Il cambiamento climatico ha reso più mortale la recente ondata di calore
Un’analisi rapida ha stimato 2.300 morti in Europa e dice che 1.500 sono dovuti al riscaldamento globale: Milano è la città più interessata

Un gruppo di ricerca internazionale ha diffuso i risultati di una prima analisi rapida sull’ondata di calore che ha interessato buona parte dell’Europa tra fine giugno e inizio luglio, stimando che il cambiamento climatico abbia triplicato la quantità di morti a causa del caldo. Milano e Roma sono tra le città più interessate, sempre secondo le stime della ricerca che è la prima di questo tipo a fornire un’analisi nel brevissimo termine sulle morti per un’ondata di calore grazie a un approccio statistico. Non è quindi basata sui dati delle morti effettive per calore, che saranno disponibili tra mesi e che probabilmente sottostimeranno il fenomeno, vista la difficoltà di ricondurre singoli decessi ai periodi di caldo anomalo.
Lo studio ha preso in considerazione dodici grandi città europee nelle quali l’ondata di calore è proseguita per giorni, con temperature massime abbondantemente sopra la media stagionale. Secondo l’analisi, il cambiamento climatico causato dalle attività umane ha comportato 317 morti in eccesso stimate a Milano e 164 a Roma. Milano in particolare è la città con la quantità più alta di decessi stimati, seguita da Barcellona con 286 e da Parigi con 235.
Nel complesso l’analisi stima che, su 2.300 decessi, circa 1.500 siano legati al cambiamento climatico, cioè il 65 per cento circa. I dati indicano una quantità di decessi superiore a eventi dove le cause dirette di morte sono più evidenti, come le alluvioni a Valencia che nel 2024 causarono oltre 220 morti o le inondazioni nell’Europa nord-occidentale del 2021 che avevano causato almeno 240 morti.

L’analisi ha preso in considerazione il periodo tra il 23 giugno e il 2 luglio ed è stata svolta da ricercatrici e ricercatori dell’Imperial College di Londra e della London School of Hygiene & Tropical Medicine, nell’ambito delle attività di ricerca della World Weather Attribution (WWA). Questa organizzazione è una collaborazione tra scienziati ed esperti di clima che comprende importanti istituzioni scientifiche. Il suo compito davanti a eventi meteorologici particolarmente disastrosi è chiedersi: “C’entra il cambiamento climatico?”.
Dare una risposta a questa domanda non è semplice, ma nel corso degli anni la crescente quantità di studi e di serie storiche ha permesso di elaborare procedure e protocolli per rispondere con livelli di incertezza sempre più bassi. Non sempre però i dati sono da subito disponibili e questo vale soprattutto per le ondate di calore. Le persone che muoiono per il caldo sono per lo più anziane e hanno quasi sempre altri problemi di salute, di conseguenza si deve stimare quanto l’aumento della temperatura abbia influito sulle loro condizioni già precarie. Molti decessi vengono registrati in base ai problemi di salute già noti dei pazienti, senza particolari riferimenti al caldo e questo rende difficile tracciare gli andamenti.
Il gruppo di ricerca ha allora provato a seguire un’altra strada, utilizzando i dati raccolti negli anni scorsi e soprattutto le analisi epidemiologiche già svolte per stimare quante persone muoiano solitamente per il caldo, e in che condizioni. È ormai noto da tempo che quando fa molto caldo aumenta la quantità di persone che muoiono ogni giorno, specialmente tra le fasce più vulnerabili della popolazione. Questo legame è stato descritto con precisione dai modelli epidemiologici (cioè equazioni matematiche che descrivono gli andamenti), indicando per ogni città e per diverse fasce di età quanto aumenta il rischio di morte all’aumentare della temperatura media giornaliera (“curve di rischio”).
Le curve di rischio sono state applicate alle temperature registrate durante l’ondata di calore di fine giugno e inizio luglio e sulla base di queste è stata fatta una prima stima di quanti decessi in eccesso si sarebbero verificati. Il calcolo è stato poi ripetuto, ma utilizzando questa volta una versione alternativa delle temperature, cioè di come sarebbero state in assenza dell’aumento della temperatura media di 1,3 °C, dovuto al riscaldamento globale causato dalle attività umane.
Confrontando i risultati delle due simulazioni, il gruppo di ricerca ha potuto ricostruire quante delle morti stimate possono essere attribuite direttamente al cambiamento climatico. In questo modo hanno quindi stimato che circa 2.300 persone siano morte a causa delle temperature estreme nelle città prese in considerazione, e che in assenza del riscaldamento globale ci sarebbero stati 1.500 decessi in meno.

L’88 per cento delle morti in eccesso stimate aveva più di 65 anni, a conferma di ricerche svolte in precedenza sui maggiori fattori di rischio per le persone anziane durante le ondate di calore. I decessi in eccesso stimati tra i 20 e i 64 anni sono stati comunque 183, un dato che ricorda come anche tra le persone più giovani ci siano sensibili rischi legati al caldo.
Ben Clarke, del Centre for Environmental Policy dell’Imperial College di Londra, ha ricordato che: «Una variazione di soli 2 o 3 °C può fare la differenza tra la vita e la morte per migliaia di persone. Il nostro studio mostra quanto sia già pericoloso il cambiamento climatico con un aumento di appena 1,3 °C. Tuttavia, potremmo raggiungere i 3 °C in questo secolo, a meno che i paesi non accelerino la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili. Questo porterebbe in Europa ondate di calore più violente, causando più morti e mettendo sotto pressione i sistemi sanitari».
Nei prossimi mesi la diffusione dei dati sui decessi effettivi dovrebbe portare nuovi elementi per valutare l’impatto della recente ondata di calore. Negli ultimi tempi alcune città europee hanno avviato piani per affrontare le emergenze legate alle ondate di calore, come l’apertura di “rifugi climatici”, ma sono necessari interventi più strutturali a cominciare dagli interventi urbanistici per ridurre le “isole di calore”, cioè i punti delle città dove a causa della mancanza del verde si registrano temperature più alte.



