• Mondo
  • Giovedì 26 giugno 2025

Israele occupa più dell’80 per cento della Striscia di Gaza

Lo mostra una mappa diffusa dalle Nazioni Unite: il governo aveva detto di voler arrivare al controllo completo

(Il Post con Datawrapper, su dati dell'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite)
(Il Post con Datawrapper, su dati dell'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite)
Caricamento player

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, l’esercito israeliano controlla l’82 per cento del territorio della Striscia di Gaza tramite zone militari e zone sottoposte a ordini di evacuazione, dove quindi i civili non possono stare. Già all’inizio di maggio il governo israeliano aveva confermato che i suoi piani prevedono l’occupazione totale della Striscia, anche se non aveva chiarito con che tempi intendesse metterli in atto.

Il rapporto è stato diffuso mercoledì dall’Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari (OCHA) delle Nazioni Unite, e descrive la tragica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza. Contiene fra le altre cose una mappa delle zone di occupazione militare israeliana e di quelle sottoposte dall’esercito a ordini di evacuazione a partire dal 18 marzo 2025, quando Israele ha violato il cessate il fuoco con Hamas (le due zone in gran parte sono coincidenti). Restano fuori essenzialmente la città di Gaza (nel nord della Striscia), Deir al Balah e Nuseirat (entrambe nel centro) e la zona di al Mawasi, sulla costa al sud, in cui Israele ha detto ai palestinesi di rifugiarsi indicandola come area sicura, nonostante l’abbia comunque bombardata più volte.

L’approccio di Israele all’occupazione di terra della Striscia è cambiato nel corso degli ultimi mesi. Fino al gennaio del 2025, oltre ai bombardamenti costanti e generalizzati su tutto il territorio, la presenza dei suoi soldati sul terreno era generalmente legata a specifiche operazioni, e quindi limitata e temporanea. A gennaio c’era stato il cessate il fuoco, che per circa due mesi aveva comportato il ritiro dei soldati israeliani dalla Striscia, eccetto che per una fascia larga circa un chilometro lungo i confini con Israele (una porzione di territorio ampia, in cui l’esercito ha raso al suolo tutti gli edifici). Dopo la violazione del cessate il fuoco, a marzo Israele ha iniziato a espandere costantemente la propria zona di occupazione.

Nonostante l’esercito israeliano disponga di attrezzature molto moderne e di armi avanzate prodotte dai paesi occidentali, anche grazie ai miliardi di dollari di assistenza militare statunitense, la sua avanzata nella Striscia procede in maniera relativamente lenta. La Striscia ha una superficie grande circa come la provincia di Prato (la seconda più piccola in Italia), ma è densamente edificata e nel sottosuolo c’è una vasta rete di tunnel costruita da Hamas, con cui i suoi membri possono muoversi anche in zone che teoricamente sono controllate da Israele. Per questo l’esercito israeliano procede casa per casa e strada per strada, sgomberando gli edifici e in molti casi demolendoli: sostiene che gli edifici siano in qualche modo usati da Hamas, in molti casi senza portare prove. L’OCHA ha detto che il 70 per cento di tutte le strutture di Gaza è stato danneggiato o distrutto. Per le abitazioni la percentuale arriva al 92 per cento.

Un carro armato israeliano nella Striscia di Gaza, a gennaio del 2025 (AP Photo/Ariel Schalit)

L’occupazione israeliana e le operazioni militari comportano anche fortissime limitazioni alle attività delle organizzazioni umanitarie ancora attive nel territorio. Israele limita le merci che possono entrare nella Striscia fin dal 2007, ma la situazione è assai peggiorata dall’inizio della guerra. Fra marzo e maggio del 2025 ha bloccato completamente l’ingresso di cibo, medicine e altri beni essenziali, e da maggio entrano quasi esclusivamente merci destinate alla Gaza Humanitarian Foundation, un’organizzazione voluta da Israele per controllare la distribuzione di cibo con l’intento di usare la fame come arma contro i palestinesi.

Il rapporto dell’OCHA afferma che l’intera popolazione della Striscia di Gaza è già, o sarà entro il prossimo settembre, in una condizione di crisi alimentare. Secondo la scala del programma di classificazione dell’insicurezza alimentare (IPC), usata a livello internazionale per valutare il grado di accesso di una popolazione a un’alimentazione adeguata, un milione di persone (poco meno della metà della popolazione totale) è o sarà in condizioni di emergenza alimentare, e quasi mezzo milione è o sarà in condizioni catastrofiche, il livello più grave dell’IPC.

Anche gli ospedali sono stati colpiti dagli attacchi e dai bombardamenti israeliani: solo metà rimane ancora in parte utilizzabile. Rimangono parzialmente funzionanti solo 17 ospedali su 36: 11 sono a Gaza, tre a Deir al Balah e tre a Khan Yunis, mentre non ce ne sono a Rafah e nella parte più a nord della Striscia; e nove ospedali da campo parzialmente funzionali su 16. Anche le strade e le scuole sono state in gran parte distrutte.