Quanto è concreto l’aumento della spesa militare della NATO?
È stato concordato da tutti i paesi (tranne uno), ma serve anche a compiacere Trump e alcuni difficilmente rispetteranno l’impegno

Mercoledì in una riunione all’Aia, nei Paesi Bassi, i leader dei 32 paesi della NATO hanno trovato un accordo per alzare al 5 per cento del PIL la propria spesa militare entro il 2035. È il più drastico aumento di spesa della storia dell’Alleanza atlantica, che richiederà ai paesi membri di investire nella difesa centinaia di miliardi di euro nei prossimi anni. Non è chiaro però fino a che punto questo impegno sia sincero, e quanto invece sia stato accettato da alcuni leader per compiacere il presidente statunitense Donald Trump.
Arrivare al 5 per cento di spesa militare era una delle richieste di Trump, secondo cui i membri della NATO non contribuiscono a sufficienza ai costi economici dell’alleanza. Trump ha accolto la decisione come una vittoria personale, e nel corso della riunione con gli altri leader ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti alla difesa comune tra i paesi NATO: «Stiamo con la NATO fino alla fine», ha detto, con gran sollievo di tutti.
Questo era il chiaro intento di Mark Rutte, il segretario generale della NATO (ed ex primo ministro dei Paesi Bassi), che per mesi aveva preparato la riunione all’Aia studiando tattiche e stratagemmi per blandire e compiacere il più possibile Trump. Vista l’enorme importanza che gli Stati Uniti hanno all’interno della NATO, per Rutte era necessario che Trump uscisse dalla riunione soddisfatto, e che non si ripetessero crisi come quelle del suo primo mandato, quando in più di un’occasione aveva messo in discussione la tenuta dell’Alleanza.
L’impegno del 5 per cento nasce dal tentativo di placare Trump, ma si basa anche su una necessità concreta: da tempo i paesi NATO, e in particolare quelli europei, stanno pensando di riarmarsi per far fronte a minacce come quella della Russia. «All’Aia Trump ha ottenuto la sua vittoria politica», dice Andrea Gilli, docente di Relazioni internazionali all’Università St. Andrews in Scozia. «Al tempo stesso, l’Europa ha effettivamente una difesa disfunzionale, e tutti sono consapevoli della necessità di aumentare la spesa militare».

La foto di gruppo alla riunione NATO dell’Aia, 25 giugno 2025 (Omar Havana/Getty Images)
L’obiettivo di spesa del 5 per cento del PIL approvato dai leader della NATO si compone di due voci: un 3,5 per cento di spese per la difesa, cioè per gli armamenti e il personale; e un 1,5 per cento di spese per la sicurezza, cioè soprattutto per le infrastrutture, comprese quelle civili come porti e ferrovie, che in caso di guerra potrebbero essere usate anche dalle forze armate. In questo modo è possibile far rientrare nell’impegno anche spese e investimenti non militari che molti paesi avevano già previsto e messo in bilancio.
«L’obiettivo del 5 per cento del PIL è composto da un po’ di sostanza e da un po’ di coreografia, resa necessaria per soddisfare Donald Trump», dice Nathalie Tocci, direttrice del centro studi Istituto Affari Internazionali. «Poi ovviamente c’è una distinzione da fare tra paesi che già rispettano i criteri di spesa e quelli che faticheranno ad arrivarci, perfino entro il termine dei 10 anni».
È chiaro fin d’ora che alcuni paesi della NATO raggiungeranno facilmente l’obiettivo, mentre per altri sarà molto difficile, se non impossibile.
Alcuni paesi dell’Europa orientale, come la Polonia e i Paesi Baltici, sono già molto vicini all’obiettivo del 5 per cento soltanto per quanto riguarda le spese militari (senza contare le spese infrastrutturali per la sicurezza) e lo supereranno con facilità nei prossimi anni. La Polonia quest’anno ha annunciato che spenderà il 4,7 per cento del proprio PIL nella difesa. La Germania, il paese economicamente più forte d’Europa, ha messo a bilancio per i prossimi anni investimenti militari ingenti, che le consentiranno di raggiungere gli obiettivi entro il tempo stabilito.

Donald Trump alla riunione NATO dell’Aia, 25 giugno 2025 (AP Photo/Alex Brandon)
Ci sono invece altri paesi, come l’Italia e la Francia, che faticheranno a rispettare gli impegni di spesa: in parte per ragioni finanziarie, perché le loro capacità di investimento sono limitate da un grosso debito pubblico, e in parte per ragioni politiche, perché la loro opinione pubblica è contraria ad aumentare eccessivamente la spesa militare. L’Italia ha raggiunto il 2 per cento di spesa militare soltanto quest’anno, e ci è riuscita esclusivamente grazie a un espediente contabile.
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Questi paesi hanno accettato l’impegno del 5 per cento soprattutto come un passaggio simbolico e come un modo, appunto, di compiacere Trump. L’obiettivo del 5 per cento non prevede obblighi né sanzioni per chi non lo rispetta, e sarà soggetto a valutazione e revisione soltanto tra 4 anni, nel 2029. Di fatto, oggi è facile accettare l’impegno, fare contento Trump e poi rimandare il problema. «Da questo punto di vista, quello che ha fatto Sánchez è più intellettualmente e politicamente onesto», dice Tocci.
Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez (del Partito Socialista) è stato l’unico leader della NATO ad aver preteso e ottenuto una specie di deroga, in cui ha evitato di prendere l’impegno del 5 per cento del PIL promettendo però che la Spagna riuscirà a ottenere le stesse capacità militari spendendo meno, il 2,1 per cento. In pratica Sánchez ha sostenuto che spendere il 5 per cento è insostenibile per il suo paese, ma che la Spagna riuscirà ad avere delle forze armate che rispettano i criteri imposti dalla NATO anche spendendo la metà. Molti esperti sono scettici, ma per Sánchez accettare l’impegno di spesa al 5 per cento del PIL avrebbe significato mettere in difficoltà il proprio governo, che si trova in un momento di grave crisi interna.
Trump considera la soglia del 5 per cento una questione di successo personale, e non gli è piaciuta la decisione della Spagna. Ha attaccato brutalmente Sánchez, dicendo: «La Spagna è terribile, è l’unico paese che non paga, vogliono rimanere al 2 per cento (…). Quando negozieremo un trattato commerciale con la Spagna, li faremo pagare il doppio. E sono serio».
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