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  • Mercoledì 9 luglio 2025

I tanti oppositori condannati al carcere in Tunisia

Tra loro c'è anche Rached Ghannouchi, storico leader del partito Ennahda e grande critico del presidente autoritario Kais Saied

Una proteste a Tunisi nel settembre 2024 (AP Photo/Anis Mili)
Una proteste a Tunisi nel settembre 2024 (AP Photo/Anis Mili)
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In Tunisia 21 persone tra politici dell’opposizione ed ex membri dell’intelligence sono state condannate a diversi anni di carcere al termine di un grosso processo che secondo i critici del presidente Kais Saied è stato politicamente motivato. Quello appena concluso è stato l’ultimo di una lunga serie di processi che si sono tenuti contro giornalisti e politici negli ultimi anni, cioè da quando Saied ha cominciato a governare in maniera sempre più autoritaria.

Tra le persone imputate c’era anche Rached Ghannouchi, ex presidente del parlamento sciolto da Saied nel 2022 e storico leader del partito di opposizione Ennahda, di ispirazione islamica e moderata. Ghannouchi è stato condannato a 14 anni di carcere con l’accusa di aver cospirato contro la sicurezza dello stato e di appartenere a un gruppo terroristico. Si trovava già in prigione dal 2023: in precedenti processi era stato condannato a scontare un totale di 27 anni di carcere.

Gli altri imputati sono stati condannati a pene tra i 12 e i 35 anni di carcere, per reati tra cui incitazione alla violenza, sovversione e legami con organizzazioni terroristiche (non sono stati resi noti i singoli capi di imputazione). Dieci di loro si trovano già in prigione, mentre altri undici non sono più in Tunisia (tra cui il figlio di Ghannouchi, Mouadh, ex membro dell’intelligence tunisina).

Saied era stato eletto nel 2019, ma la fase democratica del suo mandato era durata poco. Nel 2022 aveva sciolto definitivamente il parlamento dopo averne bloccato i lavori per diversi mesi, aveva approvato un provvedimento che gli permetteva di governare per decreto e aveva rimosso vari primi ministri. Aveva inoltre iniziato ad attaccare il sistema giudiziario, sciogliendo il Consiglio superiore della magistratura (l’organo che ne garantiva l’indipendenza) e accusando più volte i giudici di essere corrotti.

Aveva infine promosso una riforma molto criticata della Costituzione tunisina, quella scritta in seguito alle proteste del 2011 contro il regime autoritario del presidente Ben Ali (le cosiddette “Primavere arabe”). La riforma di Saied cancellava molti dei progressi raggiunti in seguito a quelle proteste: accresceva i poteri del presidente e riduceva quelli del governo, del parlamento e dei giudici. All’epoca le opposizioni definirono le mosse del presidente una specie di «colpo di stato»: ci furono grosse proteste, represse con violenze e arresti.

Nel 2024 Saied è stato rieletto con il 90,7 per cento dei voti, ma le elezioni sono state considerate una farsa. Uno dei candidati formalmente di opposizione era di fatto un alleato dello stesso presidente, mentre un altro era un imprenditore incarcerato con accuse politicamente motivate che ha dovuto fare campagna elettorale dal carcere. Inoltre il voto è stato boicottato da gran parte dell’opposizione, e meno del 30 per cento dei tunisini e delle tunisine è andato a votare.