La fine di “Squid Game” è un’eccezione

È insolito che Netflix rinunci alla sua serie di maggior successo dopo sole tre stagioni, anche se forse dopo verrà comunque qualcosa

(No Ju-han/Netflix via IMDb)
(No Ju-han/Netflix via IMDb)
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Hwang Dong-hyuk, il creatore della serie sudcoreana Squid Game, non aveva alcuna intenzione di farne una seconda stagione. Scrivere, produrre e girare la prima era stato così stressante da fargli perdere «otto o nove» denti, ha raccontato, ma poi il successo planetario della distopia incentrata su una serie di giochi mortali gli aveva dato la motivazione per farlo. Adesso girare la seconda e la terza stagione gliene ha fatti perdere altri due, di denti: le ultime sei puntate escono su Netflix venerdì, e anche se secondo Hwang concludono la storia non è detto che sia la fine dell’universo che la racconta.

Grazie alla sua satira della società capitalista e a un’estetica di impatto, nel 2021 Squid Game diventò il contenuto in streaming più visto e discusso al mondo, peraltro non in inglese. La seconda stagione, uscita lo scorso dicembre, aveva avuto a sua volta molto successo, malgrado le recensioni tiepide e qualche ripetizione. Della terza e ultima non si sa quasi nulla, ma il suo tono è ancora più cupo, ha detto sempre Hwang, che l’ha ideata, scritta e girata.

Come la seconda, introduce nuovi personaggi e nuovi giochi, che tirano fuori il peggio dai personaggi e al tempo stesso spingono Gi-hun, il protagonista, a prendere decisioni sempre più complicate. L’obiettivo di Hwang è quello di far riflettere su cosa siano disposte a fare le persone per ottenere ciò che vogliono, e su come possano mantenere la propria umanità in un universo fatto di violenza, vendette e ambiguità morali.

In origine Squid Game era stata pensata per una sola stagione, per vari motivi. In Corea del Sud i sequel non sono così comuni, e inoltre per anni nessuno aveva voluto produrla, e quindi non ci si aspettava che avrebbe avuto un successo del genere. Dopo essersi convinto a farne una seconda, Hwang aveva pianificato di concludere la serie con quella. «Abbiamo girato senza sosta per circa un anno e due mesi», ha spiegato il regista, ma la storia finiva per svilupparsi nell’arco di 12 o 13 puntate, troppe per una stagione soltanto. Così era stato deciso di dividerla in due: il motivo per cui il finale della seconda era così sospeso, un cliffhanger come si dice in inglese.

D’altra parte aveva senso spezzare il materiale girato in due, visto che nell’ultimo episodio della seconda stagione c’è quello che Hwang ha chiamato «un grande punto di svolta, o di flessione».

Tutta la stagione infatti si basava sulla contrapposizione tra Gi-hun, il Giocatore 456, che cerca di persuadere gli altri partecipanti a lasciare il gioco, e Young-il, il Giocatore 001, che ritiene uno dei suoi alleati più stretti. In realtà il pubblico scopre abbastanza presto che Young-il è il Front Man, cioè il misterioso milionario mascherato a capo del gioco: Gi-hun però non lo sa, e quindi non sa nemmeno che è proprio lui a uccidere il suo migliore amico, Jung-bae.

Per Lee Byung-hun, che interpreta il Front Man, se il suo personaggio «crede che non ci sia proprio alcuna speranza per l’umanità», Gi-hun invece fa di tutto per provare a salvare gli altri partecipanti. E Lee Jung-jae, l’attore che interpreta quest’ultimo, ha anticipato che la morte dell’amico cambierà radicalmente il suo personaggio.

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Tra le prime due stagioni di Squid Game Netflix aveva cercato di tenere alta l’attenzione per la serie con molti contenuti: dal discusso reality ispirato alla serie a un’installazione immersiva in città come New York, Londra e Seul, da un gioco per smartphone agli accordi commerciali con aziende come Crocs, Domino’s e Mattel. In una recente intervista data al New York Times, Hwang ha detto di essere felice di averla finita, aggiungendo che è un bel po’ che non si fa una bella dormita. Va però ricordato che la proprietà intellettuale della serie è di Netflix, e Netflix «non metterà da parte l’idea», aveva detto il regista al sito di tv e spettacolo TheWrap in occasione dell’uscita della seconda stagione.

Per diversi critici televisivi infatti è sorprendente che Netflix abbia accettato di far finire la sua serie di maggior successo solo dopo tre stagioni in quattro anni: un tempo brevissimo, se confrontato per esempio con Stranger Things, che è cominciata nel 2016 e si concluderà dopo cinque stagioni tra il prossimo dicembre e gennaio del 2026. Secondo Hwang la fine di Squid Game non segnerà la fine dell’universo in cui è ambientata, ma non si sa ancora come o quando tornerà.

Anche se Hwang considera la serie finita a tutti gli effetti, ha detto a Entertainment Weekly di avere in mente un possibile spin-off: non sarebbe un sequel, ha precisato, ma una storia parallela ambientata nei tre anni che passano tra la prima e la seconda stagione, probabilmente incentrata sulla vita del personaggio che recluta i giocatori, sul capitano della barca con cui Gi-hun cerca di ritrovare l’isola dove si tiene il gioco oppure sulle guardie che la sorvegliano. Il progetto comunque è ancora in sviluppo. Intanto è un po’ che si vocifera di un presunto remake statunitense su cui starebbe lavorando David Fincher, il regista di Fight Club, L’amore bugiardo – Gone Girl e The Social Network, tra gli altri.

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