È morto lo scultore Arnaldo Pomodoro

Aveva 98 anni ed era famoso in Italia e nel mondo per le sue grandi opere, spesso in bronzo e spesso sfere

Lo scultore Arnaldo Pomodoro nel 2015 (ANSA/ DANIEL DAL ZENNARO)
Lo scultore Arnaldo Pomodoro nel 2015 (ANSA/ DANIEL DAL ZENNARO)
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Arnaldo Pomodoro, uno degli scultori italiani contemporanei più famosi, è morto domenica a Milano il giorno prima di compiere 99 anni. Era noto soprattutto per le sue sfere di bronzo che attraverso delle spaccature rivelavano complessi meccanismi interni. Oggi sono esposte nei luoghi pubblici di diverse città italiane e straniere, come il palazzo della Farnesina a Roma e i Musei Vaticani, o il Trinity College di Dublino.

Sono in particolare le opere esposte nelle città ad aver reso famigliare lo stile di Pomodoro al grande pubblico, il genere di artista le cui opere sono note anche più dell’autore: è suo anche il Disco Grande attualmente in piazza Meda a Milano, o l’obelisco in ferro noto come “Lancia di Luce” a Terni, le colonne installate a Pavia e Spoleto. La notizia della morte di Pomodoro è stata data dalla direttrice generale della fondazione milanese che porta il suo nome, Carlotta Montebello.

Arnaldo Pomodoro con alcune delle sue sculture, Milano, 1 ottobre 2015 (ANSA/ DANIEL DAL ZENNARO)

Pomodoro era nato in provincia di Rimini nel 1926. Aveva vissuto l’infanzia a Pesaro studiando da geometra per poi dedicarsi alla scultura. Dal 1954, dopo un periodo trascorso a Roma, viveva e lavorava a Milano. All’inizio degli anni Sessanta Pomodoro aveva preso parte, con Lucio Fontana e altri artisti, al gruppo informale “Continuità”, dove aveva iniziato la sua ricerca sulle forme della geometria solida: sfere, dischi, piramidi, coni, colonne, cubi in bronzo lucido «squarciati, corrosi, scavati nel loro intimo», come si dice sul suo sito «con l’intento di romperne la perfezione e scoprire il mistero che vi è racchiuso».

La contrapposizione tra la perfezione della forma geometrica e la complessità dell’interno diventerà da lì in poi una costante nella sua produzione. Nel 1966 gli era stata commissionata una sfera di tre metri e mezzo di diametro per l’Expo di Montreal e che ora si trova a Roma di fronte alla Farnesina. È stata la prima delle molte opere dell’artista che hanno trovato collocazione negli spazi pubblici di varie città: Milano, Copenaghen, Brisbane, Los Angeles, Darmstadt, Dublino, nel Cortile della Pigna dei Musei Vaticani, di fronte alle Nazioni Unite a New York o nella sede parigina dell’Unesco.

Pomodoro si è dedicato alla scenografia sin dall’inizio della sua attività realizzando macchine sceniche per numerosi lavori teatrali, dalla tragedia greca al melodramma, dal teatro contemporaneo alla musica. Ha insegnato nei dipartimenti d’arte di alcune università americane tra cui Stanford University, University of California a Berkeley, Mills College, e ha ricevuto molti premi e importanti riconoscimenti.

La scultura di Arnaldo Pomodoro “Disco in forma di rosa del deserto” esposta durante l’anteprima della mostra “Quirinale Contemporaneo”, Roma, 30 maggio 2019 (ANSA/ANGELO CARCONI)

Pomodoro ha realizzato anche molte opere ambientali tra cui il Labirinto di Milano: una gigantesca struttura sotterranea di 170 metri quadrati e alta 3 metri e 80 che è tornata visitabile a marzo, dopo un anno di chiusura dovuta alla ristrutturazione dello showroom di Fendi, in via Solari 35, dove si trova. Prima di essere la sede del marchio di moda, l’edificio era una fabbrica, la Officine Meccaniche Riva Calzoni, dove Pomodoro aveva stabilito la sua fondazione dal 2005 al 2011 e dove aveva realizzato il labirinto (sul quale aveva iniziato a lavorare nel 1995). Dal 2011 la fondazione è tornata nella sua sede storica di via Vigevano e lo spazio è passato a Fendi, ma il labirinto non si poteva spostare per via delle dimensioni ed è rimasto nell’edificio.

Al suo interno si trovano molti riferimenti alla storia artistica di Pomodoro: al teatro, alla sua tecnica di incisione e alle sculture che ha realizzato. È fatto principalmente in vetroresina (con alcune parti in rame), ed è colorato per simulare il bronzo, il materiale preferito dallo scultore, che però sarebbe stato troppo costoso e pesante per essere usato per un’opera così grande.

Arnaldo Pomodoro con “La ruota”, Milano, 1961 (Fondazione Arnaldo Pomodoro)