Le elezioni presidenziali del CONI, una cosa tra maschi attempati
Ci sono 8 candidati per sostituire Giovanni Malagò, che gli somigliano almeno per un paio di motivi

Giovedì 26 giugno ci sono le elezioni per decidere chi sarà il nuovo presidente del CONI, il Comitato olimpico italiano, che organizza e promuove lo sport in Italia supervisionando il lavoro delle varie federazioni sportive. Dopo dodici anni di presidenza non è più candidabile Giovanni Malagò, perché dal 2020 una legge ha imposto il limite di tre mandati. Non è bastato il suo impegno per ottenere una proroga almeno fino alle Olimpiadi di Milano Cortina del 2026 (Malagò continuerà comunque a presiedere il comitato organizzatore), e non è servita nemmeno una strana petizione firmata dai presidenti di 43 federazioni sportive, alcuni dei quali avevano poi detto di non aver dato il loro assenso.
Ci sono otto candidati alla presidenza, tutti uomini, con un’età media di 71,3 anni. La trentanovenne Silvia Salis, che è stata fino a poco tempo fa la vicepresidente di Malagò, non ha cercato di diventare presidente del CONI e ha preferito invece candidarsi a sindaca di Genova, vincendo le elezioni. A votare saranno solo 81 persone, 14 delle quali donne: in generale sono poche persone se si considera che il CONI ha diversi milioni di tesserati (se ne contano 16, ma non si sa quante persone siano iscritte a più federazioni, quindi è possibile che le persone in realtà siano meno di così). Degli 81 elettori, peraltro, 50 sono i presidenti delle varie federazioni sportive italiane (48 uomini e 2 donne), i quali a differenza del presidente del CONI non hanno limiti di mandato: alcuni sono in carica da decenni, e quindi di fatto a decidere sono più o meno sempre gli stessi.
Anche per questo il quotidiano Domani ha parlato di «un corpo elettorale ristretto di un sistema chiuso, dove il potere di cambiare è solamente nelle mani di chi già appartiene al sistema». Anche il Fatto Quotidiano ha scritto che le elezioni «hanno un corpo elettorale estremamente ristretto, formato per lo più da boiardi (i capi delle Federazioni, il cui unico obiettivo è mantenere i propri privilegi), dirigenti semi-sconosciuti e atleti e tecnici»; i boiardi erano gli aristocratici feudatari nell’est Europa.

Giovanni Malagò con il presidente del Comitato paralimpico italiano Luca Pancalli, tra i candidati alla presidenza del CONI (ANSA/CLAUDIO PERI)
I candidati, si diceva, sono otto. Di questi però solamente Luciano Buonfiglio, Luca Pancalli e forse Franco Carraro vengono considerati possibili vincitori. Buonfiglio, 74 anni, è presidente della Federazione italiana canoa kayak dal 2005 ed è visto come il candidato della continuità, quello più vicino a Malagò; potrà votare se stesso, in quanto presidente di una federazione sportiva. Il suo avversario principale sarà Luca Pancalli, 61 anni, presidente del Comitato paralimpico italiano dal 2005 e ritenuto più apprezzato dalla politica (in modo piuttosto trasversale).
Per farsi eleggere, dovranno prendere la maggioranza assoluta degli aventi diritto al primo turno (quindi 41 voti, di fatto), oppure la maggioranza assoluta dei presenti al secondo o al terzo turno. Dal quarto turno di votazioni in poi, invece, basterà la maggioranza relativa. È a quel punto, secondo i principali osservatori, che potrebbe prendere quota la candidatura di Franco Carraro.
Carraro ha 85 anni e una lunghissima carriera politica e da dirigente sportivo alle spalle, non senza controversie. È stato tre volte ministro, sindaco di Roma, presidente della Federazione calcistica italiana in tre momenti diversi e, tra le altre cose, presidente del CONI dal 1978 al 1987, per tre mandati. La sua candidatura quindi, oltre a essere giudicata da molti quantomeno anacronistica, è stata accettata con riserva, perché non è chiaro se il limite dei mandati si applichi anche in modo retroattivo (visto che c’è solo da 5 anni). Secondo i suoi legali evidentemente no, ragion per cui Carraro ha scelto di candidarsi anche con il rischio di dover affrontare eventuali ricorsi, qualora venisse eletto.

Franco Carraro, 85 anni (Paolo Bruno/Getty Images)
Malagò è stato un presidente abbastanza accentratore, che è riuscito ad acquisire molto potere. Sotto la sua guida l’Italia ha ottenuto nel complesso ottimi risultati sportivi, come i record di medaglie alle recenti Olimpiadi estive di Tokyo e Parigi (40 in entrambi i casi), ed è riuscita a farsi assegnare le Olimpiadi invernali del 2026: Malagò è a capo dell’organizzazione, che per ora sta procedendo con qualche intoppo.
Tra i più critici dell’operato di Malagò in questi anni c’è stato senza dubbio il presidente della federazione tennistica italiana Angelo Binaghi; lo scorso settembre per esempio aveva detto che «il CONI è un organismo con una struttura obsoleta e antidemocratica poiché consente la difesa del sistema in quanto tale e di agire per meri scopi elettorali. In tredici anni Malagò non ha fatto alcuna riforma, lasciando pensare di non avere idee e soluzioni strutturali per uno sport migliore». La più grossa riforma dello sport italiano fatta negli ultimi anni è quella contestata del 2019, nella quale il governo ha di fatto tolto potere al CONI dandolo alla società Sport e Salute, controllata dal ministero dell’Economia.
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