riconoscere il genocidio del 1995 e a sostenere i familiari delle persone uccise. Ci sono diverse ragioni per questo cambiamento. C’entra il fatto che molto probabilmente i bosgnacchi che non vivono stabilmente a Srebrenica, così come il principale partito bosgnacco del paese, il Partito di Azione Democratica, nel tempo hanno perso interesse nel mobilitare gli elettori per andare a votare. I partiti serbi invece hanno continuato a organizzarsi per registrare come elettori persone che normalmente vivono in Serbia.

Oggi in città non ci sono grosse tensioni, per lo meno nella vita quotidiana e nelle relazioni personali tra gli abitanti. Le provocazioni nazionaliste da parte dei serbi bosniaci, però, restano piuttosto frequenti, soprattutto durante le festività serbe ortodosse. Inoltre le autorità locali, come pure quelle della Republika Srpska, continuano a negare il genocidio del 1995 e a commemorare i propri morti con cerimonie organizzate negli stessi giorni: azioni che secondo molti fanno parte di un più ampio tentativo di relativizzare i crimini commessi contro la popolazione bosgnacca.

– Leggi anche: La sentenza sul genocidio di Srebrenica cambiò le cose