La più radicata preferenza sull’avere figli è sempre meno radicata
Da un po’ di tempo in molti paesi del mondo si desidera maggiormente avere delle femmine rispetto ai maschi

Tra gli auguri rivolti alle giovani coppie che si sposavano, «figli maschi!» è stato per secoli il più comune. Rifletteva i valori di una società fortemente patriarcale, in cui avere figli maschi implicava una serie di vantaggi familiari e di successione in ogni classe della società. Da tempo non è più così: varie trasformazioni culturali, economiche e sociali hanno progressivamente ridotto quei vantaggi, e l’augurio di avere figli maschi è via via diventato un retaggio culturale immotivato e retrivo.
In diversi paesi del mondo la preferenza per le figlie femmine è aumentata. Lo dimostrano analisi demografiche, desideri espressi in pubblico o dichiarati nei sondaggi, e scelte delle coppie che intendono adottare figli o averli tramite fecondazione assistita. Le cose sono cambiate soprattutto nella parte più popolosa del pianeta: la stabile preferenza per i maschi che ha contraddistinto per decenni India, Cina e molti paesi in via di sviluppo dell’Asia meridionale e dell’Africa subsahariana ora è molto meno netta, o in alcuni casi del tutto assente. Persiste eccezionalmente in alcuni paesi a bassa fecondità, tra cui l’Italia e la Spagna.
Nelle analisi demografiche la domanda da cui viene tradizionalmente dedotta la preferenza delle persone tra figli maschi e figli femmine è: «di che sesso vorresti che fosse il/la prossimo/a figlio/a?». Ma la risposta a questa domanda è influenzata da vari fattori: se chi risponde è già genitore o no, se ha intenzione di diventarlo, se ha già uno o più figli maschi, o una o più figlie femmine.
Un gruppo di ricerca guidato da Letizia Mencarini, docente di demografia dell’università Bocconi di Milano, ha posto una domanda diversa, più specifica: «se tu potessi avere un figlio solo, di che sesso vorresti che fosse?». L’indagine, presentata a dicembre e in fase di pubblicazione, è stata condotta tra uomini e donne tra 18 e 49 anni, in otto diversi paesi: Cina, Giappone, Corea del Sud, Singapore, Stati Uniti, Italia, Spagna e Norvegia.
Dai risultati sono emerse una preferenza netta per le femmine in Corea del Sud e Giappone, una più sfumata negli Stati Uniti, e nessuna preferenza particolare in Norvegia e Singapore. La preferenza per i figli maschi è invece prevalente in Spagna, Italia e Cina. Il risultato della Cina era tutto sommato atteso, spiega Mencarini, ma gli altri due no: oltre il 50 per cento sia degli uomini sia delle donne in Italia, e oltre il 60 per cento in Spagna, dicono che vorrebbero avere un figlio maschio.
Dall’analisi dei fattori influenti sulle risposte è emerso che nei paesi con una preferenza per i figli maschi la tendenza esisteva anche tra chi era già genitore, indipendentemente dal sesso del figlio o della figlia che già aveva. La preferenza era leggermente attenuata soltanto tra gli uomini che avevano avuto almeno una sorella.
In generale, situazioni di marcato squilibrio nelle preferenze riflettono almeno in parte pregiudizi o condizioni di scarsa equità di genere nella società. «Nei paesi in cui c’è un’uguaglianza di genere più forte, come per esempio la Norvegia, il modello prevalente è nessuna preferenza, che poi è anche il più spiegabile: perché uno dovrebbe preferire un maschio o una femmina, no?», dice Mencarini.
Anche una netta preferenza per le figlie femmine in alcuni contesti demografici e sociali non è per forza un segno di maggiore emancipazione femminile, ma un effetto del consolidamento di stereotipi di genere. Diverse ricerche suggeriscono che, soprattutto nei paesi a bassa fecondità, la preferenza per le figlie femmine sia aumentata perché i genitori le considerano tendenzialmente più premurose dei figli maschi, e quindi tendenzialmente più disposte a prendersi cura di loro quando saranno soli e anziani.
– Leggi anche: Perché per gli uomini è più difficile avere amici intimi?
Nella specie umana, in condizioni normali, non nascono tante femmine quanti maschi: il rapporto – definito come rapporto di mascolinità alla nascita – è leggermente sbilanciato verso i maschi (nascono circa 105 maschi ogni 100 femmine). Una delle possibili spiegazioni è che lo sbilanciamento sia una risposta evolutiva alla minore aspettativa di vita degli uomini. Ma il rapporto è soggetto a oscillazioni ed è condizionato da vari fattori, non del tutto chiari agli scienziati: le nascite di figli maschi, per esempio, tendono ad aumentare subito dopo le guerre.
In molte culture la preferenza per i figli maschi deriva dal fatto che in passato soltanto loro perpetuavano il nome della famiglia ed ereditavano titoli e patrimonio. Leggi e costumi li rendevano talmente preferibili tra i due sessi da incentivare il ricorso all’aborto selettivo di figlie femmine, una pratica a lungo diffusa in Cina, India, Vietnam e Corea del Sud, a partire dagli anni Ottanta del Novecento. In quel decennio l’ecografia diventò infatti un esame abbastanza abbordabile per la maggior parte dei genitori, che poterono quindi conoscere il sesso del nascituro prima della nascita.
Una stima dell’Economist si è concentrata su un calo delle nascite di figlie femmine proprio a partire dagli anni Ottanta, in particolare in India e in Cina, dove peraltro nel 1979 era stata introdotta la controversa politica del figlio unico. Confermando diverse conclusioni di una nota analisi dell’economista e filosofo indiano Amartya Sen, pubblicata nel 1990, l’Economist ha stimato che dal 1980 in poi sono nate nel mondo circa 50 milioni di bambine in meno, rispetto a quanto ci si aspetterebbe in base al normale rapporto di mascolinità alla nascita.
Ma dal 2015 in poi la preferenza per i figli maschi si è ridotta stabilmente. Nel 2025 il numero di maschi in più rispetto al valore normale atteso dovrebbe scendere intorno a 200mila, dopo un picco di circa 1,7 milioni di maschi in più nel 2000 (l’anno più anormale). In Cina il rapporto tra maschi e femmine alla nascita è sceso da un picco di 117 su 100, stabile per gran parte degli anni Duemila, a 111 su 100 nel 2023. In India è sceso da 109 nel 2010 a 107 nel 2023, anche se molto variabile da regione a regione. E in Corea del Sud, dove il rapporto nel 1990 era 116 su 100, attualmente i sessi alla nascita sono distribuiti pressoché equamente.

Il portiere della nazionale maschile di calcio degli Stati Uniti, Matt Turner, fa esplodere un palloncino davanti al resto della squadra durante un gender reveal alla fine di una partita a Orlando, in Florida, il 27 marzo 2023 (K. Miller/ISI Photos/Getty)
Le trasformazioni dell’ultimo decennio sono state accelerate da politiche che da un lato hanno promosso campagne di sensibilizzazione per superare alcuni radicati pregiudizi, e dall’altro hanno vietato la pratica dei test prenatali finalizzati all’aborto selettivo.
Il desiderio di avere figli maschi è diminuito anche nei paesi ricchi e a bassa fecondità, tra cui il Giappone, che è peraltro uno dei paesi più anziani al mondo. Secondo una serie di sondaggi, nel 1982 solo il 20 e il 40 per cento degli uomini e delle donne single giapponesi preferivano una figlia femmina; nel 2002 le stesse percentuali erano il 53 e il 70 per cento.
Negli Stati Uniti un certo aumento delle preferenze per le figlie femmine emerge da tempo dalle preferenze espresse sia nelle pratiche di adozione, sia nelle procedure di fecondazione assistita. Le leggi negli Stati Uniti permettono infatti di scoprire e selezionare il sesso dell’embrione da impiantare, per scelta personale e senza particolari esigenze mediche.
In Italia non è consentito scegliere il sesso nelle procedure di adozione. E la legge sulla fecondazione assistita, che in generale limita molto la possibilità di usarla, ammette la selezione del sesso del nascituro soltanto per ragioni mediche. Se c’è un rischio di trasmettere malattie ereditarie collegate ai cromosomi sessuali, per esempio, i genitori possono fare la diagnosi preimpianto per verificare la presenza di eventuali anomalie genetiche e selezionare di fatto il sesso dell’embrione.
Il pregiudizio per cui le figlie femmine sarebbero più premurose dei figli maschi, e pertanto preferibili da genitori che pensano alla loro vecchiaia, è soltanto una delle possibili spiegazioni dell’aumento della preferenza per le figlie femmine in molti paesi del mondo. Ce ne sono altre, piuttosto eterogenee.
Negli Stati Uniti uno studio del 2009 analizzò le preferenze espresse nelle pratiche di adozione da 202 coppie di diversi orientamenti sessuali, la maggior parte delle quali desiderava avere una bambina. Alcuni uomini eterosessuali dissero di considerare più facile e interessante, oltre che «fisicamente meno impegnativo», crescere una bambina che un bambino. Tra le donne omosessuali alcune dissero di preferire le bambine perché temevano che sarebbe stato più difficile socializzare con figli maschi.
In altri paesi il cambiamento nella preferenza potrebbe dipendere dal desiderio di evitare un tipo di problemi noto tra i maschi, cioè la maggiore probabilità degli adolescenti maschi di essere sia autori che vittime di crimini violenti.
In Cina la preponderanza di nascite maschili ha accresciuto nel tempo la popolazione di uomini soli, non sposati e senza figli: una prospettiva che molti genitori potrebbero volere evitare preferendo appunto figlie femmine. Un fattore simile vale anche per il Giappone, dove il fenomeno degli hikikomori – persone che vivono isolate dal mondo esterno – riguarda principalmente i figli maschi ed è attribuito alle pressioni che subiscono in una società molto competitiva (è un fenomeno presente anche in Italia).
In molti casi avere figli maschi implica inoltre spese familiari prolungate e cospicue, scrive l’Economist. In Cina, nei contesti urbani, ci si aspetta che gli uomini della classe media possiedano una casa prima di potersi sposare: casa comprata di solito dai genitori. Le spese per i figli maschi tendono a gravare sulla famiglia più a lungo anche in altri paesi, tra cui gli Stati Uniti, dove circa il 20 per cento dei maschi tra 25 e 34 anni vive in casa con i genitori (rispetto al 15 per cento circa delle femmine della stessa età).
– Leggi anche: È più originale chiamarla Isabel o Martina?



