Perché in Italia ci sono così tanti studenti iraniani
È la comunità straniera più numerosa nelle università italiane, e la guerra sta creando grossi problemi anche ai loro studi

Dopo i 12 giorni di bombardamenti tra Israele e Iran moltissimi universitari iraniani che studiano in Italia hanno ripreso i contatti con famigliari e amici, prima interrotti a causa del blocco di internet deciso dal regime, ma ora devono affrontare le conseguenze della guerra che ha reso l’Iran più insicuro di quanto già non lo fosse, e meno accessibile.
I voli internazionali sono pochi e non è semplice spostarsi nemmeno all’interno del paese. Molti uffici governativi hanno chiuso in attesa che la situazione torni più tranquilla. L’impossibilità di ottenere documenti e visti è un grave problema sia per gli universitari che già studiano in Italia, sia per chi era in procinto di partire. Ma è anche un problema per gli atenei italiani, e per un motivo molto semplice: in Italia studiano oltre 13mila studenti iraniani, che insieme formano la comunità straniera più numerosa nelle università italiane.
I dati diffusi dal ministero dell’Università e della Ricerca aggiornati all’anno accademico 2023/2024 dicono che gli studenti iraniani iscritti nelle università italiane erano per la precisione 13.068. Il ministero tiene conto delle persone che si sono diplomate in patria, arrivate in Italia proprio per continuare gli studi. Al secondo posto c’è la Turchia con meno della metà degli universitari iraniani – 6.404 – mentre al terzo posto c’è la Cina con 6.065. Nel grafico compaiono solo le prime venti posizioni, qui invece ci sono i dati completi.
Come si può osservare dal grafico seguente, il numero degli universitari iraniani è cresciuto molto a partire dal 2018. Nel giro di pochi anni sono quintuplicati, passando da poco meno di tremila a oltre 13mila nell’anno accademico 2023/2024: è un aumento significativo e rapido rispetto all’andamento degli iscritti provenienti da altri paesi.
La crescita dipende in parte dal normale sviluppo dei flussi migratori, incentivati dai rapporti personali e dal passaparola, e in parte da bandi del ministero e borse di studio pensate per facilitare l’arrivo di universitari stranieri in Italia.
Quando si parla di Iran però bisogna considerare altre ragioni che spingono le persone a emigrare, come la politica del regime teocratico che limita i diritti e reprime il dissenso in modo violento. Negli ultimi 15 anni in Iran ci sono state enormi e prolungate proteste, sviluppatesi in modo spontaneo e senza un’organizzazione centralizzata, che in alcuni casi sono arrivate a mettere in discussione l’esistenza del regime guidato da Ali Khamenei, la massima autorità politica e religiosa dell’Iran. È successo l’ultima volta nel 2022 in seguito alla morte di Mahsa Amini, una donna di 22 anni morta mentre era detenuta per non aver indossato correttamente il velo, o hijab. Molte delle proteste sono state organizzate da giovani studenti.
Da anni inoltre l’economia del paese è in grave difficoltà a causa delle sanzioni internazionali reintrodotte dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump quando nel 2018 si ritirò dall’accordo sul nucleare iraniano: negli ultimi quattro anni l’inflazione è stata intorno al 40 per cento. La valuta iraniana, il rial, ha perso circa la metà del suo valore rispetto al dollaro dalla fine del 2021.
Le conseguenze dell’oppressione e della povertà sono evidenti: il numero di iraniani che studiano all’estero è aumentato di più negli ultimi quattro anni – nel 2024 erano 110mila – che nei due decenni precedenti.
Dopo la rivoluzione islamica del 1979 gli Stati Uniti sono stati a lungo la principale destinazione degli studenti iraniani. Le cose sono cambiate solo negli ultimi dieci anni, soprattutto dopo le restrizioni ai visti imposte durante la prima presidenza di Donald Trump. Molti studenti hanno ripiegato verso paesi più accoglienti come la Turchia, la Germania e appunto l’Italia, che offre borse di studio e posti letto nelle residenze universitarie a prezzi più accessibili rispetto ad altri paesi.
Molte delle borse di studio sono state concesse dal 2018 attraverso il programma del governo chiamato “Study in Italy”, che ogni anno riserva fondi per favorire l’arrivo di studenti stranieri in Italia. Lo scorso anno accademico il bando ha concesso fino a 900 euro al mese per periodi di 3, 6 o 9 mesi. Inoltre grazie ai parametri di reddito fissati dalle università quasi tutti gli studenti iraniani non devono pagare le tasse universitarie e hanno diritto a un posto nelle residenze per studenti.
L’anno in cui i flussi hanno iniziato a crescere, il 2018, coincide anche con alcuni miglioramenti introdotti dall’ambasciata italiana a Teheran, che ha semplificato e accelerato le procedure di visto e ha previsto una sorta di corsia preferenziale per gli studenti che chiedono documenti in vista dell’iscrizione alle università italiane. Le domande di documenti e visti sono aumentate di conseguenza, fino alle oltre seimila approvate nel solo 2023. Nel 2024 i visti per motivi di studio concessi a cittadini e cittadine iraniane sono stati quasi cinquemila.
Tutti i progressi fatti negli ultimi anni rischiano però di essere compromessi dal rallentamento o nei casi peggiori dal blocco totale della burocrazia, conseguenze secondarie se non marginali della guerra che comunque hanno effetti molto concreti per decine di migliaia di studenti.
Fulvio Corno, vicerettore del politecnico di Torino, dice che con l’inizio dei bombardamenti sono emersi molti problemi a cui è complicato trovare una soluzione in tempi brevi. Sui circa 38mila studenti del politecnico, il 23 per cento proviene dall’estero e di questi un quarto sono iraniani. «Non sappiamo quanti nuovi studenti già immatricolati riusciranno ad arrivare, se la situazione non migliorerà saranno pochi», ammette. «L’ambasciata ha limitato i servizi, quindi non è facile per loro ottenere il visto di ingresso per motivi di studio».
A causa dell’interruzione di molti voli internazionali, chi aveva programmato di tornare in Iran per l’estate non riesce a partire e molti studenti che dovrebbero tornare in Italia sono invece bloccati. Come molte altre università, anche il politecnico ha concesso una maggiore flessibilità sulle date degli esami, per non pregiudicare le carriere universitarie. «È stato anche potenziato il servizio di supporto psicologico e stiamo valutando interventi di tipo economico», continua Corno.
La preoccupazione maggiore per gli studenti non riguarda lo studio o gli esami, ma le borse di studio e l’alloggio nelle residenze universitarie. Le borse di studio infatti vengono concesse solo al raggiungimento di un certo numero di esami in un periodo ben preciso.
Un’universitaria iraniana che studia a Pavia, e che preferisce non diffondere il suo nome per possibili controlli e ripercussioni da parte del regime, spiega che a causa della chiusura degli uffici in Iran è diventato impossibile recuperare e spedire documenti indispensabili per ottenere le borse di studio e gli alloggi. «In molte università italiane sono state organizzate petizioni per chiedere alle università di intercedere con gli enti che gestiscono gli alloggi, almeno per rimandare le scadenze», dice. «Le comunicazioni con le famiglie sono complicate, i conti bancari sono bloccati e non è possibile farsi mandare soldi nemmeno per trovare una sistemazione temporanea».
A Napoli si è creata una rete di solidarietà per trovare una casa agli studenti che avevano programmato di tornare in Iran e che sono stati costretti a rimanere in Italia. Anche qui è stata diffusa una petizione per chiedere alloggi estivi di emergenza, l’accesso gratuito alle mense, un sostegno per il trasporto pubblico e per la connessione a internet. Gli studenti hanno scritto all’Adisurc, l’agenzia regionale per il diritto allo studio, per chiedere di prorogare i contratti che scadono a luglio: in questo modo non sarebbero costretti a trovare una casa sul mercato privato. Solo a Napoli sono 250 gli studenti iraniani ospitati nelle residenze universitarie.
Emilio Di Marzio, presidente dell’Adisurc e dell’Andisu, che raggruppa 42 enti per il diritto allo studio in Italia, dice che nei giorni scorsi è stato avviato un confronto con il governo per capire come affrontare questa incertezza. Molte delle decisioni dipenderanno dalla possibilità o meno di entrare e uscire dall’Iran: non era stato possibile nei giorni in cui era stata imposta la cosiddetta “no fly zone”, cioè una zona che è vietato sorvolare. «L’impossibilità di tornare a casa poteva motivare la richiesta di continuare l’assistenza da parte degli enti di diritto allo studio anche nei mesi estivi, ma la no fly zone ora è stata revocata», dice Di Marzio.
Nei fatti però, a prescindere dai divieti di volo, per gli studenti iraniani resta molto difficile tornare a casa, così come restano attuali le esigenze di sostegno. Di Marzio dice che non è facile, perché «siccome gli enti che gestiscono fondi sono pubblici, c’è anche un tema di spesa che va considerato. Comunque stiamo ascoltando tutte le richieste e cercheremo di trovare soluzioni, per quanto possibile».



