Il segretario di Stato (in pratica il ministro degli Esteri) statunitense Marco Rubio ha dato qualche dettaglio in più rispetto a Trump su quelli che ritiene essere stati i danni al programma nucleare iraniano, dopo che il presidente aveva parlato abbastanza genericamente di danni devastanti e aveva detto che i siti nucleari erano stati «obliterati», e dopo la diffusione non autorizzata di un rapporto preliminare dell’intelligence secondo cui il programma nucleare iraniano sarebbe stato rallentato solo lievemente dai bombardamenti.
Secondo Rubio i danni maggiori sarebbero stati provocati dagli attacchi al centro di conversione dell’uranio di Isfahan, e non alle strutture sotterranee di Fordo, quelle meglio protette e più discusse negli ultimi giorni. Il centro di conversione serve a trasformare l’uranio arricchito dallo stato gassoso (quello in cui si trova all’interno delle centrifughe durante il processo di arricchimento) a quello solido, cioè quello in cui viene usato nelle centrali e nelle bombe atomiche. È molto probabile che gli attacchi israeliani e americani contro il sito di Isfahan abbiano causato gravi danni, e probabilmente ci vorranno anni per ricostruirlo.

Un’immagine satellitare del sito di Isfahan dopo il bombardamento statunitense del 22 giugno (EPA/SATELLITE IMAGE 2025 MAXAR TECHNOLOGIES)
I danni effettivamente subiti dai siti nucleari iraniani, e lo stato delle loro riserve di uranio altamente arricchito, non sono chiari: per accertarli sarà probabilmente necessaria l’ispezione da parte dei tecnici dell’AIEA, l’agenzia dell’ONU per l’energia atomica, ma l’Iran non sembra intenzionato a collaborarci.